C’è una remota area della Piccola Nube di Magellano, una galassia nana, dove brilla di mille colori uno spettacolo stellare. Splende come una ghirlanda di Natale, è l’ammasso NGC 602 che ha un anello di polveri dai colori arancione, giallo, verde, blu e che delinea i contorni di quell’area ricolma di stelle. L’immagine è stata ripresa dal telescopio orbitale James Webb combinandola con i dati del Chandra X-ray Observatory della NASA.


I raggi X rilevati da Chandra mostrano stelle giovani e massicce che illuminano la corona con il loro colore rosso. Questa luce ad alta energia viene sparsa nello spazio interstellare, i raggi X sono alimentati dai venti solari lanciati da quelle stelle.
Le stelle si trovano dentro una grande nebulosa di gas e polvere dai più svariati colori. Queste nubi sono modellate dall’energia stellare formando creste e picchi scuri di gas e polvere illuminati sul lato interno, mentre strati di nubi diffuse e traslucide li incapsulano.
Esternamente e internamente al gas si notano tantissime galassie distanti, alcune piuttosto grandi, ma sono osservabili pure alcune stelle a noi più vicine, grandi e brillanti.
Questo spettacolo dallo spazio, fatto di stelle, polveri, gas e radiazioni, avviene a circa 200.000 anni luce dalla Terra, in quella che è la Piccola Nube di Magellano, una delle galassie più vicine alla nostra Via Lattea.




Come tradurre in termini pratici la distanza di 200.000 anni luce di NGC 602?
Dire che quell’ammasso stellare sta a 200.000 anni luce vuol dire che la stessa luce e l’immagine di NGC 602 impiegano tutti quegli anni per arrivare fino ai nostri telescopi e alla Terra. È come dire che stiamo osservando un lontanissimo passato di quelle stelle, come in una sorta di viaggio nel tempo.
Mi spiego meglio con un’ipotesi al contrario.
Immaginiamo che nell’area di NGC 602 esista un pianeta abitato da esseri dotati di tecnologie avanzate. Questi, osservando nella nostra direzione e potendo scrutare nei particolari la superficie terrestre, noteranno solo l’inizio della storia dell’Homo Sapiens nel continente africano. Questo accadeva da noi 200.000 anni fa.
Se invece gli alieni presenti in NGC 602 fossero capaci di rilevare la sola presenza del globo terrestre e di captare eventuali segnali radio tecnologici… non potrebbero capire che noi esistiamo.
Questi lontanissimi extraterrestri potrebbero solo supporre che il nostro pianeta sia adatto alla vita, ma non avrebbero alcuna evidenza di un’esistente civiltà: le immagini sarebbero di 200.000 anni fa. All’epoca noi non avevamo tecnologie di trasmissioni. Al massimo modellavamo clave, facevamo punte di freccia con la selce, disegnavamo graffiti sulle pareti di roccia, fabbricavamo le prime capanne.
Una domanda sorge spontanea.
Quante volte avremo già individuato e osservato pianeti che sembrano avere caratteristiche giuste per lo sviluppo della vita e non abbiamo avuto modo di rilevare la presenza di civiltà?
Magari sono lì che vivono, commerciano, hanno città, colture agricole. Forse avranno già lanciato sonde nello spazio, forse hanno colonizzato qualche pianeta del loro sistema solare.
Non abbiamo modo di capirlo. Resta solo la fantasia.
Stiamo osservando immagini della loro preistoria.
