Erano veri e propri esploratori di lungo corso, capaci di passare mesi e anni, se non l’intera vita, tra paesi mediterranei, Medio Oriente e Asia per conoscere e poi raccontare le terre sotto il dominio e l’influenza musulmana e i regni vicini. Primeggia anche la Sicilia attraverso gli occhi e le parole di esploratori musulmani dall’XI secolo al XIII: l’Isola, incastonata in un punto strategico del Mediterraneo, era porto naturale di grandi traffici, trasporti militari, flussi culturali.
Navi dall’Africa all’Europa, dalle coste egizie e libanesi fino alla Penisola Iberica comprendendo la Terra Santa, l’Impero Bizantino, Cipro, Creta, i regni del Sud Italia, gli approdi della Roma papale, la Sardegna, la Corsica e il Sud della Francia. Un panorama arricchito dalle repubbliche marinare che non erano solo le principali e più forti Amalfi, Genova, Pisa e Venezia, ma pure Ancona, Gaeta, Noli e persino la dalmata Ragusa.
Un Mediterraneo molto affollato.

Per raccontare il caso di due viaggiatori musulmani che ho scelto e che provenivano da terre del tutto opposte rispetto al nostro mare, ho approfittato anche di letture come “Viaggiatori stranieri in Sicilia dagli Arabi alla seconda metà del XX secolo – repertorio, analisi, bibliografia” di Salvo Di Matteo e “Viaggiatori arabi nella Sicilia medievale” di Carlo Ruta.
In questo panorama di esplorazioni e descrizioni, inserisco i racconti di due personaggi:
- Ibn ʿAbd ar Rahîm al Garnâti ʿAbu Hâmid al Andalusi (più brevemente ʿAbu Hâmid) che arrivò in Sicilia nel 1117;
- ʿAlī al-Harawī o, più completo, Abū al-Ḥasan ʿAlī ibn ʿAbī Bakr al-Harawī, soprannominato “As Sây – il randagio, il giramondo”, che nei suoi lunghi peregrinaggi giunse in Trinacria intorno al 1188.
L’esploratore ʿAbu Hâmid
Il primo, in puro e stretto senso cronologico, Ibn ʿAbd ar Rahîm al Garnâti ʿAbu Hâmid (أبو حامد محمد بن عبد الرحيم الغرناطي الأندلسي), era di Granada dove nacque verso il 1080 (data non determinata con precisione). Scrisse l’opera “Tuhfat ‘al ‘albâb” – “Regalo agli intelletti e scelta delle meraviglie”.

Quando giunse in Sicilia, questa era la tappa di un viaggio che sarebbe durato a lungo, quello che nel 1118 l’avrebbe portato ad Alessandria d’Egitto, poi al Cairo. Nel 11122-1123 a Baghdad dove visse per quattro anni, ospitato da Ibn Hubair, futuro governatore di diversi califfi dell’area.
La sua massima esplorazione fu in territorio balcanico, poi nel 1130 a Derbent, l’anno successivo a Saksin dove pose la sua base per vent’anni, giungendo fino alla Russia (l’unico musulmano a farlo) viaggiando lungo il Don. Dal 1150 al 1153 ʿAbu Hâmid visse in Ungheria da dove partì per un pellegrinaggio alla Mecca. Da quest’ultima tornò a Baghdad.
La Sicilia e, ancora di più, l’Etna secondo ʿAbu Hâmid
Giace nel Mediterraneo un’isola detta Sicilia, nella quale [s’innalza], presso il mare, una montagna, dond’esce un fuoco che risplende la notte fino alla [distanza di] dieci parasanghe (Treccani: Parasanga, unità di misura di lunghezza della Persia antica, corrispondente a 6300 m secondo Erodoto, a 5940 m secondo Senofonte).
Io ho vista la Sicilia, nell’andare ad Alessandria, il cinquecento undici (5 maggio 1117 a 23 aprile 1118). In Bagdad, poi, lo sayh e imâm, dotto e grande scienziato [non men che] pio, ’Abû ’al Qâsim ’ibn ’al Hâkim, il siciliano, al quale io domandava notizie di questo fuoco [vulcanico], mi disse che risplende fino alla [distanza di] dieci parasanghe; [in guisa che], quando avvi [eruzione], nessuno in quei luoghi ha bisogno di lume, né di lampada in strada, né entro il villaggio: sì [chiara] è quella luce.
Dal medesimo fuoco escon poi delle materie incandescenti simili a balle di cotone, le quali spezzansi e parte ricascano a terra, dove [i frammenti] tornano in pietra vianca e lieve, che galleggia su l’acqua per la sua leggerezza.
Altri poi cascano in mare, dove divengon quella pietra nera e bucherata, che si usa ne’ bagni per stropicciarsi i piedi e che galleggia parimenti su l’acqua. Se poi un di que’ [pezzi di fuoco] piomba sul sasso o l’arena, il sasso arde e s’incendia come il cotone; onde non ne resta altro che della cenere simile al kuhl (solfuro d’antimonio). Ma cotesto fuoco non s’appicca al legno, né all’erba, né alle piante qualunque, né alle vestimenta; né brucia se non che i sassi e gli animali, come fa per l’appunto il fuoco della Gehenna, del quale il Sommo Dio ha detto “Saran suo pasto gli uomini e i sassi”.
Che il Sommo Iddio ce ne scampi e [ci risparmi] così fatto supplizio. Amen. O Signore dei mondi.
ʿAlī al-Harawī soprannominato “As Sây – il randagio, il giramondo”
Vissuto a cavallo tra XII e XIII secolo, Abū al-Ḥasan ʿAlī ibn ʿAbī Bakr al-Harawī (أبو الحسن علي بن أبي بكر الهروي) ebbe una lunga esperienza di vita in Sicilia. Alcuni lo danno come nato a Mossul, comunque originario dell’antica e storica Herat, la terza più grande città dell’Afghanistan, sorta in una grande oasi a breve distanza dalla Persia/Iran.
Grande esploratore, affamato di conoscenza delle altre terre come tanti altri esploratori musulmani dell’epoca, si spostò in Arabia, Siria, Egitto, Maghreb (al-Maghrib, “luogo del tramonto”) e nell’Impero bizantino. Verso il 1188 risiedette a lungo in Sicilia che descrisse nella sua opera Kitab al-ishara ila ma`rifat al-ziyara, guida di viaggio per i luoghi da visitare.
Nel suo libro, Salvo di Matteo riporta fonti storiche arabe che sottolineano come l’antico viaggiatore musulmano si sostentasse nelle sue esplorazioni mendicando o accodandosi alle carovane. Era molto curioso e volle stare per un certo periodo in Sicilia perché voleva scoprirla e verificare l’esistenza di una particolare e leggendaria salamandra volante nei terreni vulcanici e, addirittura, vivente tra le fiamme dell’Etna.
Morì verso il 1215 ad Aleppo, in Siria con grandi onori che l’amico e figlio del Saladino volle rendergli.
Il Vulcano Etna nell’ottica di ʿAlī al-Harawī
È nell’isola di Sicilia il monte del fuoco, che dalla riva del mare si estolle maestoso verso il cielo. Di giorno n’esce del fumo; di notte del fuoco.
Un dei dotti del paese mi raccontò d’aver veduto un animale, della forma d’una quaglia e di color di piombo, che volava in mezzo a cotesto fuoco e vi si rituffava. Egli diceva esser questo il samandal (la salamandra): ma dal mio canto io non vi ho vista se non che una pietra nera tutta buccherata, somigliante a quella da [stropicciare i] piedi nel bagno.
Così fatte pietra escan da quel monte verso il mare.
Dicesi che in Fargânah (ndR: contigua al Turkestan, ma non è del tutto certo) v’abbia un monte simile a questo e [che il suo fuoco] abbruci i sassi. La cenere de quali si vende a tre once per un dirham e la si adopra a fare il bucato.
Tanti auguri di Buona Pasqua e Buona Pasquetta Giuseppe! 🐣🌼🤗
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Auguroni!!
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Grazie! 😊🤗
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