Il suo genio, il saper cogliere le opportunità, la sua immensa dedizione al lavoro dedicandosi a tutti i particolari. Tutto questo e altro ancora lo portò da vetrinista della Rinascente, o meglio, da assistente agli architetti che si occupavano delle vetrine, poi allievo di Nino Cerruti fino a divenire simbolo globale del bel essere e simbolo di un’epoca. Dettagliatissimo e attento in ogni fase della creazione e produzione, Giorgio Armani costruì da solo la sua grande impresa basandosi sulle sue capacità che lo resero unico nel panorama mondiale.
(in apertura foto Treccani)

Re dell’eleganza, dello stile, nonché del saper vivere, Maestro del gusto e della dedizione al lavoro, del Made in Italy.
Il timore potente oggi è che con lui si spenga una delle ultime e pochissime grandi fiamme e grandi esempi dell’italianità.
Nella trasmissione Mixer-Faccia a Faccia del 1983 (su RaiPlay), Giorgio Armani, all’epoca 49enne, rispose alle domande incalzanti di Giovanni Minoli dando l’idea perfetta del suo lavoro, di come affrontò diversi cambiamenti seguendo quella che lui riteneva l’unica filosofia possibile per uno stilista.


Desiderava creare modelli che fossero dedicati e indirizzati a donne vere, quelle di tutti i giorni e non a donne ideali, non solo quindi per mannequin.
In quel 1983 col suo socio decise di abbandonare le sfilate, “eravamo stati presi da questo bailamme della moda, da questo baraccone della moda che qualche volta fa perdere di vista la realtà”.
Da lì poi, oltre all’Alta Moda, al prêt-à-porter, nascono e crescono le sue linee, per esempio l’intermedia Emporio Armani, oppure la più giovane, di tendenza, essenziale e moderna Armani Exchange, senza dimenticare Armani Jeans e Armani Junior e la Giorgio Armani Corporation attivata fra 1975 e 1980 per ampliare l’attività agli Stati Uniti e alle Americhe.
Lo studio delle stoffe sempre attento, la composizione degli abiti dalla vocazione quotidiana, non solo da grande evento, di quei capi dimostratisi senza tempo, dal disegno universale, sempre attuale. Ma pure la presenza di quei particolari che risentirono e risentono dell’influenza stilistica evocata dagli anni 30 del 1900.
Senza contare le altre rappresentazioni di eleganza, del comfort sofisticato e del minimalismo in altri settori grazie ad Armani Casa, Armani Hotels, Armani Beauty e Armani Ristorante. Seppe ben diversificare, ampiamente, seguendo la filosofia proposta a tutti: “Stay with Armani”.
Giorgio Armani fra storia e filosofia dell’essere


Nel corso del suo lavoro aveva “dubbi atroci dalla mattina alla sera – raccontava Armani durante l’intervista di Gianni Minoli – Il nostro è un lavoro creativo e come ogni lavoro creativo ha delle sorprese, Cioè, non è detto che quello che hai fatto ieri possa funzionare domani”.
Minoli poi volle una spiegazione su una dichiarazione con cui Armani affermò di fare una ‘moda progressista‘: “La moda va fatta per il momento in cui si vive e credo che una delle qualità che ho è di capire il momento e quello che uomini e donne vogliono portare nel momento. Inutile poi fare una moda che serva a dieci donne o a 200 donne in tutto il mondo, quando tutte le altre vogliono vestirsi in un’altra maniera perché hanno degli altri problemi da affrontare. In questo senso mi ritengo uno stilista moderno. molto più disincantato di qualche altro mio collega”.
L’eleganza storicamente più rilevante, in quale momento? – “Il secolo più elegante per me? Forse un certo periodo che va dal ’25 al ’30”
A precisa domanda di Minoli, Armani confessò anche di nutrire fastidio per l’eccessiva esuberanza e l’esagerazione in alcune donne, mentre negli uomini una certa forma di esibizione del loro fisico la trovava proprio eccessiva.
Link RaiPlay alla puntata di Mixer-Faccia a Faccia con Giorgio Armani.

Molto del suo modo d’essere e del suo senso di bellezza, fascino, di eleganza discreta, è presente nel testo autobiografico I cretini non sono mai eleganti. Giorgio Armani in parole sue, voluto nel 2014 per i suoi ottant’anni, oltre che nella biografia Giorgio Armani pubblicata un anno dopo.


Foto di Adriana Mulassano, critica della moda per il Corriere della Sera
Quando nel 2015 festeggiò i suoi 40 anni di carriera, Giorgio Armani inaugurò lo spazio espositivo che raccolse le sue creazioni, ambiente voluto a Milano anche per l’Expo Milano di cui lui era Special Ambassador.
L’Italia nel 2021 lo ha onorato di un gran riconoscimento come Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana.
Come suo personale racconto nel 2022 pubblicò il testo autobiografico Per amore.
Infine, fra le pubblicazioni da lui curate anche quella che nacque dalla collaborazione con l’Enciclopedia italiana fra 2023 e 2024. Questa unione diede vita a una nuova edizione della Treccani in 58 volumi decorati a bassorilievo, tiratura limitata in 50 edizioni che racchiusero cento anni della Conoscenza italiana.
Prese forma in dieci mesi con Giorgio Armani che preparò un “abito” perfetto, minimal ed essenziale, prezioso e perfetto per questo scrigno che racchiudeva cultura, sapere, bellezza: la corretta eleganza che si addiceva a un tesoro di questo tipo.
Fu frutto di un lavoro artigianale tra Roma e Milano, impressioni a mano da una fabbrica artigianale di Salerno, mentre alcuni cliché per le copertine vennero realizzati in Danimarca: da allora una copia si trova in una libreria creata nello showroom di Armani/Casa e un’altra nel bookshop dell’ADI Museum gestito da Treccani.




Giorgio Armani dalla nascita del marchio al cinema, e all’oggi
Armani fondò l’impresa nel 1975 con solo 10 milioni di lire e in questo debutto mostrò la sua linea di prêt-à-porter maschile e femminile che, come definito anche da Treccani, era già caratterizzata da giacche destrutturate, avvio della rivoluzionaria revisione di un caposaldo dell’eleganza.
Negli anni, in una sorta di marcia inarrestabile, il suo marchio si è fatto strada in Europa, negli Stati Uniti e in tutto il mondo.
Il cinema statunitense adottò lo stilista italiano proponendone un forte debutto sul grande schermo in American gigolò del 1980 con Richard Gere: basta ricordarsi per esempio la scena in cui il protagonista sceglieva fra tutti i suoi capi e giacche Armani, i suoi strumenti di seduzione, di un uomo che continuava a essere forte, ma che curava al meglio il suo aspetto, un uomo diverso e più completo.
Qui venne fuori il concetto di destrutturazione dello stilista italiano, mutando appunto la rigidezza e “compostezza” che fino a quel momento avevano caratterizzato gli abiti dei personaggi cinematografici donando forme, morbidezza, tessuti differenti e nuove personalità alle giacche e agli accessori.
Fra altri film, Armani fu presente anche ne Gli Intoccabili-The Untouchables del 1987, con attori del taglio di Kevin Costner, Sean Connery, Andy García e Robert De Niro. Qui lo stilista abbigliò gangster e agenti avvolgendoli in quei magnifici cappotti e completi: fu forse l’espressione ancora più elevata e vincente dell’unione fra corpi, ruoli, caratteri dei personaggi e degli attori con gli abiti studiati e scelti per il film.
Non ci fu un coinvolgimento continuo con il mondo del cinema perché lo stilista amava valutare, scegliere con attenzione le storie cinematografiche, centellinare la partecipazione delle sue creazioni.
Più qualità e meno numeri.
La realtà creativa e produttiva di Giorgio Armani ha raggiunto più di 500 negozi monomarca (623 negozi di proprietà), un patrimonio di circa 11 miliardi di dollari, un fatturato annuo pari a 2 miliardi, il tutto creato con 8.000 dipendenti e 10 stabilimenti di produzione in tre continenti.
Ditemi quale altra impresa è riuscita a registrare numeri simili rimanendo del tutto Made in Italy, fuori dalle grinfie di grandi gruppi internazionali.
