Coprifuoco alle 21 deciso per alcune aree urbane dai sindaci? Non è proprio così. Nel nuovo decreto manca l’indicazione del soggetto che deve stabilire le chiusure di vie e piazze che siano troppo frequentate e “ammassanti”, a rischio contagio Covid-19. Nel settore ristorazione sono consentiti tavoli da sei persone e non di più. Per le scuole superiori ingresso dalle ore 9, incremento della didattica digitale, turni pomeridiani. Convegni solo a distanza, sì agli sport individuali e no a quelli “di contatto” nella fascia dilettantistica. Il futuro di palestre e piscine appeso al filo di un periodo di osservazione lungo sette giorni per verificare l’adeguamento alle regole e la tendenza dei contagi in quei luoghi (nell’articolo la galleria foto con le pagine leggibili -scaricandosele- del decreto)
Come prevedibile si fa un gran parlare sulle nuove misure adottate tramite DPCM del 18 ottobre 2020, l’undicesimo di Giuseppe Conte, stilato nel tentativo di frenare la crescita dei contagi da virus Sars-Cov-2 e di evitare possibili scenari da completa chiusura come nel recente passato.
Le polemiche sono inevitabili e vedono la contrapposizione delle esigenze di sicurezza per la salute pubblica e quelle economiche sul destino delle attività e imprese italiane (su quest’ultimo punto richiamo l’intervista ad Angelo Deiana, presidente di Confassociazioni, che traccia il quadro della situazione economica con possibili previsioni).
Polemiche che trovano maggiore forza, per esempio, sulla mancanza di misure dedicate al trasporto pubblico all’interno del Decreto: non basta cercare di “diluire” gli studenti delle superiori in altri orari, quando bus e metropolitane sono stracolmi negli orari di punta. In questo modo va a farsi benedire ogni sicurezza vanificando qualsiasi misura adottata nelle scuole, negli uffici, nelle imprese, nei negozi, nei ristoranti, visto che si deve restare pigiati l’uno contro l’altro in un bus.
Intanto è bene evidenziare alcuni punti del documento. In un secondo tempo, chi leggerà questo articolo potrà approfittare della galleria foto con le pagine (leggibili ancora più facilmente scaricandole) del Decreto del presidente del Consiglio dei ministri per scoprire i particolari sui settori che più interessano.
Ristorazione, cibo, bevande, manifestazioni di settore
No a sagre e fiere di paese, sì a manifestazioni fieristiche (di qualsiasi comparto, non solo legate all’enogastronomia) ma solo quelle a carattere nazionale o internazionale.
Sulla chiusura di vie e piazze molto frequentate per la presenza di locali, è stata scelta una soluzione ambigua, non viene indicato chi dovrà decidere un eventuale coprifuoco. Questo il testo all’articolo 1 – Misure urgenti di contenimento del contagio sull’intero territorio nazionale, alla lettera “a”:
- all’art. 1, dopo il comma 2 è aggiunto il seguente: «2 -bis . Delle strade o piazze nei centri urbani, dove si possono creare situazioni di assembramento, può essere disposta la chiusura al pubblico, dopo le ore 21,00, fatta salva la possibilità di accesso, e deflusso, agli esercizi commerciali legittimamente aperti e alle abitazioni private.»
Perché questa non indicazione su chi dovrebbe prendere tale decisione? Il ritardo nell’emanazione del DPCM-Decreto del presidente del Consiglio dei ministri nel corso della serata del 18 ottobre 2020, è stato causato proprio dal confronto all’ultimo minuto con l’Anci, l’Associazione nazionale dei comuni d’Italia e col suo presidente Antonio Decaro che ha fatto togliere l’espressione presente nella bozza, “2-bis. I sindaci dispongono la chiusura al pubblico, dopo le ore 21,00, di vie o piazze nei centri urbani, dove si possono creare situazioni di assembramento… “.
I primi cittadini dei comuni, soprattutto quelli delle grandi città, non volevano e non hanno voluto questa responsabilità, anche per l’esiguità delle forze di controllo a diretta disposizione e comando delle municipalità. Bisogna considerare che occorrono uomini in quantità per i controlli in quanto, pur chiudendo le chiusure di alcuni spazi cittadini, bisogna garantire il passaggio ai locali e alle abitazioni presenti in quei luoghi. Da qui la versione definitiva nel Decreto, “… può essere disposta la chiusura al pubblico, dopo le ore 21,00… ” senza l’indicazione di un soggetto posto a decidere.
Risulta quindi evidente che la responsabilità cadrà sui prefetti i quali, a loro volta, sono a capo dei Comitati provinciali di ordine pubblico, organismi dei quali fanno parte anche i sindaci che segnaleranno gli spazi urbani critici per assembramenti e pericolo di contagio.
Nei locali vige la chiusura a mezzanotte e ci si può dimenticare le numerose tavolate: al massimo ci potranno essere tavoli da sei persone. Ristoranti, gelaterie, pasticcerie, bar, pub, possono restare aperti per l’attività di ristorazione dalle ore 5 del mattino fino alle 24, ma solo per il consumo al tavolo. Il blocco anticipato alle ore 18 è per le consumazioni non al tavolo, in piedi anche nelle immediate vicinanze del locale. In più, all’ingresso di ogni ristorante deve essere esposto un cartello che indichi il numero massimo delle persone che possono essere presenti nello stesso momento all’interno del locale.
La ristorazione con asporto è consentita fino alle ore 24, ma non si può consumare sul posto o nelle vicinanze. Consentita anche la ristorazione con consegna a domicilio, sempre dalle 5 alle 24, ma rispettando tutte le regole sanitarie per il confezionamento del cibo e consegna.
Aperti gli esercizi di ristorazione e bar nelle aree di servizio e rifornimento carburante lungo le autostrade, negli ospedali e negli aeroporti: naturalmente bisogna predisporre tutto per far rispettare la distanza di almeno un metro tra i clienti.

Università, scuola e, soprattutto, gli istituti superiori
Maggiore flessibilità negli orari, turni pomeridiani e insegnamento/studio a distanza che integrerà quello di presenza nelle aule delle superiori. Gli istituti dovranno giocare d’equilibrio tra le varie opzioni possibili riorganizzando le attività insieme al corpo insegnante. In questo modo vorrebbero far diminuire anche il rischio di affollamento negli stessi orari all’interno dei mezzi pubblici, visto che i comuni non riescono ancora a moltiplicare l’offerta e il controllo del trasporto cittadino. E proprio sul punto trasporti pubblici nel Decreto non c’è nulla, argomento sempre minimizzato nell’ambito del governo.
«Tutti gli studi internazionali sostengono che il contributo all’epidemia è bassissimo, l’1.2% – ha avuto da dire Paola De Micheli, ministro alle Infrastrutture – Se parliamo di trasporto pubblico locale, dove si resta poco tempo, il rischio si abbassa ulteriormente».
Ma il ministro De Micheli ha mai frequentato i mezzi pubblici, soprattutto nelle ore di punta? Sa il ministro che per spostamenti a Roma (Comune che nei suoi confini può inglobare sei delle più grandi città d’Italia) o a Milano, il tempo passato sui mezzi pubblici è tutto tranne che breve? Il cittadino, il pendolare, può restarci dentro dai 40 minuti a oltre un’ora… in mezzi sovraffollati. Altro che distanziamento minimo di un metro. Altro che “poco tempo”.
Stessa cosa in tante altre grandi città.

Eppure nulla viene fuori nel Decreto per favorire l’offerta e la moltiplicazione del trasporto pubblico sviluppando anche il controllo a bordo dei mezzi e delle stazioni delle metropolitane.
Comunque, tornando alla riorganizzazione degli orari negli istituti, ad alcuni corsi fatti a distanza e al potenziamento di lezioni pomeridiane, il tutto deve essere preceduto da una comunicazione al ministero dell’Istruzione fatta delle autorità regionali, locali o sanitarie riguardo a casi e situazioni critiche, con forte rischio rilevato in alcune aree del territorio.
Le riunioni degli organi collegiali scolastici possono svolgersi a distanza o in presenza, l’importante è il rispetto della sicurezza e del distanziamento fisico tra i partecipanti.
Misure in vigore dal 21 ottobre.
Per le università italiane rimane cruciale il quadro della situazione indicato dal Comitato Universitario Regionale di riferimento: a seconda dell’andamento dei contagi nelle aree di appartenenza, gli atenei possono organizzare la continuazione della didattica e delle attività curriculari sia in presenza che a distanza. Disposizioni valide anche per le istituzioni di alta formazione artistica musicale e della danza, per quando possibile a queste particolari realtà.

Lo sport e le attività collegate
Le nuove regole dettate dal decreto consentono gli sport individuali e di squadra riconosciuti a livello nazionale o regionale dal Coni, dal Comitato paralimpico e dalle Federazioni sportive nazionali.
Per questi sport, agli eventi è consentita la presenza di pubblico pari al 15% della capienza massima delle strutture e, comunque, non oltre i mille spettatori per manifestazioni sportive all’aperto e non più di 200 al chiuso (limiti che possono variare a seconda delle prescrizioni delle singole regioni e provincie autonome, ma non possono essere superati): obbligatorie la prenotazione e l’assegnazione del posto a sedere, adeguato ricambio dell’aria, distanziamento di almeno un metro sia frontalmente che lateralmente, obbligo di indossare la mascherina e. all’ingresso, tassativa misurazione della temperatura.
Stop alle partite di calcetto tra amici come rimane il divieto a qualsiasi “sport di contatto” amatoriale. Sospese tutte le gare, le competizioni e le attività legate agli sport di contatto di carattere ludico-amatoriale.
Sì agli sport individuali e sì all’attività sportiva dilettantistica di base: le scuole, l’attività formativa di avviamento agli sport di contatto possono lavorare, ma solo in forma individuale e non possono dare vita a tornei di alcun tipo.
Le palestre e le piscine devono allinearsi ai protocolli di sicurezza e hanno una settimana di tempo per farlo. Poi seguiranno decisioni su eventuali chiusure degli impianti che non rispetteranno i protocolli.
Sale giochi, sale scommesse e sale bingo possono rimanere aperte dalle ore 8 alle 21, ma c’è una condizione fondamentale: le regioni e le province autonome devono preventivamente accertare la compatibilità dello svolgimento di queste attività con l’andamento dei contagi nei rispettivi territori individuando protocolli o linee guida per prevenire o ridurre il rischio di contagio per questo comparto, misure adottate dalle stesse regioni o dalla Conferenza delle regioni e delle province autonome rispettando la gerarchia dei dispositivi a livello nazionale, quindi protocolli o linee guida decise a livello di governo centrale.





