Formule magiche e veri metodi medici dell’Antico Egitto sono elencati nel Papiro Ebers, dal nome del romanziere ed egittologo tedesco Georg Moritz Ebers, originario di Lipsia, che lo acquistò nell’area di Tebe nel XIX secolo. La Medicina nel Paese del Nilo era pratica sperimentata, accompagnata da inevitabili invocazioni al trascendente, un mondo che risale al 1.550 a.C. circa quindi 3.573 anni fa. Presenti indicazioni per confezionare pozioni e pomate come metodi contraccettivi o per curare l’impotenza e i disturbi dell’apparato genitale. Ma questi sono pochi tra i tanti esempi possibili che spaziano anche dalla cura dentale a quella degli occhi quindi per le frequenti congiuntiviti, passando per le unghie incarnite o come far rimarginare ferite da morsi di coccodrilli, per il trattamento chirurgico di ascessi e tumori, fratture ossee e ustioni. Non c’è traccia di chiarezza sulle funzioni dei reni.


Trattamenti e terapie che non erano esclusiva del Faraone, della sua famiglie e dei nobili e funzionari, ma a disposizione di tutti.
Un esempio giunge dai testi ritrovati e che riguardano l’antico villaggio di Deir el-Medina, vivevano e lavoravano operai e artigiani addetti alla costruzione delle tombe della Valle dei Re. Questi avevano diritto a tutti i servizi, medici con loro assistenti e trattamenti terapeutici compresi. Quindi, salari mensili in quantità di grano, vestiti e sandali, venivano riforniti d’acqua. Le famiglie vivevano con gli stessi addetti alle sepolture, quindi mogli e figli che avevano diritto all’assistenza dello Stato. I pagamenti per operai e artigiani continuavano anche quando erano assenti dal lavoro per malattia o per le terapie che dovevano riparare a danni subiti in incidenti di lavoro.
La Medicina dell’Antico Egitto per casi di impotenza? Ecco il rimedio
Il cuore era ritenuto il centro della circolazione sanguigna, ma non si limitava a questo. Come portatore del sangue e del rumore (la pulsazione) in ogni angolo del corpo, era responsabile della distribuzione di tutti i fluidi del corpo, quindi oltre al sangue anche il sudore, l’urina e lo sperma.
La soluzione medica per l’impotenza c’era. Per essere riportata in questo papiro doveva funzionare. Chi oggi ne avesse bisogno potrebbe replicare la ricetta.
Ecco quindi che bisognava preparare un unguento per ungere il pene. Gli ingredienti?
Tutto è incentrato sul Giusquiamo o Hyoscyamus (Solanacee con 11 specie diffuse in Eurasia e in Africa settentrionale) la più nota è l’Hyoscyamus niger-Giusquiamo nero. Volendo inserire una definizione tecnica, prendo quella della Treccani:
un’erba annua o bienne, coperta da peli biancastri, con odore sgradevole, acre; ha le foglie basali picciolate, le cauline semiamplessicauli, ovato-bislunghe, con grandi denti; corolla tubulosa, leggermente zigomorfa, gialla con reticolo violaceo e fauce violacea; frutto a pisside, con molti semi. È comune in Europa, Asia occidentale e Africa boreale; in Italia si trova nei luoghi ruderali; è anche coltivata, perché fornisce foglie e semi medicinali.
dall’Enciclopedia Treccani
In terapia sono state utilizzate soprattutto le foglie di g. (contenenti atropina, iosciamina, scopolamina e altri alcaloidi), con le quali si ricavavano estratti fluidi o molli, tinture e altre preparazioni dotate di effetto vagolitico.
Due prodotti hanno il nome olio di g.: uno è una miscela di estratto fluido di g. con olio d’oliva, è un liquido di colore verde intenso usato per uso esterno (analgesico locale ecc.); l’altro, olio di semi di g., è un liquido di colore giallo-verdognolo, ottenuto dai semi di g. per spremitura o per estrazione con solventi, privo degli alcaloidi del giusquiamo.
Da sottolineare che vagolitico sta per le proprietà dei medicinali che inibiscono l’attività del nervo vago o pneumogastrico, il più lungo dei nervi cranici e che attraversa il collo giungendo fino ai visceri, al torace e l’addome innervandoli – dalle fibre motorie viscerali stimoli al cuore, alla parete dell’aorta e dei suoi grossi rami, alle ghiandole e alla muscolatura liscia delle vie respiratorie, dell’apparato digerente e di una parte dell’apparato urinario.
Per ultimare la preparazione dell’unguento rinvigorente per l’organo maschile, al Giusquiamo si deve aggiungere salice, ginepro, acacia, giuggiolo, mirra, ocra gialla e rossa.
Con questo rimedio in quella civiltà sessualmente libera, per le donne molto emancipata, l’invito egizio a fare l’amore,“Vieni, passiamo un’ora felice”, diventava particolarmente carico di aspettative 😁.
Contraccezione? All’egiziana naturalmente
Nelle pratiche medico-salutari descritte nel Papiro Ebers ecco il primo spermicida di cui si ha evidenza nella storia umana. Si poteva utilizzarlo in combinazione con un un contraccettivo femminile “a barriera”.
La sostanza spermicida doveva impregnare un tampone di lana da applicare sulla parte. Da cosa era composta la preparazione? Miele, succo di dattero e petali di acacia. In breve, la fermentazione dell’acacia con produzione di acido lattico dava vita a un habitat sfavorevole per gli spermatozoi.
Vermi nell’intestino? C’era il rimedio
Nelle istruzioni mediche compare anche un trattamento per i vermi intestinali.
Cosa doveva fare il Medico?
Doveva cuocere i torsoli dei datteri e del Colocinto, Citrullus colocynthis o coloquintide, una pianta del deserto tipica delle aree calde del Mediterraneo, dell’Africa, presente pure a Pantelleria e nelle Eolie.
La cottura doveva avvenire nella birra dolce.
Dopo il medico doveva setacciare il liquido caldo per poi darlo da bere al paziente. Da somministrare per quattro giorni. Il risultato avrebbe portato all’espulsione dei parassiti.
La cosa si complicava in caso di infestazione umana da Verme di Guinea-Dragoncello o Dracunculus medinensis, causa dell’infezione Dracunculosi o dracontiasi che può portare forti dolori e febbre se nel proprio corpo sono presenti diversi di questi parassiti.
Sono vermi nematodi dalla lunghezza di 50-80 centimetri, che appaiono come corde di violino: maschio e femmina si fermano nel tessuto connettivo dell’addome, sotto al mesenterio; dopo che si accoppiano il maschio è come se si dissolvesse, mentre la femmina migra verso le gambe. Sulla pelle di queste e nei piedi provoca una vescica dalle sembianze di un piccolo tumore. Quando questa escrescenza si rompe, esce un liquido chiaro pieno di embrioni.
I medici egizi idearono un metodo per togliere questo verme, quello descritto nel papiro Ebers, sistema che poi fu seguito nel mondo per millenni: tagliare la vescica, agganciare il verme con un bastoncino che andava rigirato con molta cautela facendovi avvolgere tutto il parassita tirandolo fuori. Questa operazione era da fare con estrema delicatezza per evitare che il lungo verme si spezzasse lasciandone una parte nella gamba.
La struttura del Papiro Ebers
Insieme al Papiro Smith (1.600 a.C circa), testo egizio specializzato nella chirurgia della testa del corpo e degli arti nonché il primo nella storia del mondo dove si parla di cervello, il Papiro Ebers è estremamente particolareggiato e completo: descrive una medicina già specializzata per patologie e trattamenti. Sono 900 le essenze vegetali citate, in parte a noi conosciute.
Misura circa 20 metri di lunghezza per un’altezza del rotolo pari a circa 20/30 centimetri a seconda dei tratti. Argomenti suddivisi in 110 pagine/colonne: questo numero per gli egizi era di ottimo auspicio, portatore di una felice longevità.
Lo scritto, in caratteri Ieratici (geroglifico semplificato-corsivo, lettura da destra a sinistra) è databile al regno del Faraone Amenofi I, piena XVIII Dinastia, quella che espanse al massimo la sfera di influenza egizia dal Sudan alla Libia e alla Siria fino alla parte occidentale della Mesopotamia. Ciò non toglie che questo manuale medico sia una summa di conoscenze sperimentate e accumulate nel corso di parecchi secoli precedenti. Lo stesso stile del linguaggio in alcuni paragrafi riporta a oltre un millennio precedente, quando fiorivano le prime dinastie faraoniche. Inoltre, in alcuni capitoli compare anche la dicitura “gem-sen” che sta per “andato perduto”: diverse descrizioni e terapie dovevano essere state riportate da testi molto più antichi, ma parte dei contenuti mancavano.
La datazione è chiara perché delle 110 sezioni, nel retro della prima di queste fu tracciato un calendario con la data dell’elevazione della stella Sotis-Sirio nel nono anno del regno di Amenofi I: festa dell’anno nuovo, III mese di shmu, IX giorno, levata di Sodpu, IX anno di regno di Amenhotep I.
L’antico manuale medico conta 879 singoli testi per per 80 malattie/affezioni diverse con i loro trattamenti: inchiostro nero utilizzato per quasi tutti i testi, tranne sezioni in rosso che riportano misure, indicazioni, intestazioni.

Tanto per fare un altro accenno alla lingua e allo stile, la formula che apriva il capitolo sul cuore era questa: “Principio del segreto del medico: conoscenza del battito cardiaco e conoscenza del cuore”.
Tra le piante citate e utilizzate per varie affezioni:
- il Sesamo per contrastare l’asma;
- il Basilico per sostenere il cuore;
- Cumino e Cardamomo contro la troppa aria nello stomaco e per problemi importanti di flatulenza;
- il Tamarindo e l’Acacia nilotica (specie arborea appartenente alla famiglia delle Mimosaceae), come lassativi; con lo stesso effetto latte di vacca, grano e miele da mescolare e schiacciare per farne una poltiglia da setacciare e da cuocere, per poi assumerla quattro volte;
- Menta, Aglio e Ginepro fenicio o Juniperus phoenicea, tipica dell’Africa settentrionale, della Cirenaica e nell’area di Aleppo, per poter digerire meglio; stesso effetto cuocendo in olio Meliloto-Melilotus officinalis (famiglia Fabaceae o Leguminose) con datteri creando una sorta di cataplasma da spargere sul ventre;
- la Mirra per il mal di denti;
- Belladonna e il Papavero da oppio per calmare i dolori;
- Curcuma ed Henné per favorire la cicatrizzazione delle ferite;
- Coriandolo, Bryonia (pianta da fiore della famiglia delle zucche) e Miele insieme ad altri ingredienti non comprensibili, utili per il rimedio Sacro di Iside contro il mal di testa.
Ebers quando tradusse il testo in tedesco cercò di riorganizzare tutta questa sorta di enciclopedia medica egizia in questi capitoli:
- Invocazione agli dèi e formule da recitarsi nel momento in cui si presta la cura ad un malato;
- malattie interne e loro trattamento;
- prescrizioni per le malattie agli occhi;
- prescrizioni per le malattie alla pelle;
- prescrizioni per le malattie agli arti;
- prescrizioni varie;
- malattie delle donne e loro trattamento con annessi argomenti sull’igiene domestica;
- due trattati sul cuore e suo vasi sanguigni; affezioni chirurgiche e loro trattamento.
Dalle descrizioni scritte si comprende che le funzioni di alcuni organi erano praticamente chiare o quasi, almeno per l’individuazione dell’ossigenazione, come quando scrissero di aria buona e aria cattiva nel respiro: l’aria “entra nel cuore, nei polmoni e di lì nell’addome”.
Una formula ripetuta spesso dopo ogni rimedio: “Veramente eccellente; un milione di volte (ha avuto effetto)”.
Sulla presenza del cancro: “mali che divorano l’utero o il seno della donna”.
Per cauterizzare le ferite: “Fai attenzione al sangue… La tua lama dovrà essere scaldata nel fuoco e il sanguinamento non sarà copioso”.
Quando fu comprato da Ebers questo papiro era più lungo: finì danneggiato in alcune sue parti durante la Seconda Guerra Mondiale. L’ultimo spostamento noto per metterlo al riparo durante il conflitto fu quello che lo vide trasportare al Castello di Rochlitz, in Sassonia.
Comunque, Georg Moritz Ebers lo aveva già fatto riprodurre in un libro (1874), tanto che le parti mancanti sono comunque giunte a noi. A questo link la trasposizione fotografica del papiro.
In origine questo documento può aver fatto parte della libreria personale di un medico e comunque della raccolta di un tempio o di una Casa della Vita che per l’Antico Egitto era l’equivalente di una scuola e università insieme.
Il Papiro Ebers è conservato nella biblioteca dell’Università di Lipsia (link), in Germania.
