L’interpol a caccia di un libanese dalla doppia vita: sia informatore che protagonista del traffico internazionale di antichità rubate

Si tratta del cosiddetto avviso rosso accolto e diramato internazionalmente dieci mesi dopo che un tribunale penale di New York ha emesso un mandato di arresto per Georges Lotfi, 83 anni, accusato di possesso criminale di beni rubati e di possesso di manufatti depredati.

Per anni questo commerciante d’arte libanese ha aiutato gli investigatori a scoprire e a catturare i trafficanti di antichità. A un certo punto gli investigatori si sono accorti di un gioco che sarebbe stato fatto dal personaggio. Il metodo migliore per distrarre dalla propria attività criminale è quello di puntare il dito contro altri… in questo modo, per decenni, avrebbe agito Georges Lotfi.

Per anni il commerciante d’arte ha dato informazioni agli investigatori che cercavano antichità saccheggiate e ha persino fornito loro un diagramma disegnato a mano su come operano le reti internazionali di contrabbando. Nel 2018 fu una soffiata dello stesso Lotfi che portò al sequestro del sarcofago dorato di Nedjemankh dal Metropolitan Museum of Art, atto che permise di restituire il reperto all’Egitto.

Secondo quanto scritto e comunicato dagli investigatori, questo suo ruolo di informatore lo avrebbe reso talmente sicuro di sé da ritenersi al riparo da qualsiasi operazione investigativa, in una sorta di situazione di impunibilità. Questa la tesi.

“Ho combattuto con loro per dieci anni per fermare il commercio illecito e si sono rivoltati contro di me. Non sono un contrabbandiere. Sono un collezionista”, ha ribattuto Georges Lofti.

Tutto questo accadeva prima dell’attuale azione dell’Interpol.

Il mandato d’arresto emesso contro Georges Lotfi dal Tribunale di New York (3 agosto 2022)

Da sottolineare che il mandato è una richiesta non vincolante alle forze dell’ordine di tutto il mondo affinché individuino e arrestino provvisoriamente il latitante. Non è un mandato d’arresto e non richiede al Libano di arrestare Georges Lotfi.

I funzionari hanno sottolineato che la magistratura americana ha inviato il caso che riguarda Lotfi alle autorità libanesi chiedendo di esaminarlo e di monitorare il sospettato.

Secondo quanto rilevato dalle autorità statunitensi, il libanese dovrebbe aver avuto un ruolo chiave nel traffico di antichità saccheggiate in Medio Oriente e in Nord Africa, attività svolta per diversi decenni. 

Il mandato di cattura è lungo 36 pagine ed è stato emesso dal Department of Homeland Security e dagli assistenti procuratori distrettuali di New York, Taylor Holland e Matthew Bogdanos, ben noti alle autorità italiane e ai nostri Carabinieri TPC per le tante operazioni che hanno permesso di riportare in Italia opere d’arte e reperti trafugati dalle nostre regioni.

Secondo le autorità nordamericane, alcuni dei pezzi sospetti più interessanti entrati nella rete del traffico gestito da Georges Lotfi sono stati:

  • la Testa di toro di Steinhardt proveniente dal tempio di Eshmun (vicino al fiume Awali, 2 chilometri a nordest di Sidone, Libano sudoccidentale);
  • il Mosaico con una personificazione di Ktisis che era finito al Metropolitan Museum di New York;
  • poi il Mosaico di Ifigenia e Oreste;
  • infine, la divinità di Cirene (nell’ambito della documentazione di Morgan Belzic, ricercatore della Ecole Pratique des Hautes Études in Paris – classificazione Belzic 2017).

Prima dell’ultima evoluzione della situazione investigativo-giuridica, gli erano stati sequestrati un totale di 24 oggetti, inclusi 23 mosaici provenienti dalla Siria e dal Libano e una scultura in pietra calcarea scolpita dal peso di 680 chili denominata Palmyra Stone.
I singoli pezzi hanno ciascuno un valore che oscilla dai 20.000 ai $ 2,5 milioni di dollari.

“Credo che l’imputato pensasse di aver riciclato le antichità così bene e di aver creato una provenienza così buona (sebbene falsa) che non pensava che l’ATU sarebbe stata in grado di determinare la loro vera origine”.

Affidavit che accompagna il mandato di arresto di Lotfi redatto dall’investigatore speciale dell’HSI Robert Mancene – 3 agosto 2022

La lettera aperta di Georges Lotfi affidata al web

“Sono un farmacista, e sono nato nel 1940 con un virus più virulento del Covid 19: la collezione acuta. Dagli anni ’60 ho iniziato a collezionare e ho sviluppato una passione per l’antiquariato e ho gradualmente acquisito un’importante collezione di opere d’arte con una particolare affinità per i mosaici antichi e per l’alta qualità delle loro copie moderne, sempre prevalendo l’intrinseca cultura e il valore dell’opera, quindi il suo valore di mercato.

Devo avvertire direttamente i lettori, che le mie collezioni sono conformi alle leggi libanesi e internazionali (Regolamento n. 166/1933, Convenzione UNESCO del 1972, Decreto 3065 del 3/12/2016 corroborato dalla decisione del Ministero della Cultura n. 52 del 6 /4/2022).
Nel 1975 iniziò la guerra civile in Libano e i miei locali furono bombardati e alcuni pezzi distrutti, così decisi di portare via parte della mia collezione e metterla al riparo in Europa e negli Stati Uniti. Questo è stato fatto attraverso una compagnia di navigazione autorizzata, conosciuta in tutto il mondo”.

Inizia così la lettera di colui che è stato colpito dal mandato dell’Interpol dopo il mandato di cattura statunitense. Georges Lotfi ha scritto tutto e pubblicato online il 16 settembre 2022.

“Quando ho iniziato a collezionare negli anni ’60, le leggi non erano esigenti e l’acquisizione di oggetti antichi era una moda per molti libanesi istruiti.  Le case libanesi fino ad oggi contengono tesori!

Sebbene io sia principalmente un collezionista, ho dovuto vendere alcuni pezzi per poter coprire i costi di magazzino e sopravvivere con la mia famiglia in Europa”.

Lotfi riconosce di essere il proprietario della testa di toro in marmo multimilionaria descritta nell’affidavit e afferma di averla venduta decenni fa per 3.500 dollari alla Nefer Gallery di Frieda Tchacos in Svizzera. Descrive altre transazioni.

Il racconto di Lotfi si articola su diversi capitoli e descrizioni. Il personaggio argomenta in questo modo le sue ragioni, anche con richiami e immagini.
Questo il link per chi desidera leggerlo nella sua interezza.

“Recentemente ho contattato il consolato libanese a New York annunciando che volevo rimpatriare i reperti archeologici custoditi negli USA. Su questo Bogdanos si è infuriato e non ha trovato modo migliore per farmi pressione, che emettere un mandato di arresto contro di me e spostare i manufatti dal mio magazzino a Jersey City verso una destinazione sconosciuta”.

Il testo è lungo, articolato. Non saprei dire quanto comprovante.

C’è una sola certezza. A conclusione di tutto parleranno le indagini e saranno le decisioni ultime degli organi giudiziari a stabilire la verità.

Il regolamento libanese sulle antichità

Sottolineo che la prima legge libanese in materia di reperti archeologici, loro mantenimento, possesso e vendita, è il Reglement Sur les Antiquités, Arrêté No. 166 LR del 30 novembre 1933, norma poi rivista nel 1988 per adeguarne alcune sezioni.
Di seguito il testo del regolamento nella sua veste pubblicata a Beirut nel 1935.

Seguendo la descrizione nelle Disposizioni Generali al Capo I, all’articolo 1 del primo capitolo ecco la definizione di antichità:

  • Sono considerati antichità tutti i prodotti dell’attività umana, a qualunque civiltà appartengano; prima dell’anno 1700 (anno 1107 dell’Egira), Sono assimilati alle antichità e soggetti alle norme del presente decreto, gli oggetti immobiliari successivi all’anno 1700, la cui conservazione presenta un pubblico interesse dal punto di vista storico o artistico, e che saranno iscritti nell’Inventario Generale. Monumenti Storici in progetto 9 Art. 20.

Al capitolo 2, la questione della proprietà:

  • la vendita di antichità anche immobili (cioè monumenti) appartenenti a privati ​​è consentita se i proprietari rispettano le disposizioni del presente regolamento e sono stati iscritti nell’Inventario Generale o classificati (art. 74).
  • Le antichità mobili possono essere cedute all’incanto per decisione del tribunale o per vendita di beni immobili (art. 76).
  • Anche i beni mobili dello Stato possono essere venduti se “non presentano alcun interesse per le proprie collezioni” (art. 77) .

Al Capo II sul commercio e tutela – ai commercianti di antichità viene autorizzata la vendita di beni mobili antichi e ad avere diritti di proprietà su di essi se questi sono dichiarati e presentati dal commerciante al Dipartimento delle Antichità entro 3 giorni. Tutto questo serve per permettere allo Stato la possibilità di acquistarli, dopodiché vengono iscritti nel registro dei commercianti se il venditore e l’acquirente agiscono in buona fede e se gli oggetti manifestamente non provengono da scavi illeciti (art. 79).
Nessuno può commerciare in antichità senza aver prima ricevuto un permesso scritto dal Direttore delle Antichità, documento che lo autorizzi a farlo pagando una tassa annua (art. 81).
Un commerciante può trattare la vendita/scambio di antichità solo a un solo negozio (art. 83).
Ogni commerciante titolare di un’autorizzazione al commercio di antichità deve tenere un registro di tipo approvato dal Dipartimento delle Antichità in cui tiene un inventario sistematico e una descrizione completa delle antichità in suo possesso (art. 88).

Il testo della norma prosegue con la definizione di questo registro che deve essere tenuto dai commercianti e di altri articoli che regolamentano questa materia.

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