Centro Studi Confassociazioni, report sugli scenari economici 2021: verso un autunno nero

«Siamo sempre stati ottimisti. Ma il dato concreto di realtà è che siamo molto preoccupati perché il vaccino per la salute sta iniziando ad arrivare, ma per il vaccino dell’economia ci vorrà ancora molto tempo. Le risorse nel Decreto Sostegni non coprono nemmeno il 5% dei costi fissi. Praticamente, un’elemosina». Queste le parole di Angelo Deiana, presidente di Confassociazioni (link) illustrando i contenuti del “Report Previsionale sugli Scenari Economici 2021” redatto dal Centro Studi della stessa Confederazione.

«Senza poi dimenticare che i 32 miliardi del Decreto Sostegni erano stati autorizzati per coprire le chiusure a cavallo delle feste di Natale – prosegue l’economista – Adesso siamo ad aprile, tutti in “quasi lockdown” con la prospettiva di arrivare in questa situazione a maggio. E comunque le restrizioni parziali e la crisi dei consumi ci saranno quanto meno fino alla fine del 2021».

Situazione difficilissima quella descritta da Angelo Deiana, presidente della Confederazione Associazioni Professionali. Le prospettive sono tutt’altro che rosee, anche la “cura Draghi” non sembra avere l’efficienza e le potenzialità dovute per sostenere le imprese, le partite iva in questo periodo di pandemia perdurante, di zone rosse, arancioni e gialle (queste non le “viviamo” più da tempo).

Il tessuto produttivo soffre e lo stesso Deiana ha lanciato avvertimenti e richiami d’allarme da oltre un anno. Qui riporto solo gli ultimi tra quelli che io stesso ho scritto: il primo in un articolo (link) del 22 marzo 2021 su questo mio blog preceduto da un intervento (link) del 12 febbraio.

Per una panoramica completa su articoli e mie interviste fatte ad Angelo Deiana, basta seguire questo link.

«I numeri in gioco sono drammatici. Secondo il Centro Studi di Confassociazioni, tra 2020 e i primi 2 mesi del 2021 abbiamo perso più di 350 miliardi di fatturato – sottolinea Deiana – Un mondo che difficilmente potrà essere risollevato dai 20 miliardi di euro del Recovery Plan che potrebbero arrivare quest’anno. Per questo, serve subito un nuovo scostamento per salvare imprese e partite IVA in crisi. Fatti i calcoli, ce ne vorrebbero almeno 50».

Entrando nel merito del rapporto del Centro Studi di Confassociazioni, il documento parla chiaro mettendo nero su bianco numeri impietosi:Certo, nel Decreto Sostegni è stata finalmente eliminata l’iniquità dei codici Ateco ma, che siano 2.500 o 3.500 euro quelli che riceverà la platea di oltre 3 milioni di beneficiari, stiamo parlando di cifre totali che hanno una forchetta tra i 4 e gli 8.000 euro nel periodo 2020 e 2021. Una cifra che non copre nemmeno il 5% dei costi fissi sostenuti da coloro che sono stati costretti a chiudere per periodi prolungati“.

Quindi, veramente briciole… e con queste non si sopravvive né professionalmente, né imprenditorialmente parlando.

Bisogna essere pragmatici e le domande sono molto semplici – prosegue il rapporto – Se un ristorante, che prima faceva 150 coperti e aveva 10 camerieri, per i prossimi 12-14 mesi farà 50 coperti, di quanti camerieri avrà bisogno? Vale lo stesso per servizi professionali, ristoranti, bar, alberghi, servizi alla persona, eventi, palestre, piscine, discoteche, attività culturali e tutti gli altri servizi non essenziali o soggetti a distanziamenti o restrizioni“.

Serve subito un nuovo scostamento per salvare imprese e partite IVA in crisi – si legge nel documento – E, dunque, non solo gli ulteriori 30 miliardi ipotizzati dal Governo: fatti i calcoli su quanto perso anche nel 2021 e su quello che si perderà fino a maggio, ce ne vorrebbero almeno 50. E fermandosi a maggio perché, altrimenti, ci vorranno almeno 15 miliardi al mese per tenere in piedi un sistema imprenditoriale e professionale che sta collassando“.

Il confronto tra Italia e Germania

D’altra parte, con gli 11,5 miliardi del Decreto Sostegni, arriviamo a circa 40 miliardi di euro a supporto diretto di imprese e partite IVA. Sommando poi i vari crediti d’imposta (ma per utilizzarli bisogna fare utili…) si arriva a quasi 60. Una cifra importante, senza dubbio, ma che è solo il 32% dei 180 miliardi di euro stanziati complessivamente tra scostamenti e Legge di Bilancio.

Nello stesso periodo in Germania, al sistema imprenditoriale e professionale è stato indirizzato quasi il 60% degli oltre 300 miliardi stanziati.

Qui sorge la plurima domanda: Perché l’austera Germania in lockdown sta ristorando l’80% delle perdite aziendali sulla base del confronto tra il fatturato 2018 e quello 2019/2020? Hanno deciso di buttare i soldi dalla finestra? Oppure hanno compreso che l’alternativa è quella di una ripresa lentissima?

Italia: gli altri punti di forte criticità espressi dal report del Centro Studi di Confassociazioni e le crisi che si manifesteranno in autunno

È vero che da noi esiste il capitolo CIG-cassa integrazione guadagni, “ma per le imprese più piccole (il 95% delle 4,3 milioni di imprese italiane), il costo del lavoro è una componente flessibile e residuale rispetto ai costi fissi. Come dire: la CIG potrà lenire le sofferenze del mondo del lavoro, ma non è lo strumento per evitare i fallimenti”.

«Confassociazioni stima che, nei prossimi 9 mesi, potrebbe chiudere almeno una impresa su 4 con meno di 10 dipendenti – sottolinea Angelo Deiana – Ecco perché i sostegni dovevano essere dati, come in Germania, con logiche estese. Se poi le imprese non ne avessero avuto più diritto in base ai parametri, li avrebbero restituiti con la dichiarazione successiva. Succede già normalmente nel caso dell’anticipo della Naspi che viene dato ai disoccupati che vogliono aprire una partita iva. Non si poteva fare la stessa cosa? Invece, si è fatto lo stesso errore di strategia della UE sulla negoziazione al ribasso dei prezzi dei vaccini. Negoziare al ribasso il futuro».

Il Report sugli scenari economici 2021 segnala per l’autunno l’innesco di tanti altri gravi problemi che colpiranno il sistema. Il primo problema è chiaramente la fine del divieto di licenziamento e della CIG Covid prevista per il 30 giugno con prolungamenti fino al 30 settembre su base settoriale.

Il Centro Studi di CONFASSOCIAZIONI, rielaborando i ben più pessimistici dati dell’OIL, stima che potremmo perdere fino a 1,5 milioni di lavoratori nei prossimi 12/15 mesi, principalmente per effetto della chiusura di circa 500.000 piccole imprese sotto i 10 dipendenti.

Il tutto si sommerà ai circa 600.000 occupati che abbiamo perso nel 2020 (principalmente tempi determinati) e alla perdita di decine di migliaia di stagionali e occupati in nero. Tutto questo si sta già riversando su ammortizzatori sociali come Naspi e Reddito di Cittadinanza. Tralasciando il problema delle donne, insieme ai sanitari, l’altra prima linea vittima (indiretta) della strage pandemica.

Blocco degli sfratti

Il secondo problema è l’orizzonte della fine del blocco degli sfratti che è fissata anch’essa al 30 giugno. Grazie a questa salvaguardia molte persone hanno smesso di pagare gli affitti ai proprietari, non sempre a causa della crisi. E nessuno ha consentito di sfrattare almeno coloro che erano già morosi nel periodo pre-pandemico con una grave ingiustizia nei confronti dei proprietari.

Anche qui, si tratta di una misura che non potrà essere prolungata troppo a lungo anche perché il credito d’imposta per i proprietari ristora solo una piccola percentuale della perdita, al di là dell’iniquità della tutela giuridica per chi era già moroso. Come dire, la fine del principio di legalità.

Moratorie sui mutui

Un terzo problema è quello delle moratorie sui mutui (circa 189 miliardi di Euro) anch’essa fissata sull’orizzonte del 30 giugno. Un grosso problema per le banche che, oltre a capire se 2,7 milioni di persone riprenderanno a pagare i propri mutui, dovranno anche comprendere quanti soggetti avranno ancora un lavoro in grado di onorare il mutuo stesso, anche a seguito della fine del divieto di licenziamento.

Tra l’altro, la data è difficilissima da cambiare perché fissata da una normativa dell’EBA che determina in 9 mesi il massimo ritardo possibile del pagamento. Di conseguenza, se non si ottiene un’ulteriore deroga dall’Europa, tutti dovranno re-iniziare a pagare entro il mese di settembre 2021. Un’altra piaga da affrontare nel mondo dell’economia pandemica.

Prestiti garantiti dallo Stato

Senza poi dimenticare, i 162 miliardi di prestiti garantiti dallo Stato con il Decreto Liquidità che rischiano di diventare un vero problema per le banche inizialmente e per lo Stato a seguire.

Di qui, a cascata, una serie di problemi per le persone e, soprattutto, per le banche che rischiano di trovarsi in pancia un grande quantità di NPL-Non Performing Loans (in italiano “crediti deteriorati”: prestiti la cui riscossione da parte delle banche è incerta).

KPMG stima complessivamente per la fine del 2021 e l’inizio del 2022 una cifra monstre tra i 50 e 100 miliardi di NPL e, se la forchetta è così ampia, significa che la stima si colloca sula parte alta invece che su quella bassa.

Un enorme problema per le banche italiane che avevano appena finito di liberarsi degli NPL della crisi 2008-2011. Sappiamo bene quanto il nostro rating internazionale dipenda dalle sofferenze delle nostre banche. E sullo spread generato da eventuali banche in crisi, non c’è effetto Draghi che tenga.

Evasione fiscale e previdenziale

Infine, i 107 miliardi di euro di evasione fiscale e previdenziale che, al 30 giugno 2020, ha portato il carico residuo delle cartelle esattoriali ancora da riscuotere a quasi 1000 miliardi di euro, di cui una parte preponderante relative al periodo 2001-2015, cioè praticamente prescritte.

Il principio di giustizia imporrebbe di superare i problemi organizzativi e riscuoterle tutte. Ma, bisogna essere pragmatici: quanto costerebbe tentare di recuperare cartelle scadute di cui tutti (se lo sapessero) potrebbero procedere facilmente per l’annullamento al Giudice di Pace?

Per questo l’importante sarebbe non drenare liquidità e offrire la possibilità al sistema imprenditoriale di ripartire senza le ombre di un passato ormai inesigibile.

«Quanto poi alla polemica sul fatto che le tasse le pagano solo dipendenti e pensionati – rimarca il presidente di Confassociazioni – varrebbe la pena di leggere l’audizione dell’Agenzia delle Entrate del settembre scorso alla Commissione Finanze della Camera. Un testo dove viene affermato che i contribuenti con debiti residui da riscuotere sono circa 17,9 milioni, di cui 5,5 milioni sono società o partite IVA, e 12,4 milioni sono dipendenti e pensionati».

«Come dire che l’azionista di maggioranza quantitativo dell’evasione fiscale dal punto di vista delle cartelle non sono le partite IVA, ma quelli che dicono che le tasse le pagano soltanto loro. Tra le tante distopie informative del mondo pandemico, un’altra verità da far venire alla luce», ha concluso Angelo Deiana.