I primi a essere colpiti dai contagi saranno i componenti di sezione elettorale per il continuo passaggio di elettori. Poi, tra questi ultimi, le prime vittime saranno i più deboli, gli anziani, chi è affetto da patologie debilitanti e da situazioni cliniche che rendono i poteri di difesa più deboli. Se il Parlamento fosse così scellerato di mandare adesso il Paese a elezioni nazionali, quale forza politica vorrà essere responsabile della moltiplicazione dei contagi? Vorrei proprio vedere. Eppure, alcuni “leader” di partito chiedono da almeno un mese il ricorso alle urne (in copertina e nell’articolo, foto del periodo Referendum 2020 da me scattate).

Mi perdoni dall’alto della sua posizione da illustre e storico trapassato Lorenzo de’ Medici per come pasticcio la sua Canzona di Bacco, ma da vero profanatore e desideroso di un momento che alleggerisca l’argomento, è una cosa che debbo fare:
Quant’è bella la salute,
che si fugge tuttavia!
Se vuoi esser salvo al voto
non precedere novembre.
Quant’è bella la salvezza
troppo in fretta non fa lieti,
aver prescia per il voto
è sicuro…
… non dà certezza.
Tentando invece di tornare a fare il serio, per mia esperienza personale so già che sarebbe una pura follia votare prima di una campagna vaccinale che sia almeno quasi completamente conclusa.
Soprattutto se consideriamo che la vera e propria vaccinazione di massa non inizierà prima di giugno (ritardi permettendo) e che oggi, per mancanza delle necessarie dosi di vaccino, è già slittata di una settimana la prenotazione degli ultraottantenni nel solo Lazio (critica la situazione in tante regioni) con conseguente e ulteriore ritardo dell’inizio vaccinazioni per questa categoria debole di cittadini.
Sul serio volete chiedere adesso il ricorso alle urne? Votare entro maggio-giugno? Siete impazziti?

Ne scrivo per esperienza personale in quanto da circa 18 anni faccio il presidente di sezione elettorale nel quartiere San Lorenzo a Roma. So che situazioni critiche possono crearsi, anche se adesso saranno prese misure e redatte altre regole per evitare affollamenti nei seggi.
Posso affermare che sarebbe ininfluente lasciare le finestre aperte in quelle aule scolastiche prestate al voto: il continuo passaggio di votanti, il tempo necessario per la verifica inequivocabile della loro presenza nelle liste elettorali di sezione, la registrazione dei documenti, l’iter di verifica e bollatura del certificato elettorale, l’iter più lungo rispetto ad altre votazioni nella compilazione da parte dei votanti delle due schede per Senato e Camera dei Deputati.
Tutto renderebbe ancora più rischiosa la tenuta e la gestione in sicurezza sanitaria della sezione elettorale.
Immaginatevi poi il pericolo per gli elettori che dovranno usare una cabina elettorale che avrà già visto passare decine e decine di altri cittadini (tra negativi o positivi -si spera solo inconsapevoli, ma ugualmente contagiosi- al Covid-19).
Come poter sanificare periodicamente tutto e garantire la sicurezza non rallentando le operazioni di voto?
Come non evitare l’allungamento di file di elettori fuori dall’edificio (dentro non si potrà attendere: vedi la scorsa consultazione referendaria) a prescindere dalle condizioni buone o pessime del tempo, prima di potersi dirigere alla propria sezione per esprimere il voto?
Proprio all’ultimo voto referendario del 20 e 21 settembre 2020, era già evidente il problema… e l’affluenza era da referendum, molto più bassa che in votazioni politiche nazionali.

Prima di tutto la presenza di scrutatori al referendum 2020: dei tre previsti ricordo me ne trovai uno solo e fu una corsa a cercare chi fosse disposto a sostituirli. Stesso problema si presenterà a votazioni politiche decise entro maggio/giugno.
Per il Referendum neppure il Comune di Roma ne aveva di disponibili per sostituire i mancanti: non ne trovava. Per paura nessuno accettava. Ma non è accaduto solo a Roma.

Il timore del contagio, di beccarsi il virus Sars-Cov-2, fece fuggire gli scrutatori designati, ma a Roma e in tutta Italia mancavano anche presidenti di sezione elettorale.
Comunque, gestire il seggio in sicurezza fu possibile in quei due giorni perché l’afflusso di votanti era ridotto, si strofinavano le superfici, ma soprattutto le mani, con il gel 90% alcolico fornito in dotazione. Impossibile comunque pulire le cabine dopo l’uso di ogni votante, come fu impossibile farlo per il tavolo dei registri, lì dove la gente poggiava i propri documenti. Altrimenti avremmo dovuto almeno dimezzare o ridurre di un terzo i ritmi di raccolta del voto.
Figuratevi in caso di elezioni nazionali.
In tutta Italia per il referendum di settembre la media del voto si attestò al 51,12%, alto per un referendum, con ovvi alti e bassi e differenze tra sezioni e territori (tra gli altri referendum costituzionali, è stato inferiore a quello del 2006 con affluenza del 52,5% e molto meno del referendum 2016 con il suo 65,47% di votanti).
Per rinnovare il Parlamento nazionale la percentuale della presenza alle urne sarà ben più alta.
Impossibile garantire la sicurezza.
Tanto per capirsi meglio, al referendum mi portai le mie mascherine e dissi di fare la stessa cosa agli scrutatori e al segretario di sezione: provammo quelle fornite in dotazione, ma erano quasi inutilizzabili, stringevano come una maschera di ferro provocando dolore e duravano poco con sfrangiamento/disintegrazione degli elastici che, girando dietro la testa, dovevano trattenere le mascherine sul viso.
Modifica della legge elettorale ancora non compiuta
Si tratta di un passo necessario dopo il voto favorevole al referendum 2020 che ha sancito la riduzione del numero dei parlamentari: riduzione del numero dei deputati da 630 a 400; riduzione del numero dei deputati eletti nella circoscrizione Estero da 12 a 8; riduzione del numero dei senatori da 315 a 200; riduzione dei senatori eletti nella circoscrizione Estero da 6 a 4; riduzione del numero minimo di senatori assegnato a ogni regione da 7 a 3.

Oggi tutto in vigore. Per chi vuole vedere con i propri occhi, leggibile nel testo della Gazzetta Ufficiale no 261 del 21 ottobre 2020 (file pdf scaricabile a questo link).
Tutto questo avrebbe dovuto portare a un urgente ridisegno delle circoscrizioni elettorali per evitare le conseguenti forti distorsioni tra regioni, rappresentanti eleggibili, numero della popolazione. Ovvio che si debba organizzare una nuova “mappatura”.
Su questo resta il Decreto dello scorso novembre che ridisegna i collegi alla luce del taglio dei parlamentari: i collegi plurinominali e uninominali sono stati ridefiniti per adattarli ai nuovi numeri. Una commissione di esperti inviò al Governo una proposta su questo ridisegno (link).
A quest’altro link, la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del 23 dicembre 2020 per la “Determinazione dei collegi elettorali uninominali e plurinominali per l’elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica”, con allegati su tutte le regioni d’Italia.

Però manca tutto il resto e il sistema: così com’è, rimane un disastro. Ci rimane il “Rosatellum” utilizzato per le votazioni del 2018 e che ha prodotto un panorama parlamentare instabile.
Quindi dovremmo andare al voto con una legge elettorale da rivedere completamente (saltato l’accordo di inizio 2020 tra le forze di governo comprendendo Italia dei Valori) perché, già per suoi meccanismi interni, non garantisce una maggioranza certa a nessuno (il Rosatellum è mal disegnato e indegno: sembra fatta apposta per tenere il Paese sotto scacco politico).
Il decreto sui collegi elettorali doveva essere accompagnato dall’esame del “Brescellum”, nuovo sistema elettorale. Eppure da un anno è tutto fermo, nonostante il voto favorevole arrivato solo il 10 settembre 2020 (comunque in forte ritardo) dalla Commissione Affari Costituzionali della Camera. Brescellum sta per (semplifico):
- proporzionale puro sul modello tedesco;
- soglia di sbarramento innalzata al 5% (quindi mal vista dalle formazioni politiche minori), ma con diritto di tribuna, concedendo una rappresentanza alle forze politiche che, a livello regionale, dovessero andare molto bene;
- eliminazione dei collegi uninominali;
- possibilità per i partiti di dare vita a coalizioni, ma solo post-voto e non in coalizioni da inserire nelle schede elettorali (anche questo aspetto molto contrastato da alcuni partiti).
Non è stata toccata la questione di riportare agli elettori la possibilità di esprimere preferenze, invece degli attuali listini bloccati sui candidati.
Che hanno intenzione di fare in Parlamento?
Qui inserisco solo un personale consiglio. Già dopo la fine dell’ultimo governo Berlusconi si fece ricorso al “governo tecnico” (ricordate il governo Monti?).
Adesso, se il premier Giuseppe Conte non riuscisse a coagulare una maggioranza minimamente stabile dopo l’abbandono di Renzi/Italia Viva, sarebbe il caso di ricorrere ancora all’espediente di un governo tecnico capace di governare con stabilità, gestire l’emergenza Covid-19 e la continuazione delle vaccinazioni, ridisegnare la macchina elettiva del Paese, portare avanti il vitale progetto del Recovery Plan, stabilire e gestire i dettami sui “ristori” a sostegno delle attività italiane, per poi portarci alle urne a campagna vaccinale finita o per oltre il 70 per cento di tutta la popolazione italiana garantendo quella che è definita “immunità di gregge”.
Una mossa praticamente obbligata. A meno che le attuali formazioni politiche, scegliendo di andare subito alle urne, non vogliano passare alla storia recente e futura, come veri e propri untori, come coloro che hanno dato vita a un’altra ondata di infezioni da virus Sars-COV-2.
Tra i banchi del Parlamento ci vuole un decisivo e sano tocco di responsabilità invece di seguire l’ondata dell’opportunità elettorale passando sopra la salute della gente: che si voti fra tre mesi o a fine 2021, nulla – credo – potrà mai cambiare l’identità dei favoriti alla vittoria elettorale.
ps: dal riordino del sistema di voto, è da eliminare l’infernale bollino antitruffa (o come si voglia chiamarlo), da applicare su ogni scheda, cosa che fa perdere tempo immenso alle sezioni elettorali e ha un alto costo. Non si capisce perché (il cambiamento sarebbe facile da compiere) non stampare alla fonte le schede elettorali ognuna con un suo numero di serie, come avviene per le banconote: molto più economico, molto più funzionale e a vera prova “pasticcio”.
