Il Romanticismo ottocentesco e uno dei suoi più grandi protagonisti, Alessandro Manzoni, autore dell’indimenticabile romanzo I Promessi Sposi che contiene molte pillole di saggezza e di considerazioni sulla vita umana. Una di queste è sulla ragione e sul torto, i confini che li dividono.
«[…] la ragione e il torto non si dividono mai con un taglio così netto che l’uno stia tutto da una parte, e l’altro tutto dall’altra».
Una delle formulazioni di questo periodo nei Promessi Sposi
La frase è contenuta nella particolareggiata descrizione di Don Abbondio nelle pagine dei Promessi Sposi. Personaggio pieno di pecche, per molti versi vile perseguendo il quieto vivere a ogni costo, ma con una condotta che pescava dalla realtà dei fatti sulla distinzione ragione-torto:
«[…] la sua condotta era ragionevole anzi la sola ragionevole e onesta. Quando poi si vide in virtú di questa sua buona condotta, costantemente al coperto dalle offese altrui, pensò come accade, ad attaccare, e divenire un rigido censore delle azioni e degli uomini che non tenevano la sua condotta, quando però questa sua censura potesse esercitarsi senza alcuno anche lontano pericolo.
Chi era stato percosso e non era in caso di far vendetta era almeno almeno un imprudente, un ammazzato era certamente un torbido e se non lasciava parenti irritati della sua morte, era un birbante, ma chi aveva commesso un omicidio poteva essere certo che D. Abbondio non gli avrebbe mai trovato un difetto.
Quello poi che più gli dava collera era il vedere qualcuno dei suoi confratelli pigliare le parti di un debole, difenderlo contro una soperchieria. Questo chiamava egli un comprarsi le brighe a contanti, un volere addirizzare le gambe ai cani. I potenti, i ricchi, i facinorosi, i protettori, i protetti, insomma i vittoriosi d’ogni genere erano per lui uomini d’oro, e ne parlava sempre col miele alla bocca. E se qualche seccatore trovava da apporre ad alcuno di questi, mettendo il discorso sopra qualche grossa bricconeria commessa da alcuno di questi grandi galantuomini, D. Abbondio si metteva a declamare contro quel vizio di pretendere che gli uomini siano perfetti.
E quanto a quelli che avevano sofferto di quella bricconeria, egli sapeva trovar loro qualche torto, il che non è mai difficile, perché tra lo scellerato e l’onesto, la ragione e il torto non si dividono mai con un taglio cosí netto che l’uno stia tutto da una parte, e l’altro tutto dall’altra. E sigillava sempre il discorso col suo assioma favorito, proferendo il quale rifletteva con compiacenza sopra di sé: e l’assioma era: che ad un galantuomo che vuol vivere quieto, che sa stare pel fatto suo, non accadono mai brutti incontri […]».
Alessandro Manzoni – Gli Sposi promessi, Capitolo I, Tomo I
In Amore e non solo, ragione e torto vivono molto nelle sfumature, non sono del tutto presenti in una sola delle parti in contesa (se così posso dire). Se un tradimento di qualsivoglia genere è stato compiuto, meglio trovare i punti scatenanti, illuminarli, piuttosto che emettere semplicemente una sentenza a carico di uno dei contendenti. Serve per comprendere meglio, anche per imparare e per non commettere – e a scongiurare – futuri errori.
Cosa ne pensate?

La perfezione non esiste. Stigmatizzare soltanto l’altro ci porta al lato peggiore della natura umana. Altrettanto splendido, se ci trovassimo dalla parte del torto, riconoscere questo status e ammetterlo con serenità… e grandezza. Ma questa è un’altra storia che mi fa pensare a Jonathan Swift (Dublino, 30 novembre 1667 – 19 ottobre 1745), autore dei celebri Viaggi di Gulliver:
«Un uomo non dovrebbe mai vergognarsi di confessare di aver avuto torto: è infatti un po’ come dire che oggi egli è più saggio di quanto non lo fosse ieri».
Ma proprio sulla ragione, intesa con altra sfumatura, quindi come pensiero, amerei completare con Giacomo Leopardi che ci trascina in una formula di pensiero con tutt’altra e decisiva sfumatura. Semplifico tantissimo: pensiero, scienza e analisi dovute alla ragione, sono le cause dell’infelicità umana. La Natura ha una sua forza benigna e salvifica che dona potere all’uomo, la capacità di immaginare cui è sensibile soprattutto il poeta.
«La ragione è nemica d’ogni grandezza; la ragione è nemica della natura; la natura è grande, la ragione è piccola. Voglio dire che un uomo tanto meno o tanto più difficilmente sarà grande, quanto più sarà dominato dalla ragione; ché pochi possono esser grandi; e nelle arti e nella poesia forse nessuno, se non sono dominati dalle illusioni».
Giacomo Leopardi, Zibaldone (luglio/agosto 1817 – dicembre1832)
