Italia campionessa europea e mondiale per l’esportazione di uva da tavola: quella del nostro centro-sud primeggia, tende a fare più delle mele trentine

Come raccontato dai dati di inizio 2023 l’Italia è il primo Paese esportatore di uva in Europa con 463.000 tonnellate, una posizione che si è ulteriormente consolidata quest’anno con il centro-sud che primeggia e tende a fare di più delle mele trentine nell’esportazione (in apertura foto di creativeart su Freepik).

Per la precisione, l’Italia è al terzo posto tra gli esportatori mondiali ma, nei fatti, è l’unica nazione produttrice di uva da tavola che sta sul podio dei primi tre.

Quando in questo ambito si parla di centro-sud Italia, si deve intendere prima di tutto la produzione della Puglia e quella della Sicilia. Seguono Lazio, Abruzzo e Basilicata.
In Puglia è appena nata una rete di comuni tradizionalmente legati alla produzione di uve, Noicâttaro, Aldelfia, Casamassima, Rutigliano, Turi, Mola di Bari, Castellaneta, Grottaglie, tanto per iniziare. Un bel progetto di sviluppo e pianificazione per il futuro.

Entrando ancora più nello specifico, grandi produttrici italiane sono le aree nelle province di Bari, Taranto, Barletta-Andria-Trani, Agrigento (l’unica a segnare un forte aumento +3,8% della produzione rispetto alla media 2019/2020) e Catania.

I dati sulla produzione di uva da tavola raccolti e riordinati da Ismea-Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare, evidenziano una forte concentrazione in Puglia e in Sicilia, con oltre il 95% della produzione nazionale realizzata in queste due regioni.

Chi ha visitato i campi a vigneti, quelli pugliesi e siciliani, sa benissimo di che prodotto si tratta, frutto di terreni particolari e diversissimi oltre che particolari, come quelli di origine vulcanica del Catanese.
Il beneficio di una particolare insolazione delle terre che si trovano a Meridione, su colline e rilievi più pronunciati, spesso sotto l’influenza marina, permette di avere un’uva profumata e dolcissima, succosa, sempre che non si creino sbilanciamenti eccessivi nel clima, fattori che possono provocare anche ritardate maturazioni, come accaduto nel 2022 per la siccità e le alte temperature.

Dei 47.000 ettari italiani a uva da tavola, una fortissima concentrazione è quindi in Puglia e Sicilia. Negli ultimi cinque anni è iniziato anche un processo di sostituzione dei vecchi impianti a varietà tradizionali con i nuovi vigneti di varietà apirene, l’uva senza semi, tanto per essere chiaro a tutti.

Sono cambiamenti che hanno variato anche la ripartizione produttiva tra le province:

  • lieve calo degli investimenti nella provincia di Bari;
  • al contrario, incrementi del potenziale produttivo in Sicilia, soprattutto nella provincia di Agrigento.

Tra il 2018 e il 2022 il saldo delle aree vitate in produzione è comunque positivo, con un incremento di circa 260 ettari. Per i dati del 2023 bisognerà aspettare la parte finale dell’anno per permettere di disegnare un bilancio corretto.

Come sottolineato dalla stessa Ismea, tutta l’uva da tavola prodotta in Italia, solo il 37% viene assorbito dal consumo interno, del resto gli italiani ne consumano meno: nel 2022 la spesa delle famiglie, la spesa al dettaglio, è calata del 3,2%, anche per l’innalzamento dei prezzi al dettaglio (+8,3%).

La maggioranza della produzione di uva da tavola, pari al 46% circa, è destinata alle esportazioni:

  • i paesi dell’Unione Europea assorbono l’87% delle nostre esportazioni;
  • Svizzera e Regno Unito, ciascuna acquista il 5 del nostro export.

La parte di prodotto avviata alla trasformazione in succo è pari a circa il 15% del totale.
La quota rimanente (2% circa) è costituita dalle perdite lungo la filiera e dal prodotto ritirato dal mercato per stabilizzare l’offerta.

I tre maggiori importatori di uva da tavola italiana in Europa sono Germania (31% con 330.000 tonnellate per anno), Francia (18%) e Polonia (9%).

Fuori dall’Europa, chi compra la nostra uva?
I paesi del Golfo, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti, la desiderano tanto.
A seguire gli Stati Uniti.

Le spedizioni verso l’Europa e verso il mondo si concentrano annualmente tra giugno e dicembre.

A livello di classifica mondiale, l’Italia è il terzo esportatore mondiale – ne esporta per circa 738 milioni di euro -, ma potrei definirla la prima nazione produttrice a vendere nel mondo.
Perché faccio questa affermazione?

Nell’esportazione l’Italia viene preceduta dal Perù, che ha il 18% del mercato globale e dal Cile, a quota 14%, ma sono paesi che non producono, più che altro raccolgono/smistano/esportano prodotto di altre nazioni.

La cosa particolare è che il terzo posto l’Italia lo condivide con l’Olanda, anche questa non produttrice di uva, ma ha “solo” un fortissimo meccanismo di acquisto dall’estero e un’altrettanto forte organizzazione di esportazione/rivendita all’estero.

Le varietà più presenti nelle vigne, l’uva Vittoria, le varietà apirene (acini senza seme), Italia, Red globe, Palieri, Crimson Seedless, Pizzutello.

Sempre Ismea fa rilevare come l’offerta italiana sia ancora incentrata su “varietà storiche” come Vittoria, Palieri, Italia e Red Globe insieme a una disponibilità di nuove varietà di uve senza semi che, seppur in progressivo aumento negli anni, non è ancora adeguata in quantità rispetto alla domanda presente nel mercato.
Questo è il vero e proprio tallone d’Achille del nostro paese di fronte alla sempre più stretta concorrenza di nazioni emergenti che offrono “uve di elevata qualità, ben presentate e offerte ad un prezzo competitivo”.

Il settore deve stare molto attento visto che per quasi la metà dipende proprio dall’esportazione.

Come sottolineato in alcune interviste, in primis al Messaggero, da Mario Schiano Lo Moriello, funzionario e analista di mercato del settore agricolo ed agroalimentare per Ismea, “in 5 anni – prevede – il fatturato dell’export italiano potrebbe raggiungere quota 1,2 miliardi di euro, puntando a un aumento del 30% dei prezzi e del 20% dei volumi”.
Questo balzo in avanti evolvendo dal trasporto merci tradizionale, quello che fino a oggi predomina, su gomma. Le prospettive sono per esempio i voli refrigerati di Poste Air Cargo (Poste Italiane): bisogna considerare che inizieranno a decollare a settembre dall’aeroporto di Grottaglie, in provincia di Taranto verso Dubai, Istanbul, Tel Aviv.
Sarà compito di Lufthansa portare la nostra uva in nazioni più distanti nel mondo.

Un commento Aggiungi il tuo

  1. Avatar di 🌍 My pk world 🌎 Lobolopez ha detto:

    💯👋🇪🇦

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