C’è chi capisce che con la diffusione delle varianti del virus, allungare l’intervallo tra dosi del vaccino anti Covid è un pericolo, ma in Italia adottiamo ugualmente questa strada

La prima ad allungare l’intervallo tra le dosi dei vaccini anti Covid-19 fu la Gran Bretagna, copiata dalla Francia. Buona ultima proprio l’Italia, proprio adesso quando la Terra d’Albione si accorge (e agisce di conseguenza) che aumentare il periodo tra prima e seconda dose favorisce le varianti più virulente del virus Sars-CoV-2. Varianti come la stessa “inglese” ma, soprattutto, quella “indiana”, la B.1.617.

Lo riassumo volendo essere breve: la logica sanitaria di Londra, adesso, è sbrigarsi a far completare il ciclo vaccinale prima di essere sommersi dai casi di infezioni scatenate dalle varianti. Riconosciuto come errore l’allungare a 42 giorni l’intervallo tra prima e seconda somministrazione.

Non si può aumentare la platea di mezzi vaccinati mentre il virus muta e diventa particolarmente veloce nel diffondersi.

In Italia invece si sbandiera l’estensione ai 42 giorni tra dosi – nel caso dei vaccini Pfizer-BioNTech e di Moderna – come ottima strategia per avere subito più vaccinati.

Ma sono vaccinati a metà! Protetti all’80% della potenzialità del vaccino, ma non completamente!

Da dove si crede che arrivi il “successo” infettivo delle varianti? Giunge da non vaccinati naturalmente, ma anche da persone-bersaglio semi-vaccinate. Il virus può colpire variando-evolvendo in forme che infettano più rapidamente… insomma, in forme che fanno più in fretta a diffondersi tra la gente.

Ricordo che sto usando un linguaggio sbrigativo, condensato, senza nessuna pretesa da trattato scientifico, ma che poggia su basi solide e su fatti.

Il dietrofront della Gran Bretagna – le premesse

Oltre Manica arrivarono a somministrare AstraZeneca addirittura tre mesi dopo la prima dose (90 giorni invece dei previsti 72-78). Le due somministrazioni per Pfizer e Moderna furono portate a 42 giorni fra di loro.

La Francia copiò il metodo:Questo ci consentirà di vaccinare più rapidamente senza ridurre la protezione – disse Olivier Vèran, ministro della Salute – così da poter aspettare l’arrivo di quasi due milioni di nuove dosi e non rallentare la vaccinazione di massa“.

Alla fine cosa disse il nostro ministro Speranza, a capo del dicastero della Salute, sui vaccini Pfizer e Moderna verso la prima decade di aprile?Aifa ha già espresso un parere in cui dà la possibilità di una seconda dose al 42esimo giorno. Si recuperano due o tre settimane e può essere utile in questa fase. È un passo avanti. Anche se ribadisco che la vera svolta è avere più vaccini: avere 50 milioni permetterà la vera accelerazione“.

La cosa è stata adesso applicata in Italia, anche se con dei distinguo. Nella Regione Lazio – e non solo – l’intervallo tra prima e seconda dose è stato portato a 35 giorni senza arrivare ai 42: hanno fatto uno “sconto vaccinale”, ma hanno comunque allungato i tempi moltiplicando la platea dei vaccinati a metà.

Tutti i paesi, chi lo ha fatto prima e chi ha copiato dopo, hanno scelto una rotta ben differente rispetto ai trial clinici, alle sperimentazioni cliniche, come sottolineato dalla stessa Pfizer: la Casa farmaceutica rimarca che il vaccino “è stato studiato per una seconda somministrazione a 21 giorni”, cassando l’allungamento della finestra per la somministrazione dei richiami, chiedendo di attenersi a quanto è emerso dagli studi scientifici necessari all’autorizzazione per l’uso come vaccino. C’è anche da sottolineare che la stessa Pfizer-BioNtech ha portato avanti alcuni studi clinici prevedendo un intervallo di massimo 42 giorni.

Per quanto riguarda il vaccino Moderna, nel riassunto delle caratteristiche viene descritto che nel corso dei trial clinici, “il 98% di coloro che hanno ricevuto il vaccino ha ricevuto la seconda dose da 25 a 35 giorni dopo la dose 1“. Comunque, è di 28 giorni l’intervallo di tempo raccomandato tra prima e seconda somministrazione.

Nonostante tutto questo, anche in Italia è stato fissato il vial libera – circolare 5 maggio 2021 del ministero della Salute – all’allungamento dell”intervallo dai 21 (Pfizer) e dai 28 giorni (Moderna) ai 42 giorni per entrambi.

Cosa che ha dettato sconcerto soprattutto per il caso delle persone che, dal punto di vista sanitario, sono definite “fragili“.

La ConFederazione degli Oncologi, Cardiologi e Ematologi-FOCE (link) è stata la prima a esprimere critiche nette a questo allungamento dei termini.

Pur comprendendone gli obiettivi, siamo molto preoccupati per la decisione del Comitato Tecnico Scientifico di estendere l’intervallo fra la prima e la seconda dose dei due vaccini anti Covid a mRNA da 21 e 28 giorni a 42 anche ai pazienti fragili – disse il 6 maggio 2021 il professore Francesco Cognetti, direttore Oncologia Medica al Regina Elena di Roma e presidente FOCE – I pazienti oncologici in trattamento attivo, in particolare, devono invece essere vaccinati con la seconda inoculazione entro 21 giorni. Le evidenze scientifiche infatti dimostrano che questi cittadini estremamente vulnerabili hanno meno probabilità rispetto alle persone sane di sviluppare una risposta anticorpale dopo la prima dose del vaccino prodotto da Pfizer (BNT162b2) e dovrebbero avere la priorità della seconda dose entro tre settimane”.

I cittadini colpiti da tumore presentano un rischio maggiore di complicazioni se contagiati da Covid, con un tasso di mortalità del 30% in caso di ospedalizzazione – aggiunse il professore Cognetti – Uno studio recente pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica ‘Lancet Oncology’ ha dimostrato che la risposta anticorpale dei pazienti colpiti da tumori solidi e del sangue dopo la prima dose di vaccino è molto più bassa che in persone normali e che tale risposta si consolida solo dopo la seconda dose. Il tempo migliore per il richiamo deve rimanere quindi dopo 21 giorni”.

Su tutta questa vicenda desidero aggiungere una nota polemica e arguta scritta da un collega, Claudio Caruselli, giornalista professionista. Lui non fa sconti a nessuno e vede la realtà in maniera netta, nuda e cruda, con le sue implicazioni pratiche.

“I politici, grandi esperti di psicologia di massa oltre che di medicina, seguono quest’ultima solo a comodo loro, finché non devono fare numeri:

1) Produrre una platea di semi immunizzati farà pure crescere il vostro pallottoliere, ma anche il numero di persone che credendosi ormai praticamente immuni faranno statisticamente e psicologicamente molto più di quanto avrebbero fatto prima della dose iniziale, dunque totalmente scoperti;

2) dato che estendete la platea di semivaccinati per avere più gente “vaccinata”, allora il famigerato (ma totalmente oscuro e mal comunicato) green pass dovreste estenderlo anche a chi ha fatto la prima dose no?

O l’operazione è valida solo per il suddetto pallottoliere e non per chi vuole (e avrebbe il diritto) di partire, di viaggiare, di vivere una vita un po’ più normale?

E comunque cambiare le date a chi l’ha già fissata, fatemelo dire, è pessima politica, non vi farà molto bene all’immagine, stupidoni”.

Il dietrofront della Gran Bretagna – conclusione e il ritorno a intervalli più brevi tra le somministrazioni delle dosi

La prima preoccupazione è sulla mancanza di dati certi sulla durata/quantificazione dell’immunità fornita da una sola dose, quindi dalla prima somministrazione, come sottolineato negli Usa da Anthony Fauci, infettivologo della Casa Bianca. Lo specialista aveva pure avvertito come il rischio poteva tradursi proprio in una minore protezione facilitando la diffusione di varianti del virus.

Comunque, cosa è accaduto il 14 maggio 2021? Il premier britannico Boris Johnson ha annunciato un’accelerazione dei richiami dei vaccini anti-Covid e delle prime dosi con l’allargamento della campagna agli over 40 per far fronte alla minaccia della variante indiana del visus, la B.1.617.

Il tutto nonostante i dati dell’8 maggio che davano una netta flessione dei casi di contagio Covid-19… stavano però innalzandosi molto quelli da variante indiana.

Quindi, protocolli di vaccinazione in fase di modifica in Gran Bretagna per fornire rapidamente le seconde dosi alle persone sopra i 50 anni.

Sempre Boris Johnson aggiunse infatti che focolai di contagi della mutazione indiana si erano allargati a Bolton, Blackburn, Derby e altrove, luoghi dove è stato deciso di fare test a tappeto. Il premier sottolineò pure che la variante indiana appariva “più trasmissibile, ma non sappiamo ancora quanto“.

In breve, stop alla fase dei “mezzi vaccinati” dovuti a tempi più lunghi nella somministrazione delle due dosi, riportando gli intervalli ai tempi originari e non più “diluiti”. Ma è cosa che sta accadendo in Gran Bretagna.

L’Italia invece continua a essere un paese provinciale che non fa tesoro delle esperienze di altri, che non tiene conto di chi, in altre nazioni, sta cambiando rotta di 180 gradi facendo tesoro di una fase più avanzata nel riscontro dell’impatto sanitario riguardo le varianti Covid.

Da buoni italiani sembra quasi che desideriamo giungere in ritardo, anche in questo caso. Non ci premuriamo (o meglio, sono i nostri vertici che non si preoccupano) di evitare soluzioni già in fase di abbandono da parte di chi le aveva già adottate.

Soluzioni cui rinunciare almeno per i più fragili e per gli over 50, per chi ha già preso gli appuntamenti e ha fatto già la prima dose sottoscrivendo il proprio modulo di consenso all’iter che prevede i 21 giorni di intervallo (non 35 o 42… mai firmato un documento del genere da parte dei vaccinandi).

Sul consenso sottoscritto dai “semi vaccinati” e dai vaccinati, voglio essere più preciso.

Nel modulo di consenso firmato da chiunque si sia fatto iniettare, per esempio, la prima dose del vaccino Pfizer, sta scritto: È previsto un richiamo ed è raccomandabile che la seconda dose sia somministrata 3 settimane (e comunque non oltre 42 giorni) dopo la prima dose per completare il ciclo di vaccinazione.

Se tutti scriviamo e parliamo in Lingua italiana e se per raccomandazione intendiamo l’espressione che ha lo stesso valore di quella stabilita dalle autorità quando raccomandarono la vaccinazione AstraZeneca ai maggiori di 60 anni e, poi, per il Jojnson & Johnson… per il vaccino Pfizer-BioNTech ci si dovrebbe attenere all’intervallo dose 1/dose 2 pari a 21 giorni:

  • un intervallo più esteso dovrebbe essere riservato solo a chi manifestasse l’intenzione di sottostare alla “diluizione” a 35 o a 42 giorni;
  • sarebbe lo stesso meccanismo non obbligatorio, ma facoltativo, di “raccomandazione” che prevede per i più giovani di 60 anni la possibilità di decidere autonomamente per la vaccinazione con AstraZeneca e Johnson & Johnson.

In caso contrario bisogna mettersi d’accordo sul significato da vocabolario del termine “raccomandazione”: non può avere pesi diversi e significati diversi a seconda delle situazioni. A questo punto, se due “pesi” devono esserci, sarebbe preferibile utilizzare due vocaboli per differenziare le due situazioni senza creare attuali e futuri, possibili equivoci, anche giuridici (potrebbero essercene) sui moduli di consenso già firmati.

8 commenti Aggiungi il tuo

  1. Avatar di loscribacchinodelweb Alessandro Gianesini ha detto:

    A me sfugge un passaggio:
    Ipotizziamo che la popolazione over 45 sia il 60% (in realtà, dati al 2020, dovrebbe essere uk 53,5%) e che l’efficacia vaccinale sia del 100% su chi ha “subito” la seconda dose, anziché il 97/98% come mi pare sia di fatto. Se ciò fosse, avremmo 36 milioni di “immuni” (cosa che non è) su 60 milioni di abitanti (arrotondamento).
    Se, invece, tutta la popolazione fosse “immune” all’80% sarebbe un corrispettivo di 48 milioni di immunizzati.

    Ora, non sono un genio in matematica, quindi potrei anche sbagliare, ma dov’è l’errore di cercare di dare la prima dose a tutti, anziché completare i singoli?

    Detto ciò, aggiungo: un anno fa, senza vaccinazioni, nel periodo estivo la diffusione del contagio si arrestò e decrementò per via delle condizioni ambientali sfavorevoli, quindi, perché non adottare, per l’appunto una strategia di diluizione del vaccino in modo da tenere attiva la protezione all’approssimarsi dei mesi autunnali e un eventuale “ritorno di fiamma” della virulenza?
    Secondo me ha fatto tante cazzate nella gestione della pandemia, ma questa la ritengo l’unica sensata. E ho sentito molti medici di base che confermano la bontà della strategia e non solo i protagonisti mediatici.

    Dato sulla popolazione da qui: https://www.tuttitalia.it/statistiche/popolazione-eta-sesso-stato-civile-2020/

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    1. Avatar di Giuseppe Grifeo Giuseppe Grifeo ha detto:

      Alessandro ti rispondo (forse) come secondo commento perché per qualche mistero digitale non mi permette di dare una risposta diretta al tuo commento e non me lo ha segnalato neppure nella app (sto provando da questa in altra sezione… non so come e in che forma comparirò 😄).
      La situazione da maggio-giugno dell’anno scorso era favorevole perché eravamo usciti da pieno lockdown, dovuta a quasi totale mancanza di contatti interpersonali. I vaccini sì che non c’erano, ma chiusi fino all’arrivo di questi non si poteva stare: si commise l’errore di illuderci che l’isolamento ci avesse fatto superare la crisi peggiore e (semplifico) che l’andare in giro con le mascherine ci avrebbe protetto. Nei mesi estivi 2020 si era liberi, in giro in vacanza, in ristorante, una sorta di tornata normalità, anche se parziale e non totale. E non essendo istantaneo l’effetto contagio, ecco che tra settembre e ottobre la situazione è di nuovo peggiorata con nuovi picchi successivi e nuova emergenza. Per questa infezione influenzale, come fu a fine agosto 1918 con la seconda ondata di Spagnola (la più micidiale di quelle ondate virali), l’elemento determinante del contagio non è la tipologia di stagione (bella o brutta), ma l’effetto contatti (nel 1918 guerra in atto, diffusione maggiore dalle linee di combattimento, dagli ospedali militari ecc).
      Tornando a noi, a inizio 2021 è iniziata l’era dei vaccini.
      I test e le autorizzazioni si sono basati su prove sperimentali cliniche che hanno individuato periodi ottimali di somministrazione tra dosi: è l’unica discriminante per dare il via libera a questi strumenti e per definire i tempi ottimali di somministrazione completa. Altrimenti buttiamo all’aria tutti gli enti statali e sovranazionali di analisi, valutazione e autorizzazione.
      Sui dati di contagio in Gran Bretagna l’ho anche scritto che i numeri sulla diminuzione dei contagi sono incoraggianti e non di poco, ma sta salendo la preoccupazione sui contagi da variazioni del virus, soprattutto quella indiana.
      Le variazioni hanno successo perché, come ho scritto e come da loro indicato, rendono il virus più rapido nell’infettare e nel diffondersi: bersaglio principale naturalmente i non ancora vaccinati, ma altro bersaglio sono i vaccinati a metà, coloro il cui sistema immunitario non è stato sollecitato al massimo previsto dai vaccini a ciclo completo.
      Per questo Boris Johnson ha deciso di far riformulare i protocolli vaccinali e ridare un’accelerazione alle seconde dosi battendo sul tempo le più veloci capacità infettive delle variazioni. Ripeto, il timore è che la velocità della “indiana” (per adesso questa, ma di variate non c’è solo lei) prenda il sopravvento, proprio mentre si allungano i tempi per avere vaccinati a ciclo completo. Cosa che inficerebbe il ciclo vaccinale con grande spreco: se ti dovessi infettare dopo la prima dose, dovresti passare la malattia fino a suo compimento finale (fausto o infausto); non più necessario fare la seconda dose, ma la prima diventerebbe automaticamente inutile essendoti beccato ugualmente l’infezione.
      La mutazione in varianti deve il suo successo alla rapidità colpendo non protetti o, in misura minore, coloro che non hanno ancora piena risposta immunitaria mirata.
      Il vero obiettivo non deve essere il numero in milioni generico di vaccinati (utile solo ai politici), ma deve essere il numero in milioni di vaccinati completi, soprattutto in uno scenario in cui si stanno manifestando le varianti.

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      1. Avatar di loscribacchinodelweb Alessandro Gianesini ha detto:

        E io che mi fidavo del CNR…

        https://www.cnr.it/it/comunicato-stampa/9876/covid-19-effetto-stagionale-molto-significativo

        Detto ciò, se la tua idea di vaccino è “non prendere e non diffondere la malattia”, parti col piede sbagliato: specialmente nel caso del COVID-19, il vaccino permette un decorso della malattia in maniera più soft rispetto alle possibilità di prenderla quando si è “scoperti” (almeno per la maggior parte dei soggetti) e questo era l’obiettivo, vale a dire abbasare la pressione sulle strutture ospedaliere.
        Inoltre aggiungo: visto che si vuole introdurre un elemento il “passaporto vaccinale” (non entro nell’argomento, ma non è che sia confortante una simile cosa) ciò sarebbe discriminatorio contro tutte le fasce d’età che, per scelta dall’alto, non hanno ancora ricevuto nemmeno la prima somministrazione, che, a conti fatti, è la più importante.

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        1. Avatar di Giuseppe Grifeo Giuseppe Grifeo ha detto:

          Sulla green card come l’hanno chiamata o passaporto vaccinale, sfondi una porta aperta, però strutture alberghiere, vettori aerei e altri devono pur capire chi può essere facile obiettivo per il virus e una “bomba virale” per gli altri: un vaccinato che è più protetto per sé e per gli altri, non è identico a un non vaccinato. Qui si gioca la corretta gestione di turisti, viaggiatori ecc per evitare di decretare la fine dei più esposti.
          Che il vaccino protegga totalmente nessuno lo ha mai scritto o detto, che protegga dalla malattia salvandoti dai decorsi più atroci si. Ma se allunghi il periodo da semi vaccinato senza seguire il ciclo temporale per il quale gli stessi vaccini sono stati approvati per garantire la massima espressione protettiva… qualcosa non torna, pur con tutte le rassicurazioni che hanno dato. Oltretutto, in periodo di varianti rapide al contagio, se il primo Paese ad aver diluito i tempi di somministrazione torna indietro su questa decisione, la cosa dovrebbe almeno far pensare. E nelle nostre autorità non vedo pensiero in questo senso.
          Non facciamo errori precedenti e non immaginiamo che da noi le varianti, a cominciare da quella indiana, non arriveranno o non saranno incisive perché siamo bravi a controllare gli arrivi dall’estero: ogni volta che pensiamo di farla franca per qualche aspetto, siamo poi smentiti dai fatti.
          Occorrono più cicli vaccinali completi per la protezione migliore. Il resto è solo propaganda politica per sbandierare numeri.
          Sull’effetto stagionale ho già scritto quanto dovevo, basandomi su quanto è accaduto sia per il Covid che per il remoto esempio della Spagnola. Oltretutto, al tempo del comunicato del cnr eravamo già messi male (di nuovo) e non da quel momento, ma da una risalita dei contagi e ricoveri partita timidamente a settembre 2029 poi inarrestabile, frutto dei contagi tra maggio e tutto il periodo estivo.
          Già ben assodato che il comportamento del Sars-Cov-2 non ricalca quello da normale influenzetta.
          Logico che da maggio 2020 i dati sui contagi furono di grandissima flessione: eravamo stati sigillati in casa per mesi! Come doveva diffondersi il virus se gli si era tolto l’umano veicolo ospite preferito? Per questo motivo fu dichiarata la fine del cosiddetto lockdown più serrato. Illusione di averla scampata e via poi a fare le vacanze.
          Fu quella misura di duro isolamento ad averla vinta, non perché si era nella bella o brutta stagione. Intanto, tra maggio e agosto sono partiti i contatti e i conseguenti contagi che hanno iniziato a manifestarsi con forza da settembre. Se non ricordo male, la curva dei contagi era già in accennata risalita proprio a fine agosto 2020 tanto che pensai subito all’atroce seconda ondata di Spagnola nella seconda metà di agosto 1918.

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          1. Avatar di loscribacchinodelweb Alessandro Gianesini ha detto:

            La variante indiana è molto più contagiosa, ma al contempo meno “letale”. Io spero solo che in futuro non faranno lockdown o vaccinazioni obbligatorie per le influenze sulla base di quello che sta accadendo, perché significherebbe paralizzare il mondo… e il mondo che si ferma è un mondo morto.

            Poi, vabbè, da quel che ho letto è ancora tutto da decidere sulla “profilassi” (termine ampiamente inesatto) da adottare anche in Inghilterra, perciò staremo a vedere.

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            1. Avatar di Giuseppe Grifeo Giuseppe Grifeo ha detto:

              Da quanto ho letto e leggo, non meno letale, ma letale tanto quanto: l’unica sua caratteristica è quella di diffondersi molto più rapidamente, anche del 50 per cento in più. Da qui la forte riduzione dell’intervallo tra le due somministrazioni del vaccino, dalle 12 alle 8 settimane… un terzo del tempo in meno. Non è cosa da poco, anzi

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