A Roma la prima retrospettiva in Italia dell’artista Rogelio López Cuenca, a cura di Anna Cestelli Guidi prodotta dalla Real Academia de España en Roma e Acción Cultural Española AC/E, in collaborazione con la Fondazione Baruchello.
Da lunedì 26 aprile alla Fondazione (link – via del Vascello, 35) e da martedì 27 aprile 2021 alla Real Academia (link – piazza San Pietro in Montorio, 3).

Fino al 13 giugno 2021 i visitatori troveranno 16 opere fortemente rappresentative dei lavori dell’artista andaluso e del suo legame con Roma nato durante il soggiorno all’Accademia e realizzate tra gli inizi degli anni Novanta e oggi.
Pitture, installazioni, video, testi editoriali illustrano alcune delle problematiche fondamentali e ricorrenti nella ricerca di López Cuenca, quali il viaggio, le politiche migratorie, la memoria storica, la speculazione urbana e la spettacolarizzazione della cultura in funzione del turismo, nel tentativo di sovvertire l’ordine costituito e aprire gli occhi sul “capitalismo delle immagini”.
L’esposizione si articola in tre sedi: il nucleo più sostanzioso dei lavori sarà esposto negli spazi dell’Accademia di Spagna sul Gianicolo, dove verranno eccezionalmente aperti al pubblico anche la terrazza-giardino e lo spazio di co-working, due opere alla Fondazione Baruchello a Monteverde e nello spazio pubblico della Città di Roma.
Norme di accesso
Per avere il via libera all’ingresso è obbligatorio indossare la mascherina e mantenere la distanza di sicurezza di almeno un metro per tutto il tempo di permanenza. Il numero di visitanti potrà essere contingentato per garantire il rispetto delle distanze. È prevista la misurazione della temperatura con termoscanner e non sarà ammesso l’accesso nel caso venisse rilevata una temperatura uguale o superiore a 37,5 gradi centigradi.
Prenotazioni
Per la visita alla mostra presso la Academia de España, dal martedì al venerdì dalle ore 14 alle 18, sabato e domenica dalle 10 alle 18, prenotazioni tramite mail: prenotazioni@accademiaspagna.org | Telefono: +39 06 5812806. Prenotazione obbligatoria sabato e festivi.
Per la visita presso Fondazione Baruchello, dal lunedì a al venerdì dalle ore 16 alle 19 (chiuso il sabato e la domenica), tramite mail: info@fondazionebaruchello.com | Telefono: +39 065809482.
Il percorso della mostra nei suoi tre nuclei espositivi
(testo descrittivo a cura di Anna Cestelli Guidi, curatrice dell’esposizione)
Real Academia de España en Roma
Nella prima sala, all’entrata del percorso espositivo, per sottolineare il ruolo principe della dimensione poetica nel modus operandi di López Cuenca ci troviamo di fronte alla grande installazione di poesia visiva, Dichterisch (1994).
L’opera è esemplare di quel procedimento di détournement poetico-visivo che è proprio della sua strategia artistica: citando un famoso verso di Hölderlin (“poeticamente abita l’uomo”), López Cuenca condensa il paradosso del mito romantico dell’abitare con l’urgenza abitativa, la cui controparte visiva è il collage/montaggio a parete del verso di Hölderlin costruito attorno a un piatto del Fondo Monetario Internazionale.
Nella stessa prima sala sono esposti i 10 manifesti del lavoro realizzato in collaborazione con Elo Vega nel 2018 per la metropolitana di Barcellona: Golden Visa.
Un’ulteriore edizione dei 10 manifesti è esposta nello spazio pubblico della città negli appositi contenitori pubblicitari, grazie alla collaborazione con il Comune di Roma.
Copiando la struttura iconografica di una campagna pubblicitaria, l’artista modifica il significato originale con l’inserimento di messaggi che ne cortocircuitano la lettura.
Si tratta anche qui di una manipolazione verbo-visiva per mostrare le contraddizioni esistenti tra la realtà della migrazione e la sua rappresentazione mediatica. Un’operazione di sabotaggio nei confronti degli stereotipi visivi relazionati alla pubblicità, ai mezzi di comunicazione e ai sistemi bancari.
Come scrive l’artista: “Il predominio delle immagini nella pubblicità contemporanea ha colonizzato completamente i discorsi comunicativi: dall’informazione alla politica. Rompere il gioco di specchi che ci circonda, che ci costituisce, passa per interrompere, ostacolare, ostruire il flusso e il consumo costante e assoluto di queste immagini che cercano di occupare il luogo stesso della vita.”
Nella seconda sala della mostra troviamo la doppia videoproiezione Walls (2006), realizzata in collaborazione con Elo Vega e Rafael Marchante. Un muro taglia in diagonale lo spazio, sulle sue due facce –Walls appunto- sono proiettati due video in sync.
Walls è una doppia installazione costruita a sua volta come un doppio testo: da un lato sono proiettati i filmati delle videocamere di sicurezza della infame “valle della vergogna” della città di Melilla, sotto cui scorrono i dati di un canale televisivo dedicato all’informazione finanziaria; dall’altro lato vediamo le immagini video degli spazi di frontiera di Tijuana e Melilla sotto cui scorre la doppia lettura (traduzione in castigliano ed inglese) del poema di Kavafis, Mura, i cui versi montati nell’originale greco anche sulle pareti dello spazio espositivo ci racchiudono e ci incalzano.
Senza riguardo, senza pudore né pietà,
m’han fabbricato intorno erte, solide mura.
Ed ora mi dispero, inerte, qua.
Altro non penso: tutto mi rode questa dura
Sorte. Avevo da fare tante cose là fuori.
Ma quando fabbricavano come fui così assente?
Non ho sentito mai né voci né rumori.
M’hanno escluso dal mondo inavvertitamente
Costantino Kavafis, Mura.
“La poesia di Kavafis acquista così senso in un contesto e con una intenzione totalmente diverse da quelle originarie e nonostante ciò, nell’espressione della sua più intima disperazione, è capace di portarci nel luogo dell’”altro”. Rogelio López Cuenca.
Segue, nella terza sala a piano terra dell’Accademia l’installazione site-specific Marca Picasso (2010-2020).
Marca Picasso è un progetto in corso dal 2010 che si arricchisce di volta in volta in relazione alle città dove viene presentato, per mostrare come la creazione artistica e culturale svolga sempre più un ruolo fondamentale nel processo di conversione delle città in “città marca” del mercato turistico globale. Il paesaggio urbano si sta trasformando velocemente per attrarre turisti e investitori con effetti purtroppo noti: la turisticizzazione e la museificazione, la gentrificazione, la speculazione, la distruzione di strutture invecchiate e l’espulsione dei residenti. È un processo di gentrification che corre in parallelo alle crisi migratorie causate dalla società del capitalismo globale in cui viviamo.
Concepito originariamente per Malaga, città natale di Picasso e la cui “picassizazione” ne fa un caso paradigmatico, questo processo può tuttavia applicarsi a molte altre città quali Barcellona, Parigi ed infine anche Roma, dove Picasso soggiornò alcuni mesi nel 1917 mentre lavorava alle scene e ai costumi del balletto Parade per il Teatro dell’Opera.
Si tratta di una parodia, che si snoda come un saggio visivo con la presentazione di un archivio di testi, immagini, fotografie, articoli di giornali e materiale audiovisivo (alcuni veri, altri prodotti ex professo) collegati alla figura di Picasso e che sottolineano l’onnipresenza dell’immaginario legato all’artista malagueño.
Nell’ultima sala a piano terra entriamo nell’installazione multimediale Las Islas (2019) realizzata in collaborazione con Elo Vega combinando molteplici tecniche tra cui perfino la stampa tessile.
«[…] Essendo io ne la barca presi una Camballa belissima, la quale il signor armirante mi donó; la quale avendo io ne la mia camera, essendo nuda secondo loro costume, mi venne voglia di solaciar cum lei. E volendo mettere ad execuzione la voglia mia, ella, non volendo, me tractó talmente cum le ongie, che non voría alora avere incominciato. Ma cosí visto, per dirvi la fine de tutto, presi una corda e molto ben la strigiai, per modo che faceva cridi inauditi, che mai non potresti credere. Ultimate, fussimo de acordio in tal forma, che vi so dire che nel facto parea amaestrata a la scola de bagasse. […]» Da Lettera di Michele de Cuneo [28 ottobre 1495]
L’installazione multimediale è concepita come un saggio visivo dove López Cuenca rilegge criticamente alcuni testi e stampe storiche relazionate con la “scoperta” dell’America, tra cui la lettera infame di Michele da Cuneo del 1495, per mostrare come lo sguardo coloniale patriarcale sia divenuto il dispositivo di controllo e di proiezione della soggettività tramite le rappresentazioni europee stereotipate della natura sin dal secolo XV, e come quello stesso sguardo è lo stesso che ancor oggi vige nelle fantasie sessuali e razziali dell’industria turistica del nostro secolo.
“Nell’industria turistica contemporanea vive l’aspirazione alla consumazione di una doppia fantasia coloniale: quella della scoperta e quella della libertà totale, senza freni, il potere assoluto – il tutto incluso – sopra i beni e la vita, sopra i corpi e le terre vergini”.
Rogelio López Cuenca
Al primo piano dell’Accademia, nella bellissima Sala Studio che si affaccia con un panorama mozzafiato sui tetti della città, è installato Mappa di Roma (2006-2007), il progetto realizzato nel 2007 con la Fondazione Baruchello. Qui il sito web costruito collettivamente con gli studenti partecipanti al IV Seminario di Ricerca e Formazione della Fondazione Baruchello viene ampliato in una nuova versione site-specific e multimediale.
Mappa di Roma si inscrive all’interno di una serie di lavori di rilettura critica delle città intrapresi da inizi anni Duemila in diverse città dell’America Latina (Valparaiso, Matarò, Lima o Città del Messico), in collaborazione con gruppi di artisti, residenti, militanti di associazioni cittadine e studenti, interessati al recupero della memoria storica e all’elaborazione di proposte di rilettura di determinati episodi e/o aspetti esclusi e relegati dalla Storia ufficiale.
Si tratta di progetti di pedagogia collettiva orientati alla produzione di cartografie alternative (“altercartografie”), aperte a una “narrazione altra” che vuole minare il potere di una voce unica e autoritaria, proponendo invece un testo polifonico, dialogico, che non rifugga dalle contraddizioni, ma che al contrario le evidenzi.
Sullo stesso piano la sala conferenze dell’Accademia è trasformata in una Sala Cinema dove vengono proiettati in loop 3 lavori video sempre degli anni Duemila: Canto VI (2005), Calor Humano (2008) e Historia de dos ciutades (2010).
All’esterno della Real Academia de ESPAÑA la mostra prosegue con altri due lavori site-specific: sulla parete esterna della terrazza-giardino che si affaccia sulla città l’artista installa la grande mappa fantastica (3 per 7 metri) Que surja del 1991, riprodotta per quest’occasione.
Pensato come opera pubblica in occasione della commemorazione del V centenario della Scoperta dell’America, Que surja è un murale dove l’artista smonta e ricostruisce la scrittura di un verso del poeta cileno Vicente Huidobro (1893-1948) dislocandone le parole come fossero i nomi di luoghi geografici di una mappa immaginaria: la mappa utopica e surreale di un mondo al contrario.
L’altro lavoro che delimita invece il chiostro centrale dell’Accademia è l’intervento con nastro di segnalazione Do not cross. Art scene del 1991. Lavoro site-specific, spesso installato nello spazio pubblico, Do not cross. Art scene pone in questione il sistema istituzionale dell’arte e la sua presunta autonomia nonché la centralità che i valori di originalità e genialità hanno ancora nel mondo dell’arte.
Fondazione Baruchello
La mostra continua nella vicina sede della Fondazione Baruchello a Monteverde con due lavori importanti.
Il primo è l’installazione site specific No/W/Here (1998-2004), un lavoro che dietro al calembour del titolo si svolge tutto nella dimensione linguistica del gioco di parola, assonanze e traduzioni.
Si tratta di un esperimento verbo-visivo che si snoda sulle pareti dello spazio espositivo della Fondazione per tracciare una cartografia alternativa all’ordinaria esperienza del viaggio, a partire dalla sua esperienza più abituale e domestica: il tragitto in metro.
Il gioco di parole tra il percorso utopico (nowhere), il qui ed ora (here e now) ed il “no”, intende provocare l’immaginario egemonico e dimostrare come si costituisce la differenza a costo dell’esclusione.
All’interno di questo “poema transitabile” incontriamo l’altro lavoro in mostra, la tripla video installazione Home Swept Hole (1993-2003). Nella deviazione semantica provocata dal gioco di assonanza fonetica del detto popolare “casa dolce casa” risuona e si evidenzia invece la problematica della casa e dell’abitabilità. Tramite il sapiente montaggio in sync dei tre video sono messe a confronto immagini del mondo pubblicitario con altre di carattere documentario e/o filmico a smascherare l’idealizzazione dello spazio domestico.
Opere esposte nello spazio pubblico
Oltre i 10 manifesti Golden Visa installati nei dispositivi pubblicitari offerti dal Comune di Roma, gli altri lavori esterni sono: Icarus (1994-2020), una raffinata ed ironica lettura del paesaggio contemporaneo installata sotto forma di segnale urbano sulla piazza davanti l’Accademia dove si può godere della splendida vista sulla città.
Icarus è una rilettura contemporanea del quadro omonimo di Peter Brueghel il Vecchio (1554-1555) e, come nella maggior parte dei lavori di López Cuenca, anche qui l’ironia è latente e subliminale. Come nel quadro di Brueghel, che dà il titolo a quest’opera, il paesaggio è più importante del mito: infatti Icaro è oramai sparito del tutto davanti alla spinta del paesaggio contemporaneo, un paesaggio definitivamente antropizzato e urbanizzato. L’opera di López Cuenca diventa così metafora della disumanizzazione che ha portato con sé l’incontrollato intervento umano nel paesaggio.
Ancora nello spazio pubblico saranno distribuiti i manifesti di Benvenuto (1998) e gli adesivi Phone (1991).
Entrambi i lavori sono esempi paradigmatici di quel “campo poetico espanso” che sulla scia delle modalità poetiche dei linguaggi delle avanguardie, quali il collage e il dètournement, porta l’artista ad appropriarsi anche di formati, tecniche e materiali “bastardi”, cioè poco ortodossi rispetto alle forme poetiche tradizionali. Phone è un lavoro seminale che rivela quanto sia essenziale l’appropriazione poetica del mondo da parte di López Cuenca, il suo sguardo poetico ancor prima che di artista visivo, e l’importanza della dimensione linguistica che caratterizza tutta la sua pratica artistica.