Gli astronomi hanno definito la sua forma come “traballante”, non stabile, atipica, se così si può dire in un campo che in questi anni sta allargando la sua capacità di analisi e studio di oggetti stellari al di là della nostra galassia. In questo mio articolo, riprendendo notizie NASA, intendo illustrare gli ultimi risultati sull’osservazione della vicina galassia Centaurus A e sul suo nucleo dove è occultato un buco nero supermassiccio attivo. La svolta decisiva sarà l’utilizzo del telescopio spaziale James Webb della NASA, nuovo strumento di osservazione che dovrebbe essere lanciato in orbita a ottobre 2021.
La capacità di osservazione delle stelle, dei pianeti, dei sistemi stellari, è estremamente migliorata negli ultimi anni, tanto da poter analizzare tanti particolari di “oggetti” anche molto lontani, studiarne “strati”, composizioni sia chimiche che radioattive o sulla tipologia di “corpi” stellari che li compongono.
Per essere chiaro e tornare all’oggetto del discorso che ho appena iniziato, quindi sulla galassia Centaurus A, sono in corso di definizione progetti di utilizzo del telescopio spaziale James Webb della NASA, uno studio portato avanti da Nora Lützgendorf e Macarena García Marín dell’ESA, l’Agenzia spaziale europea.
Centaurus A è una galassia gigante contorta nella sua forma, con enormi strie di polvere scura e giovani ammassi di stelle blu che attraversano la sua regione centrale, particolari evidenti osservati in luce ultravioletta e nel vicino infrarosso.
Se l’osservazione di Centaurus A viene fatta utilizzando la gamma dei raggi X e della luce radio, si apre una scena ancora più impressionante: dal nucleo della galassia ellittica deforme si osservano spettacolari getti di materiale esplosi dal suo buco nero supermassiccio attivo, noto come nucleo galattico attivo o AGN, quindi l’espulsione di materiale nello spazio ben oltre i limiti della stessa galassia.
Un nucleo galattico attivo è generato da un buco nero supermassiccio che emette gas, polvere e luce lungo tutto lo spettro elettromagnetico, dai raggi X e dalla luce visibile, fino alla luce infrarossa e alle onde radio. Al contrario, i buchi neri inattivi o quiescenti non emettono luce e rimangono non osservabili o di difficilissima osservazione (se non per l’influenza gravitazionale sugli oggetti stellari che stanno loro intorno, permettendone così l’individuazione approssimativa della posizione).
La combinazione di immagini e spettri forniti dagli strumenti Near Infrared Spectrograph (NIRSpec) e Mid-Infrared Instrument (MIRI) del telescopio Webb, consentirà al team di creare mappe ad altissima risoluzione delle velocità del gas e delle stelle al centro del Centaurus A. “Abbiamo in programma di utilizzare queste mappe per modellare come l’intero disco al centro della galassia si sposta per determinare con maggiore precisione la massa del buco nero”, ha spiegato la Lützgendorf.
Cosa accade nel ribollente nucleo di Centaurus A?
Questa è la domanda multipla cui dare o cercare di dare risposte. Impresa per nulla semplice. Le prossime osservazioni guidate dalla Lützgendorf e dalla Marín utilizzando il telescopio spaziale James Webb permetteranno di scrutare attraverso quel nucleo galattico. Operazione che, per la prima volta, sarà fatta in alta risoluzione.
“C’è così tanto da fare in Centaurus A – spiega Nora Lützgendorf – Il gas, il disco e le stelle della galassia si muovono tutti sotto l’influenza del suo buco nero supermassiccio centrale. Poiché la galassia è così vicina a noi, saremo in grado di utilizzare Webb per creare mappe bidimensionali in modo da vedere come il gas e le stelle si muovono nella sua regione centrale, come sono influenzate dai getti del suo nucleo galattico attivo e, in definitiva, come caratterizzano meglio la massa del suo buco nero”.
Il gruppo di ricerca osserverà Centaurus A non solo scattando immagini con Webb, ma raccogliendo dati noti come gli spettri che compongono le radiazioni luminose, quelli che diffondono la luce nelle sue diverse lunghezze d’onda tipiche un arcobaleno. Gli spettri rilevati da Webb consegneranno informazioni ad alta risoluzione su temperature, velocità e composizioni del materiale al centro di quella galassia.
In particolare, il NIRSpec di Webb e il MIRI forniranno ai ricercatori una combinazione di dati: un’immagine più uno spettro all’interno di ciascun pixel di quella stessa immagine. Tutto questo consentirà gruppo di astronomi di costruire complesse mappe 2D dagli spettri rilevati aiutandoli a identificare cosa sta succedendo dietro il velo di polvere che copre quel nucleo galattico analizzandolo in profondità da molti angoli in rilevamento.
Tanto per far comprendere in parole povere cosa significa tutto questo, riprendo un paragone fatto da Macarena García Marín: “C’è un parallelo possibile tra questo studio-modellazione di quel nucleo galattico… con l’analisi di un giardino. Allo stesso modo in cui i botanici classificano le piante in base a serie specifiche di caratteristiche, i ricercatori astronomi classificheranno gli spettri dal MIRI di Webb per costruire giardini stellari o modelli. Se scatti un’istantanea di un giardino da una grande distanza, vedrai qualcosa di verde, ma con Webb saremo in grado di vedere singole foglie e fiori, i loro steli e forse il terreno sottostante. Mentre il team di ricerca rileverà e studierà gli spettri, costruirà anche delle mappe da singole parti del giardino, confrontando uno spettro con un altro spettro vicino. Ciò è analogo a determinare quali parti contengono le specie vegetali sulla base di confronti di singoli steli, foglie e fiori, man mano che si muovono“.
Confrontando due spettri diversi della regione analizzata, forse si potrà scoprire se che ciò che è stato osservato contiene una popolazione rilevante di giovani stelle, oppure si potrà confermare quali aree sono sia cariche di polvere interstellare oltre che ad alte temperature. O ancora, si potrebbe identificare con precisione l’emissione proveniente dal nucleo galattico attivo.
Come sottolineato dal gruppo di ricerca, l’insieme degli spettri è simile a un ecosistema dai molti livelli, un ambiente che permetterà di definire meglio e con precisione cosa è presente e dove si trova, una rilevazione resa possibile dagli strumenti infrarossi specializzati di Webb. Visto che questi studi si baseranno su molti precedenti, gli scienziati saranno in grado di confermare, perfezionare o aprire nuovi orizzonti identificando nuove funzionalità di ricerca e rilevazione.
A quanta distanza sta Centaurus A e cosa si conosce oggi di questa “vicina” galassia?
Osservata per la prima volta nel 1800, Centaurus A dista da noi circa 13 milioni di anni luce (con un’astronave che fosse capace di viaggiare alla velocità della luce, ci vorrebbero 13 milioni di anni per arrivarci).
Come sottolineato dalla NASA, il vero interesse astronomico ricominciò verso gli anni 50 del 1900 perché questa galassia sembrava il solito oggetto di questo tipo, dalla forma ellittica anche se deforme. Una volta che i ricercatori furono in grado di iniziare l’osservazione con i radiotelescopi, Centaurus A divenne radicalmente più interessante e i suoi getti di materiali e radiazioni dal nucleo vennero alla luce.
Nel 1954 i ricercatori hanno scoperto che il Centaurus A è il risultato di due galassie che si sono scontrate e fuse, evento che gli astronomi stimano sia accaduto circa 100 milioni di anni fa.
Le analisi si sono moltiplicate nei primi anni 2000. Il risultato, fino a oggi, è che si ipotizza a circa 10 milioni di anni fa l’inizio della grande attività del nucleo di Centaurus A con conseguente emissione di due getti gemelli in direzioni opposte. Quando esaminata attraverso lo spettro elettromagnetico, dai raggi X alla luce radio, è chiaro che c’è molto di più in questa storia che bisogna ancora scoprire.
“Gli studi a più lunghezze d’onda di qualsiasi galassia sono come gli strati di una cipolla. Ogni lunghezza d’onda mostra qualcosa di diverso – ha detto Macarena García Marín – Con gli strumenti del vicino e medio infrarosso di Webb, vedremo gas e polveri molto più freddi rispetto alle precedenti osservazioni e impareremo molto di più sull’ambiente al centro di quella galassia”.






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