Non esiste una ricetta vincente che possa portare all’eliminazione del traffico di stupefacenti, come resterà ineliminabile la piaga del sfruttamento sessuale dei corpi o della prostituzione che dir si voglia. Ma questo non fa diminuire gli sforzi per combattere questi fenomeni. L’Operazione “Enclave” dei Carabinieri ha eliminato un cartello della droga affiliato alla ‘ndrangheta che si riforniva a livello internazionale e spacciava cocaina, marijuana e hashish tra le le province di Roma, Reggio Calabria, Venezia e Grosseto. In questo articolo sono inclusi due video: il primo con scene dell’operazione, fornito senza audio dai Carabinieri; il secondo con dichiarazione del Colonnello Michele Roberti, Comandante del Reparto Operativo Carabinieri Roma.
Proprio in queste ore, a permettere la mossa finale dei Carabinieri del Comando Provinciale di Roma aiutati dai comandi dell’Arma dei diversi territori dove l’operazione è stata portata avanti, sono state le ordinanze dell’Ufficio del Giudice per le Indagini Preliminari appartenente al Tribunale di Roma, il tutto su richiesta della Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia.
È pazzesco realizzare come persone così spietate, criminali incalliti (e uso un eufemismo), pronti a minacciare, compiere estorsioni, intimidirti incendiando la tua auto, sparando contro il cancello di casa tua, piegarti alla loro volontà, siano così presenti e con un’organizzazione così ramificata. Oltretutto, le gigantesche dimensioni di Roma riescono a tenere mimetizzata la parte di vertice e di principale “logistica” di questi importatori e spacciatori di morte.
Ecco, di seguito, chi sono e come hanno agito questi criminali. E come i Carabinieri li hanno fermati.
Cosa sta avvenendo dalle prime ore del 16 febbraio 2021?
I militari stanno eseguendo l’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 33 persone indagate, per associazione dedita al traffico internazionale di sostanze stupefacenti, cessione e detenzione ai fini di spaccio, estorsione aggravata dal metodo mafioso, intestazione fittizia di beni, detenzione e porto abusivo di armi.
L’Operazione e gli arresti disposti dai magistrati partono dai risultati delle indagini portate avanti già tra il 2017 e il 2018 dai Carabinieri del Nucleo Investigativo di via in Selci. Un’analisi attenta e particolareggiata di questa struttura di rifornimento e spaccio di stupefacenti. Quinti, i suoi componenti sia romani che calabresi, i canali di approvvigionamento, il sistema di gestione delle cosiddette “piazze di spaccio”, i modi per smerciare cocaina, marijuana e hashish e il riutilizzo “legale” dei guadagni ottenuti dallo spaccio.
Come sottolineato dal Colonnello Michele Roberti, Comandante del Reparto Operativo Carabinieri Roma (video più in basso), “l’operazione ha messo in evidenza quanto la piazza di Roma attragga l’interesse di queste organizzazioni criminali, non solo per quanto riguarda i canali di approvvigionamento, ma anche per il successivo reimpiego dei capitali nel circuito economico legale“. Molti esercizi commerciali sono stati controllati e sequestrati proprio perché tirati su grazie ai guadagni dall’importazione e spaccio di stupefacenti.
Chi era a capo dell’organizzazione?
Come indicato dai militari dell’Arma, al vertice di tutto un criminale che controllava ed era protagonista della maggior parte delle attività criminali nell’area nord-ovest di Roma. Volendo circoscrivere meglio la zona, si tratta soprattutto di Casal del Marmo, Prima Porta, Borghesiana e i comuni di Sacrofano, Riano, Capena, Morlupo e Cerveteri.
Chi era quindi il gran “capo” del commercio e spaccio di stupefacenti?
Si chiama Pasquale Vitalone, nato nel 1976, pluripregiudicato, organico alla ‘ndrina ALVARO di Sinopoli (Reggio Calabria) -cosca malavitosa che è parte della ‘ndrangheta-, stabilitosi da tempo a Sacrofano (Roma). Da quel comune della provincia capitolina dirigeva le sue “attività” utilizzando pure suoi familiari.
Perché era spalleggiato dai suoi parenti? Questi erano considerati più affidabili e riservati rispetto ad altri componenti di questa organizzazione criminale, incaricati per le operazioni più delicate come trovare canali di approvvigionamento, curare i rapporti con gli altri complici, trasferire il denaro contante, minacciare chi doveva essere ricondotto all’ubbidienza e ai pagamenti per conto del loro capo, garantire la riservatezza delle comunicazioni all’interno dell’organizzazione cercando di eludere possibili intercettazioni e pedinamenti da parte delle Forze dell’Ordine.






Le dimensioni di questa organizzazione sono definite da quanto emerso nelle ultime partite di droga che erano in fase di trattativa/arrivo in Italia… e sono solo alcune:
- la negoziazione di una partita di 20 chili di cocaina proveniente dalla Colombia, operazione gestita mediante l’intermediazione di due “broker” italiani, una donna 65enne residente ad Orbetello (GR) e un uomo della provincia di Venezia, contiguo all’ex “Mala del Brenta”;
- la compravendita di una partita di 12 kg di cocaina al prezzo di 312.000 euro, operazione gestita per conto di Pasquale Vitalone da un soggetto di origini bulgare, il quale si recava in più occasioni in Spagna per gestire le trattative con un gruppo di colombiani che avrebbero dovuto far arrivare lo stupefacente in Italia direttamente dal Sudamerica;
- la vendita di una partita di marijuana di 10 chili, fornita in conto vendita da Antonio Pelle, “nipote d’arte”, visto che il nonno Antonio Pelle, soprannominato “Ntoni Gambazza”, è ritenuto il capo dell’omonima cosca di San Luca (RC);
- la trattativa per l’acquisto di 1.500 kg di hashish da cedere ad acquirenti già individuati e attivi nella zona Nord di Roma.
Altri particolari sull’attività di questi criminali
Questa importante organizzazione era in continua evoluzione ed espansione. Il Comando provinciale di Roma dei Carabinieri ha sottolineato che “le attività di spaccio al dettaglio e quelle connesse alla ricerca di nuovi e più lucrosi canali di approvvigionamento non avevano mai sosta“.
Attività criminale che stava continuando durante le indagini e gli arresti:
- arrestati 10 persone in flagranza per spaccio e detenzione di sostanze stupefacenti;
- arrestati 2 personaggi per detenzione abusiva di armi e munizioni, con contestuale sequestro di una pistola revolver Franchi 38 special, un fucile mitragliatore Sten MK calibro9 con due caricatori e 66 proiettili calibro 9 parabellum;
- sequestrati 1,5 chili di cocaina, altri 115 di marijuana e 30 chili di hashish.
“Inoltre, in svariate occasioni veniva documentato come gli indagati non disdegnassero l’uso della violenza – continua ancora il Comando di Roma – in particolar modo nelle attività connesse al recupero crediti con modalità estorsive“.
Tra gli episodi di estorsione e intimidazione:
- un’estorsione aggravata dal metodo mafioso commessa nei confronti di un trafficante calabrese, reo di una mancata fornitura di droga per la quale era stata versata la somma di 116.500 euro. Dopo svariate minacce di morte anche nei riguardi della moglie e un violento pestaggio di un suo uomo di fiducia, il trafficante veniva costretto a restituire parte del denaro già consegnatogli;
- estorsione a danno di un acquirente, ritenuto responsabile del mancato pagamento di una partita di cocaina. Per costringerlo a consegnare il denaro, alcuni degli indagati sparavano sei colpi d’arma da fuoco contro il portone di ingresso dell’abitazione della vittima e incendiavano la sua autovettura;
- il tentativo di rilevare le quote societarie di una palestra a Riano (Roma), attività ritenuta utile a riciclare il denaro di provenienza illecita. Per piegare le volontà dei tre soci che non intendevano cedere le proprie quote, i malviventi dapprima hanno incendiato l’auto del primo, poi hanno sparato un colpo d’arma da fuoco contro l’auto del secondo e, successivamente, hanno incendiato il cancello dell’abitazione e l’auto del terzo.
Le attività commerciali coinvolte dai criminali o punto di riciclaggio del denaro sporco:
- un’autofficina sita a Sacrofano (RM), considerata la base logistica del sodalizio criminoso, utilizzata sia per la vendita al dettaglio delle sostanze stupefacenti, che per lo svolgimento degli incontri tra i sodali;
- un solarium, utilizzato come base logistica dai responsabili della piazza di spaccio della zona Borghesiana;
- un bar tabacchi, sito in zona Casalotti, gestito in prima persona da Pasquale Vitalone, il quale, per eludere le disposizioni di legge in materia patrimoniale, aveva intestato alla moglie la titolarità della società di gestione del bar e a due nipoti quella relativa alla tabaccheria.
Proprio la tabaccheria è stata sottoposta a sequestro preventivo contemporaneamente agli arresti dei personaggi.
