Ottobre 1991, quando il Comune di Caltagirone voleva sfrattare lo storico Circolo dei Nobili per farne un bar

Accade spesso che il caso ci metta lo zampino. Mio padre stava riordinando delle carte nel suo studio e ha riscoperto la copia di una pagina di giornale risalente a un trentennio fa. Ho aperto il foglio ed è comparso un articolo del quotidiano L’Ora. Il pezzo riguardava Caltagirone. La data è del 24 ottobre 1991. La notizia è simile a tante altre apparse sulla stampa, l’ennesima volontà di un’amministrazione locale di cancellare un pezzo di storia del territorio per farci altro, senza trattative, non concordando un obiettivo comune. In breve, la municipalità calatina di quegli anni intendeva sfrattare il bisecolare Circolo dei Nobili o “Casino di conversazione e compagnia” per sostituirlo con un bar. Il Comune accampava diritti di proprietà sulla sede, un immobile del 1600, l’ex Corte capitanale del XVI secolo. L’intento rifletteva un consueto atto di “industrializzazione” di uno spazio storico per mutarlo in multiuso, compresa un’attività di somministrazione.

Quello che sorprende è la brutalità dello sfratto di una realtà con circa 200 anni d’esistenza senza passare – prima – per una soluzione condivisa. Oltretutto, il Circolo si era trasformato nel tempo in uno spazio di non più esclusiva nobiliare, ma aperto a professionisti e similari, personaggi ammessi dopo votazione di una commissione.

Il Comune mandò comunque un camion davanti alla porta del “Casino di conversazione e compagnia” per portare via l’antico mobilio e mandare fuori tutti, subito.
Questa era l’intenzione dell’amministrazione pubblica… ma non andò così. Si rividero in Tribunale.

Autore di quell’articolo del 1991 fu Gabriello Montemagno.

L’interlocutore intervistato come presidente dell’antichissimo Circolo dei Nobili di Caltagirone era il Conte Enrico Grifeo dei Principi di Partanna, fratello maggiore di mio padre.

Lo zio Enrico aveva con sé carte ben valide per contrapporsi legalmente al Comune, le stesse che negli anni Dieci del 1900 bloccarono don Luigi Sturzo, prosindaco di Caltagirone, che già all’epoca voleva trasferire al patrimonio comunale tutti i locali di quell’edificio del 1600.

Più in basso ho inserito la trascrizione dell’articolo. La faccio precedere da un mix fra i ricordi di mio padre sulla vicenda e alcune tracce/informazioni sui luoghi storici di Caltagirone coinvolti di riflesso.

Il Circolo dei Nobili nell’ex Corte Capitanale ha avuto una lunghissima storia, incastonato in un edificio che era di proprietà Grifeo in sua una porzione ai piani superiori che non si affacciavano sullo slargo.

La corte capitanale

La sede della corte capitanale, che fungeva inizialmente da archivio civico, sembra avere preso avvio nel 1587 con il contributo di Antonuzzo Gagini. Si tratta di un edificio istituzionale di un solo piano con un prospetto dominato dall’alternanza di porte e finestre, dichiaratamente riprese dalle incisioni di Sebastiano Serlio. Se l’appalto della costruzione e degli intagli è certamente legato agli epigoni della celebre famiglia, le paraste bugnate laterali farebbero propendere per un progetto redatto da qualche professionista al corrente di quanto si andava realizzando in area messinese.
L’edificio venne riciclato nell’Ottocento in “casino di compagnia”, una struttura analoga ai circoli di conversazione o agli elitari caffè dell’alta borghesie. In questo periodo si intervenne con un drastico progetto che ne accorciava l’estensione e spostava indietro l’angolo monumentale (ndR: per interventi di sistemazione della viabilità cittadina affidati a Gianbattista Nicastro. Si doveva ampliare via Vittorio Emanuele. Invece la Corte fu allungata dalla parte opposta abbattendo il campanile della chiesa del Crocifisso).
Sebbene soggetto a una reintegrazione, dopo le demolizioni dovute alla rinnovamento dell’architetto Giambattista Nicastro (1882), l’angolo della Corte Capitanale venne ricomposto rispettando gli elementi e le forme originarie. Nella parasta terminale si trova allocata una colonna libera di ordine corinzio, sovrastata da stemmi e da targhe. Questa concentrazione di emblemi civici e reali segnava un incrocio importante della città: lo snodo tra la piazza della sede giuratoria e la strada che conduceva al quartiere di San Giacomo.
da ID Lands-Le forme dell'identità (link)

Il nobile ambiente si apriva a fianco di quello che nel 1822 era stato inaugurato come Teatro Grifeo. Nella storia di quest’ultimo ci fu un cambiamento di nome, fu ribattezzato Teatro Garibaldi e poi, molti decenni seguenti, subì una dura ristrutturazione demolitiva che lo mutò disastrosamente in Galleria Sturzo (spiegherò perché il disastrosamente).

Il tempo è passato e per il Circolo dei Nobili è finita male.
Così male che è scomparso anche virtualmente. Rendetevi conto che tentando di cercarlo sul web, su Google, come “Circolo dei Nobili Caltagirone”, neppure l’AI del motore di ricerca ne trova tracce. Esiste solo come Corte Capitanale.

Teatro Grifeo/Garibaldi invece sul web ancora compare, Gogle ne recita brevemente la storia (link).

Geograficamente il Circolo e il Teatro Grifeo/Garibaldi/Galleria Sturzo vengono separati da via Duomo. Su piazza Municipio è il lato opposto a quello dove scende e si poggia la storica Scalinata Matrice o Scala Santa Maria del Monte. Dal largo si dipartono e confluiscono anche Corso Vittorio Emanuele, Corso Amedeo di Savoia. Si tratta del cuneo storico di Caltagirone, vicino alle Carceri borboniche, contornato da antichi palazzi.

Vengo adesso al destino disastroso del Teatro Grifeo poi rinominato Teatro Garibaldi: nel 1954 fu distrutto nel suo interno lasciando solo il guscio esterno originario. La parte demolita fu snaturata e riempita con strutture in calcestruzzo, con alte capriate in cemento. Tutto questo per farne una… galleria.
Eliminato quindi un grande tesoro culturale e della tradizione storica, un Teatro che era simile al Bellini di Catania, anche nella resa sonora, oltre che uno dei più antichi, grandi e acusticamente di gran valore per tutto il Sud Italia.

Immaginate se una cosa del genere fosse iniziata o accaduta in città come Palermo, Catania, Napoli, Roma, Milano. Sarebbe stata bloccata immediatamente da magistratura e dalle forze politiche, dal mondo culturale, da tutti. La rottura di un solo spalto avrebbe causato reazioni durissime, figuriamoci una demolizione completa.

A Caltagirone non è avvenuto, anzi l’opera di demolizione fu accelerata.
A nulla valsero le richieste di notizie sulla demolizione spedite dalla Prefettura di Catania il 27 marzo 1954 dopo le proteste della gente, poi ancora il 28 aprile, il 3 e l’11 giugno su sollecitazione del ministero dell’Interno.

Pure in questo caso, invece dell’appalto mirato a distruggere e a cementificare, si poteva trovare una soluzione che riportasse in vita lo storico teatro, tanto da poterlo anche adattare a contenitore di iniziative culturali, quelle poi ospitate dalla successiva “galleria”, anche la Ceramica di Caltagirone…

Fra le immagini inserite qui sopra il documento con cui il Conte Giuseppe Grifeo (nonno del mio bisnonno Enrico) dava ordini ad autorità ecclesiastiche, civili e militari di Caltagirone e territorio circostante come Sottintende. Il tutto in un linguaggio particolare con alcuni “sicilianismi”. Dal “Programma” per le celebrazioni dell’onomastico del Re si intuiscono i poteri di un Sottintendete.

Oggi tanta gente rivorrebbe quel Teatro cittadino, ma neppure all’epoca della demolizione molti concordavano. Così è nato un movimento, anche un gruppo sui social su Facebook “Ricostruiamo il Teatro di Caltagirone” (link) con Biagio Pace come calatino-propulsore dell’idea. È lo spazio web da dove ho preso le foto dell’antico interno teatrale, anche nei reperti visibili oggi, alcune planimetrie e antiche immagini fotografiche.

Immagini dal gruppo Facebook “Ricostruiamo il Teatro di Caltagirone” (link) – foto iniziali del 1954 all’inizio della demolizione interna del Teatro. Poi il gruppo del comitato, di personaggi che si impegnarono per una manifestazione alla Galleria. A seguire le immagini di porzioni degli spalti ancora conservate e le planimetrie di quel che era l’antica struttura o la pianta di platea e spalti nell’assegnazione dei posti prima di uno spettacolo

Questa battaglia di ricostruzione, se così posso dire, stava riprendendo vigore per l’opportunità data dai ricchi fondi del PNRR. Si immaginava e si chiedeva di considerare un progetto per ridare vita al Teatro com’era rivestendo l’attuale struttura cementizia con i resti dell’antico arredo. Naturalmente andavano completati con altri elementi resi simili alle antiche sezioni grazie ad artisti, ebanisti, scultori, pittori e artigiani. L’originale aspetto di tutta la struttura teatrale avrebbe potuto riprendere vita.

Anche questa seconda opportunità non ha trovato alcuna risposta istituzionale, a nessun livello.


L’Ora 24 ottobre 1991 – pagina 22

articolo di Gabriello Montemagno

Titolo: Il “casino” della discordia

  • Le immagini: inserite nel corpo del testo una foto del Conte Enrico Grifeo, presidente del Casino di conversazione e compagnia, poi il prospetto dell’edificio conteso. In alto nella pagina la foto fatta al custode del circolo (l’articolista non ne cita il nome)

Sommario – Il Comune di Caltagirone vuol sfrattare gli ultimi nobili. La battaglia iniziata circa 80 anni fa da don Luigi Sturzo (che la vinse solo a metà), riprende senza esclusione di colpi. Il 4 novembre primo appuntamento in tribunale

Attenzione – alcuni passaggi non sono leggibili per il danneggiamento della copia

CALTAGIRONE -Scandalo fra gli esponenti della ormai esigua nobiltà calatina. L’amministrazione comunale – da sempre scudocrociata – ha deciso di cacciare via il circolo dei nobili dagli storici locali della “loggia” (piazza Municipio) che occupa da 170 anni. Ed è pure passata a vie di fatto: alla fine del maggio scorso, il capo dell’Ufficio legale del Comune, l’avvocato Giacomo Vespo, si è presentato dinanzi al “Casino di conversazione e di compagnia” (questo il nome del blasonato circolo) con l’Ufficiale giudiziario, con un’ordinanza di sfratto e con un camion da servire, quattro e quattr’otto, per il trasloco forzoso di tutti i beni mobili dell’antico sodalizio.

Non fosse stato per il convinto ed immediato intervento del presidente del circolo, il conte Enrico Grifeo di Partanna che, pergamene e documenti alla mano, dimostrò all’ufficiale esecutore la legittima proprietà dell’immobile, a quest’ora i soci del “casino” sarebbero senza casa ed un’altra tradizione sarebbe cancellata.

Ma rimane, innanzi tutto, l’affronto: quel camion fermo in piazza con gli addetti pronti allo sgombero. «Quello che mi ha veramente indignato è il modo con cui tale sfratto si è tentato di eseguire», un trattamento che non si riserva
[…]
«nemmeno agli occupanti abusivi di case vuote. Vergogna!». Sono le parole di sdegno di un ottantenne socio del casino, l’avvocato Filippo Sasso, rappresentante di Italia Nostra nella città della ceramica. «Mi consenta di dire vergogna al Comune esecutore e obbrobrio per un onesto sodalizio dopo 170 anni di vita… Vergogna per la sconcertante volgarità esecutiva..:

cosi ha scritte in via la*t-p al sindaco. Ui ve. sionto, che
nan al m-
dienza fssati « .. étura per
11 4 novembre prossimo. Una data attesa a pie’ fermo dagli interessati di ambo le parti e con molta curiosità dal pettegolezzo cittadino.

Ma sarà soltanto l’inizio di una battaglia che si annuncia lunga e cruenta. Qualunque sia l’esito di questo primo grado di giudizio, nessuno dei contendenti sembra intenzionato a rassegnarsi. Il “casi-no” non solo non intende sloggiare, ma vuol far valere la legittima proprietà di quei locali.
Il Comune, dal canto suo, proclama l’appartenenza demaniale dell’edificio monumentale che ospita il circolo e ha già un suo preciso progetto di ristrutturazione e riutilizzo: una grande sala per mostre, una emeroteca, un ufficio informazioni, un giardino pensile con relativo ascensore, e financo un bar la cui improbabile gestione pubblica già tanta ironia stimola tra quei cittadini il cui spirito beffardo fu attivato – si ricorda – financo in danno del Duce.
Insomma, del “casino” il Comune vorrebbe fare una “Associazione culturale”, come recita la delibera di giunta. I progetto di ristrutturare […] già redatto dall’architetto Giuseppe Pagna…- e di uno stanziamento di un miliardo e 235 milioni.

Rispondendo per le rime all’indignazione del vecchio socio avvocato Sasso, il sindaco Francesco Failla, naturalmente Dc (corrente di Rino Nicolosi), dice che «quando gli uomini erano uomini e cittadini solleciti dei beni della comunità avrebbero lasciato i locali senza neppure costringere l’Amministrazione a fare ricorso alla Magistratura…». Non sappiamo quali precedenti storici si possano portare a conforto di questa tesi, tuttavia il concetto fondamentale del sindaco di Caltagirone è questo: «operare un recupero assolutamente necessario per la conservazione di quest’antico edificio cittadino che, scampato al terremoto del 1693, non scamperebbe certo all’ingiuria del tempo per una sua fruizione inoperosa e per un comportamento più causidico che razionale e civile». Come si vede, non si risparmiano colpi.
E non soltanto verbalmente.

Infatti, il conte Grifeo – 64 anni, cultore di storie patrie e di araldica, titolare di una nobiltà risalente ai normanni secondo l’enciclopedia Treccani, ma ancor più […] illustre, con ascenden […]
gli imperatori di Bisanzio […] è convinto di possedere armi invincibili.

Tanto che, oltre ad opporsi allo sfratto, ha incaricato il legale del Circolo, l’avvocato Maria Samperi, di presentare querela contro il Comune per esibizione di documento falso e, ancora, ha richiesto la restituzione di 45 anni di «indebito» pagamento di pigione, con relativi interessi.

Ma come, il Circolo da 45 anni paga la pigione al Comune? Allora questo magnifico edificio rinascimentale, costruito nei primi anni del ‘600 da Antonuzzo e Giandomenico Gagini, è davvero di proprietà del Comune! E invece no, secondo il presidente del “Casino di compagnia”. Il nodo legale da sciogliere è proprio questo.

Sul lambiccato caso giuridico, nei salotti bene cittadini e nei vecchi saloni del Circolo con i grandi specchi ottocenteschi, i giornali attaccati alla stecca di legno e il tavolo da biliardo in derelitto riposo, si esercita la dialettica […] … mi aristocratici de… […] tre al Grifeo dei Principi di Partanna, i soci […]
…giore dei baroni di […] …bara, Franz Ja… […] 45 anni abbian… […]
pigione al Comune […] però l’ottenne con astuzia e sotterfugio.

Questo contratto di affitto, nel 1945, fu stipulato da a un presidente del sodalizio che era dipendente del Comune, stabilendo una pigione di 12 mila lire l’anno (oggi sei milioni) e fu predisposto unilateralmente dall’Amministrazione, ignorando precedenti sentenze che attribuivano la proprietà dell’edificio ai soci fondatori del sodalizio».

La principale arma del “Casino dei nobili” è una sentenza del 1932 della Corte d’Appello di Messina, che stabilisce che per «usucapione secolare» i soci sono divenuti proprietari dei locali. Sentenza passata in giudicato.
«L’ho fatta registrare alla Conservatoria dei registri immobiliari di Catania», annuncia il conte Grifeo, e conclude con un indubitabile: «a tutti gli effetti i proprietari siamo noi». Ma il sindaco Failla si preoccupa dei restauro del monumento.
«In questo senso […]
… necessità
… facciata
… con una
… e senza
… il Casi-

La battaglia, a Caltagirone, non è del tutto nuova. Vi si cimentò anche don Luigi Sturzo, negli anni Dieci, quando era prosindaco della città.

«Ma non ci riuscì – precisa subito il conte Grifeo – nonostante il Comune si fosse affidato ad avvocati come Vittorio Emanuele Orlando. All’epoca di Sturzo e dei “popolari” al potere cittadino, il Circolo era in mano ai “carbonari” cioè ai seguaci di Ciccio Carbone, grosso feudatario e uomo politico conservatore. Era per questo che Sturzo ne voleva lo sfratto. Ma ottenne solo la restituzione di alcuni locali attigui. Quelli dov’è attualmente il Casino non erano demaniali e non potè ottenerli.
«Questa è un’ulteriore prova che noi abbiamo ragione».

Infine, in attesa del fatidico 4 novembre, Enrico Grifeo di Partanna si concede una conclusione sulle corde del sentimento. Estrae dal voluminoso incartamento legale un ritaglio stampa sul quale campeggia un ritratto dello zar Nicola I ed esclama: «Vede, anche a Mosca, pochi giorni fa, hanno riaperto Circolo dei nobili […] Caltagirone città che […] gelosa delle [… sue radici?..] storiche, vorrebbero cancellarci e sostituirci con un bar».

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