La solitudine perfetta di Stevenson

“C’è una compagnia anche più silenziosa della solitudine, che, se è ben compresa, è la solitudine divenuta perfetta”. Parole di Robert Louis Stevenson, edimburghese di nascita, scrittore, poeta e drammaturgo che chiuse la sua vita a Vailima, a quattro chilometri dalla capitale dell’isola di Samoa… ben lontano dalle nordiche campagne e dalle brume della Scozia.

Robert Louis Stevenson

Uomo non legato a un luogo preciso, ma desideroso di osservare, comprendere, scoprire ambienti, le loro storie. Riusciva in questo viaggiando spesso fra località più calde o termali dovendo sostenere la sua sempre precaria salute. La situazione alimentava la sue fame di conoscere (non aiutato dai continui malanni… eredità dal lato materno).

Sofferenza, gioco, ricordo dell’infanzia e immaginazione/fantasia erano i poli attorno ai quali si alternava la sua esistenza e che ne guidarono la voglia di conoscenza, di vita, di necessità espressiva letteraria.

La solitudine perfetta era quella che ricercava per riflettere, per leggere meglio i paesaggi, la gente.
Sembra essere in contraddizione con il desiderio di avventura e immersione nei luoghi, nelle popolazioni. Un contrasto che fu alla base di almeno uno dei suoi più celebri romanzi. Forse era una lotta con la solitudine in cui la malattia voleva legarlo. Trasformò in altro quell’isolamento dalle origini, da alcuni affetti iniettando altra vita.

Con le sue avventure nel mondo reale, conquistate una a una, Stevenson fece nascere il suo seme interiore.
Pubblicò tantissimo.

Solo per citare un’opera fra le tante, “L’Isola del tesoro” del 1883.
Spero l’abbiate letto, altrimenti lo consiglio. Farete una scorpacciata di pirati e tesori tornando indietro ad atmosfere che incantano e, soprattutto, hanno incantato i giovani, i ragazzi.

E che ne dite di un altro suo celebre scritto, “Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde”?
Un racconto in cui lo scrittore si rivelò emulo di Edgar Allan Poe e dove si fece largo, in formula narrativa e in anticipo su Freud, l’idea di sdoppiamento della personalità, la lotta/gioco fra conscio e inconscio.
Mi ha affascinato sin da bambino.

Con l’immaginazione distillata e resa concreta non poteva che sorgere “la solitudine divenuta perfetta”, quella che tace, che fa parlare l’anima.

Lascia un commento