Porti rancore? Per cosa?
Rancore? Solo se letteralmente tirato per i capelli.
Caratterialmente non porto praticamente mai rancore, ma sono esistite persone – correlate a fatti – che mi ci hanno portato.
Devono essere stati momenti in cui la mia famiglia è stata fortemente attaccata.
Oppure, istanti in cui la mia dedizione, la mia fiducia, la mia propensione a trovare giustificazioni per altrui azioni o moti dell’animo, devono essere stati traditi, mortificati.
In tutti questi casi avviene in me una profonda mutazione “genetica”. In genere sono persona riflessiva, tranquilla, accomodante, ma se qualcuno oltrepassa l’estremo limite, scarico l’energia accumulata tutta in un colpo.
Erigo una sorta di invalicabile grande muraglia cinese mentale e d’animo. Escludo per sempre la persona che relego a meno di nulla. Mutuando dal Siciliano, potrei dire a un personaggio simile, “si nuddu ammiscatu cu nenti” che sta per “sei nessuno mescolato col nulla”. Per un figlio della Trinacria è lanciare (o ricevere) la massima offesa. Come dire che non hai alcun valore.
Annullamento. Condanna definitiva.
Mi è capitato tre volte in vita mia.
Sensazione sgradevole, ma liberatoria da un peso che nella mia esistenza non deve stare.
