Subito dopo l’assalto dei “tifosi” di Trump a Capitol Hill, il 6 gennaio a Washington, i parlamentari statunitensi sono tornati a riunirsi e hanno confermato la vittoria di Biden. Ma Trump rischia di essere cacciato dalla Casa Bianca grazie al dispositivo del 25o emendamento: più in basso nell’articolo spiego come funziona. Il presidente uscente ha detto che “è la fine del più grande mandato presidenziale della storia, ma è solo l’inizio della nostra lotta per fare l’America di nuovo grande. Anche se sono totalmente in disaccordo con il risultato delle elezioni ci sarà una transizione ordinata verso il 20 gennaio” (foto d’apertura, Manuel Balce Ceneta/AP).

Dopo aver assicurato un passaggio di consegne tranquillo, Donald è tornato alla carica ribadendo il furto di voti a suo danno (ma inesistente): “Abbiamo vinto un’elezione che ci è stata rubata. Tutti lo sanno, soprattutto l’altra parte, ma ora dovete andare a casa. Serve pace. Serve legge e ordine“.
Grande colpa è quella dell’ormai prossimo ex presidente che ha organizzato la manifestazione fuori dal Campidoglio e che, da capo delle forze armate Usa, ha manovrato per evitare l’arrivo di truppe regolari intorno al Parlamento. Il passo è stato breve fino ad arrivare al disastro, l’invasione dell’Aula, i quattro morti, scene mai viste nel Paese che ha la Costituzione operativa più antica.
Grande colpa che dura da mesi, quella di Trump che incalza i social con gli annunci più assurdi, affermazioni su brogli mai provati e ricorsi legali bocciati a ogni livello giuridico perché senza basi. Un grosso, pericolosissimo problema oggi se un presidente di nazione è unito in matrimonio strumentale con le false notizie-fake news.

Joe Biden (link), imminente presidente Usa, vincitore delle elezioni presidenziali, ha reagito subito condannando l’episodio rivolgendosi a Trump: “Le parole di presidente contano: nel caso migliore ispirano. Nel caso peggiore istigano. Si faccia avanti, vada in tv e fermi questo assedio“.
Ha poi aggiunto che “è un attacco senza precedenti alla democrazia. Le scene di caos al Capitol non rappresentano chi siamo, non rappresentano l’America ma solo un piccolo gruppo di estremisti“. Non c’è dubbio che la furia montata da Trump complicheranno la parte iniziale del mandato Biden, costretto d’urgenza a risanare gli strappi in seno alla società statunitense.
L’attuale vicepresidente Mike Pence, dopo l’assalto, dopo la ripresa della seduta parlamentare e dopo il voto favorevole dell’Aula alla vittoria di Biden nelle elezioni presidenziali, ha rimarcato con forza rivolgendosi ai manifestanti pro Trump, “non avete vinto, la violenza non vince mai. Hanno tentato di fermare la nostra democrazia ma hanno fallito“, concetto ribadito da Mitch McConnell, capo dei senatori repubblicani.
Gli interrogativi sul mancato intervento della Guardia Nazionale
Nei fatti, già tre giorni prima della manifestazione a favore di Trump, Muriel Bowser, sindaco di Washington, aveva chiesto l’intervento della Guardia Nazionale per motivi di sicurezza e per scongiurare quanto, purtroppo, è poi accaduto.
La Guardia Nazionale non si è mossa, mentre la polizia del Campidoglio ha opposto una blanda resistenza. Molto strano per un Paese come gli Stati Uniti d’America dove anche l’attenzione alla protezione delle sedi istituzionali è ferrea.
La cosa strana è che sarebbe stato proprio il Pentagono a ordinare lo stop alle truppe della Guardia Nazionale che cade sotto il comando del Dipartimento della Difesa. E la Guardia Nazionale di Washington dipende direttamente dal Presidente degli Stati Uniti. Lo stato dei fatti fa pensare proprio male nei confronti di Trump.
Così, mentre la polizia urbana e gli uomini dei servizi segreti chiedevano rinforzi, truppe e agenti di rincalzo non ne sono arrivati.
Alcuni supporter di Donald Trump (molto ben organizzati) sono entrati nel Parlamento mentre deputati e senatori sono stati portati in altri uffici e cantine dagli uomini dei servizi segreti. Veramente assurdo e troppo facile, come se i dimostranti avessero avuto la strada aperta.
Le scene le abbiamo viste tutti, con pericolosi arlecchini e travestiti in maniera improbabile che invadevano l’Aula e alcune delle stanze del Campidoglio. Naturalmente, in gran parte senza mascherine, proprio nella Nazione che ha in proporzione, uno dei più alti tassi di contagio Covid-19… ma tra questi, complottisti e negazionisti, anche tra i più assurdi, abbondavano. Tra questi Jake “QAnon Shaman” oTim Gionet (chiamato anche Baked Alaska) il negazionista nonché neonazista antisemita e un altro, il cui nome non è noto, con la maglietta nera e la scritta “Camp Auschwitz – Work Brings Freedom” attorno a un teschio (sotto, foto Ansa e The Boston Globe).





Le foto viste e straviste, anche quelle del personaggio a nome Jake Angeli (di origini italiane) legato a Qanon, con un profilo Facebook (l’account è stato chiuso alle ore 14,53 del 7 gennaio dopo il suo arresto) pieno di post con tutti i tipi di complottismi e foto di partecipazioni a manifestazioni destrorse: protagonista dell’assalto al Campidoglio col suo copricapo cornuto mettendosi in posa in ogni momento insieme ad altri fedeli di Trump (foto qui in basso sugli avvenimenti del 6 gennaio 2021, con alcuni scatti Ansa).








Purtroppo poi la morte di una dimostrante spalleggiatrice di Qanon e di altre tre persone, oltre a 13 feriti, 52 arresti (pochi…). Altro morto: un agente di polizia del Congresso, rimasto gravemente ferito mentre affrontava l’irruzione dei fan di Trump negli ambienti del Campidoglio. L’agente è riuscito a tornare verso la caserma, ma è crollato a terra. Soccorso è poi morto in ospedale.
Solo quando Nancy Pelosi (Presidente della Camera dei rappresentanti) ha chiesto aiuto ai governatori dei vicini stati della Virginia (governatore Ralph Notham, democratico) e del Maryland (governatore Larry Hogan, Repubblicano) ricevendo risposta positiva all’invio delle loro truppe della Guardia Nazionale, solo allora da Washington è stato dato l’ok (lo ha fatto il vicepresidente Mike Pence e non Donald Trump) a inviare i militari.
C’è voluto tempo per liberare il Campidoglio dai dimostranti e per ispezionarlo tutto visto che sono state trovate anche due bombe: bisognava controllare ogni angolo per dichiarare sicuro l’edificio.
Sempre più assurdo. Qualcuno pagherà salato e molto per quanto avvenuto, per aver impedito il giusto presidio di strade, piazze e del Palazzo istituzionale. Anche perché in altre occasioni Trump fu molto sollecito a inviare le truppe, come a giugno 2020 durante le dimostrazioni a Washington dei dimostranti Black Lives Matter, corteo respinto con maniere forti che tutti abbiamo osservato.
Adesso il presidente uscente rischia di essere cacciato a forza ancora prima del 20 gennaio visto che si chiede l’applicazione del 25o emendamento varato nel 1967. Il dispositivo consente al vicepresidente, insieme all’appoggio del governo, di rimuovere un presidente ancora in carica, ma incapace di trasferire il potere o che resista al passaggio delle consegne.
Dopo i fatti avvenuti, all’interno del Partito Repubblicano si è rafforzata la parte maggioritaria che vuole disfarsi di Trump. Tanto che in molti nella forza politica conservatrice hanno subito iniziato a considerare una forma di censura, all’impeachment e, appunto al 25o emendamento.
In tutto questo, Trump ha contribuito a spaccare la Nazione e pensa di fare un suo partito spaccando la formazione dei Repubblicani portandosi dietro alcuni fedelissimi (pochi).
Personalmente lo avevo già detto e scritto che lo scopo di Trump era spezzare i Repubblicani per utilizzarne una parte come suo partito personale. Vedremo alla lunga perché gli statunitensi sono estremamente abitudinari, attaccatissimi alle tradizioni, al binomio Democratici-Repubblicani (qualche tentativo di altri partiti c’è stato, ma con infima riuscita): di solito fanno finir male chi sconvolge il meccanismo, anche se Trump è protetto da un colossale meccanismo economico e di potere come le sue imprese che sono potenze globali
Su questo “romanzo elettorale” e sugli inefficaci, inconsistenti tentativi di Trump, più efficienti nello spaccare profondamente la società statunitense, ma privi di prove reali, ho già scritto quattro articoli, a questo link il primo, poi il successivo a quest’altro link e il terzo cliccando qui.
Avevo espresso una mia sicurezza in un quarto articolo datato 12 dicembre 2020 (link): “… posso affermare con quasi certezza che Donald Trump non si arrenderà ancora, anche se ogni sua vera arma è risultata del tutto spuntata, fallace, senza basi di verità, evanescente, un puro spettacolo”.
Il 25o emendamento: come funziona il defenestramento di un presidente USA
Come scritto dal Corriere della Sera, Trump sarebbe giudicato incapace di svolgere le sue mansioni. Il suo vice Mike (Michael Richard) Pence ne potrebbe prendere il posto nel residuo del mandato fino al 20 gennaio.
Secondo il 25o emendamento, presentato al Congresso nel 1965 e ratificato nel 1967, il presidente può trasferire volontariamente il potere al suo vice per motivi medici, come è già successo tre volte. I precedenti: nel 1985, quando Ronald Reagan fu sottoposto a colonscopia e poi fu operato per un tumore all’intestino, e lasciò temporaneamente il comando a George H.W. Bush; nel 2002 e nel 2007 quando George W. Bush, sempre a causa di una colonscopia, affidò il Paese al suo vice Dick Cheney.
Ma il 25o emendamento non si ferma solo a queste eventualità. Alla sua sezione 4 è descritta la possibilità che il presidente sia incapace di trasferire il potere, oppure semplicemente non intenzionato: in tale eventualità (sarebbe la prima volta in oltre mezzo secolo), spetta al vicepresidente – appoggiato dalla maggioranza dei 15 principali membri del governo, quindi i segretari di Stato, Tesoro, Difesa, Giustizia, Interno, Agricoltura, Commercio, Lavoro, Salute, Sviluppo urbano, Trasporti, Energia, Istruzione, Affari dei veterani e Sicurezza Interna – stabilire l’incapacità del presidente. In questo modo ne prenderebbe il posto alla guida del Paese come presidente ad interim.
Il passaggio però non si fermerebbe qui. Il presidente, in questo caso Donald Trump, ha la facoltà di rispondere e dichiararsi a sua volta capace. Il meccanismo prevede allora che, per quattro giorni, il vicepresidente resterebbe al comando del Paese.
Contemporaneamente, i 15 membri del governo dovrebbero sottoscrivere una seconda dichiarazione d’incapacità:
- in assenza di tale dichiarazione, il presidente riprende il potere;
- in presenza di nuova dichiarazione di incapacità, tutta la “pratica” passa all’esame da parte della Camera e del Senato.
Nel secondo caso, le camere devono esprimersi entro 21 giorni e con una maggioranza dei due terzi… ma a quel punto saremmo già a oltre il 20 gennaio e Donald Trump, per non macchiare oltre la sua reputazione e tentare di salvarsi la faccia, ha già assicurato (dopo i disastrosi disordini al Campidoglio da parte dei suoi tifosi) di operare per un normale passaggio dei poteri.
Vedremo molto presto cosa accadrà…
Alcune reazioni all’interno del mondo politico statunitense
Mike Pompeo, segretario di stato, ha condannato quanto è accaduto, “è inaccettabile. Ho viaggiato molto e ho sempre sostenuto il diritto di manifestare pacificamente”. Parole di forte condanna anche Anche dall’ex presidente Usa, George Walker Bush, ha parlato di un una insurrezione “degna di una Repubblica delle banane”. Dopo l’assalto al Congresso da parte dei sostenitori di Donald Trump, Cathy McMorris Rodgers, deputata repubblicana, ha rinunciato a contestare la vittoria di Joe Biden nel collegio elettorale: “Quello che è successo e continua a succedere nella capitale della nazione è una vergogna e una cosa anti americana”.
In risposta all’episodio del 6 gennaio con l’assalto al Campidoglio, si sono dimessi Matt Pottinger, vice consigliere per la sicurezza nazionale e Stephanie Grisham, portavoce e capo dello staff della first lady Melania Trump nonché ex direttrice delle comunicazioni della Casa Bianca.
L’emorragia Repubblicana tra i sostenitori di Trump continua.
