Comunicare: alla ricerca di un tesoro perduto. Il pericolo del violento vuoto della mente

“In a very real sense, we are all aliens on a strange planet. We spend most of our lives reaching out and trying to communicate. If during our whole lifetime, we could reach out and really communicate whit just two people, we are indeed very fortunate”.

“In realtà, siamo tutti alieni su uno strano pianeta. Passiamo la maggior parte della nostra vita a cercare di comunicare. Se durante tutta la nostra vita potessimo raggiungere e comunicare davvero con solo due persone, siamo (saremo) davvero molto fortunati”.

Gene (Eugene Wesley) Roddenberry, aviatore pluridecorato nella Seconda Guerra Mondiale, sceneggiatore, ideatore e produttore della prima serie di Star Trek e di tutto l’universo fantascientifico venuto successivamente alla serie storica.

Gene Roddenberry era nato a El Paso (Texas) il 19 agosto 1921 ed è morto a Santa Monica (Contea di Los Angeles – California) il 24 ottobre 1991. Noto perché diede vita all’universo Star Trek che oggi continua con gran successo. Come suo volere e come desiderio della moglie, Majel Barrett, interprete in Star Trek anche in diverse serie successive alla prima, le loro ceneri sono state sparse nello spazio. In orbita attorno alla terra, sono tornati, questa volta nella realtà, a quell’elemento che hanno raccontato e interpretato tantissime volte.

Già all’epoca di Gene Roddenberry era ben chiaro che parenti e amici sono pochi, nel senso che sono molto pochi quelli con i quali riuscire a comunicare nel vero senso della parola, dialogare, confrontarsi, scambiare idee. La sua frase che ho scritto all’inizio di questa pagina, l’ho vista riproposta alla fine dell’ultima puntata della seconda serie di Star Trek Discovery, la più nuova di questa sterminata galassia di racconti video e cinematografici.

Eppure all’epoca in cui la immaginò Gene, il dialogo era ancora vivo e non di contrapposizione accesa come avviene oggi, in pieno XXI secolo, con occhi e orecchie ben chiuse, tutti convinti di possedere verità assolute indiscutibili. La triste realtà odierna è ben visibile tra confronti diretti e sui social: dominano i personaggi, per quanto infelici, piuttosto che i pensieri.

Comunicare, parlare confrontarsi, quando ancora era un valore ricercato, voluto, naturale

Un esempio di “tesoro perduto” nel comunicare lo faccio prendendo la realtà anni 50 del secolo scorso. Mio nonno materno Salvatore Geraci, storico e filosofo, amico di Benedetto Croce (qui ne ho scritto). Era socialista, ma non nel senso comunista, molto convinto delle sue idee, passò tempi bui durante la dittatura fascista e un suo cugino, Carmelo Salanitro, anch’egli professore, fu arrestato (solo perché contrario al regime), deportato e poi ucciso col gas dai nazisti nel campo di concentramento di Dachau.

Dopo la guerra rifiorì la vita. Mio nonno continuò nell’insegnamento e l’immersione nel fermento culturale, nel dialogo, nel confronto. Viveva nel segno del potere della mente e della parola, elementi che insegnava ai suoi studenti.

Tra i suoi più affezionati amici? Domenico Magrì, professore di Lettere, giornalista, fondatore dell’Istituto superiore di Magistero di Catania e democristiano puro. Fu sindaco di Catania, senatore in I e II Legislatura, deputato dalla III alla VI Legislatura, ministro nei governi Rumor I, Leone II, più volte sottosegretario, ecc.

Un’amicizia fortissima tra loro, non intaccata dalla diversa visione politica, differenza che invece ne alimentava la comunicazione reciproca, il confronto, il desiderio di questo scambio di vedute.

L’attaccamento di Magrì era tale da stare vicinissimo alla famiglia dopo la morte di mio nonno suo grande amico. Tanto che fu anche testimone di nozze di mia madre quando si sposò con papà.

Comunicare? Oggi merce rara nel suo vero senso, in quello più profondo

Perché ho scritto tutto questo?

Tutti stiamo vivendo questi anni nei quali la capacità di comunicare è andata sempre più affievolendosi. Lo sottolineo comprendendo tutti i settori della società oltre all’incapacità di usare correttamente la Lingua italiana fino alla perduta voglia di ragionare e di confrontarsi.

Non per fare del solito qualunquismo la bandiera di quando sto tracciando su questa pagina, ma il mondo politico si comporta nello stesso modo (forse anche di più, alla ricerca disperata dei voti) ben rappresentando l’incomunicabilità di questi anni.

Slogan urlati, proposte prossime allo zero, contrapposizioni violente senza contenuti, totale impreparazione, compromesso spinto, sparita la vecchia propensione del politico (europeo, nazionale, locale) a scendere in piazza confrontandosi con i quartieri e le città (salvo rarissimi casi), occasioni sostituite da incontri con buffet finali e distribuzione di volantini accompagnati dai soliti passaparola-slogan e da frasi “fammi votare” con loro varianti più o meno articolate.

Una realtà deprimente.

Sono ben finiti i tempi di 70 anni fa, di 50 o 40 anni fa quando ancora il ragionamento e la parola avevano un peso, avevano sostanza, avevano potere, nonostante Gene Roddenberry già indicasse un problema di comunicazione e conoscenza: forse era l’indicazione di come fosse prezioso avere una persona veramente vicina, con orecchie e mente aperta, disponibile a prescindere dall’orientamento.

Oggi comunicare e ragionare sembrano solo elementi di una favola risalente a tempi andati se non di fantasia. Adesso conta il presenzialismo televisivo e social, un’acida “pietanza” di affermazioni e ovvietà, spesso in salsa all’insulto e alla violenza verbale.

Neppure noi giornalisti riusciamo oramai a cavare qualcosa di più profondo, di maggiormente utile, di incisivo dalle menti politiche (e non): forse anche noi abbiamo perso capacità… Cediamo alla moda della contrapposizione trascurando il racconto.

Tutto questo lascia campo libero a quegli agitatori che, con non-ragionamenti, simboli deteriori e comportamenti criminali, infiammano le piazze. Come a Roma il 9 ottobre 2021.

E voglio chiudere con un altro concetto-chiave di Gene Roddenberry, un punto che si riallaccia perfettamente a quanto già scritto:

“Differences in ideas and attitudes are a delight, parts of life’s exciting variety, not something to fear”.

“Le differenze nelle idee e negli atteggiamenti sono una delizia, fanno parte dell’eccitante varietà della vita, non qualcosa da temere”.

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4 commenti Aggiungi il tuo

  1. Antonio Gaggera ha detto:

    A mio modesto parere, il decadimento della politica italiana (in alcuni paesi esteri occidentali erano già avanti in tal senso) mero esercizio dell’insulto e involucro privo di contenuti e ricco di vacui slogan, ben oltre la demagogia, risale alla discesa in campo del tycoon italiano per eccellenza.
    Prima ha invaso le case degli italiani con programmi spazzatura, che veicolavano principi e valori discutibili. Poi ha inaugurato la stagione degli insulti nei dibattiti (“lei è un bugiardo” era l’affermazione più potabile), la tattica dell’individuazione del nemico (i comunisti, i magistrati, più di recente gli immigrati) e l’uso degli slogan, spesso demagogici, in pieno stile pubblicitario commerciale e frequentemente assimilabili alla “abbanniate al mercato.
    I danni provocati da tutto ciò si sentiranno per decenni.

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    1. Giuseppe Grifeo ha detto:

      Sulla “tattica” di individuazione del nemico, quella c’era anche molto prima. Ricordo bene sia gli scontri verbali che in piazza e fatti di sangue tra neri e rossi dagli anni 70 (non posso avere ricordi degli anni precedenti, ma ne ho letto).
      Che un uomo solo, pur con tutto il suo potere e i suoi mezzi possa aver indirizzato un’intera società di paese industrializzato, nutro dubbi. Secondo me è una valutazione troppo facile.
      Affermerei che Italia e mondo era in piena trasformazione, precedenti ideali e assetti stavano crollando e crollarono, senza che fossero rimpiazzati da ideali e modelli validi, con prospettive di qualsiasi tipo. Il vuoto ha favorito il degrado continuo e accelerato. La politica ne è stata e ne è lo specchio. Un vantaggio lo hanno avuto coloro che hanno amministrato, fatto politica, inciso sulla società perché non era più richiesta la preparazione precedente, la capacità di dialogo e confronto, c’erano da usare solo slogan evitando proposte serie e progettazione. A nessuno di loro è mai convenuto né conviene riportare la situazione alla vera comunicazione e al vero scambio tra menti: preferiscono la latitanza di idee e infiammare con scontri privi di contenuto. É più facile, molto di più.
      Riduttivo, per me, non approfondire e trovare una causa su un solo personaggio: non coincide con una realtà che era in pieno cambiamento e dalle molte sfaccettature/protagonisti/complici

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  2. Antonio Gaggera ha detto:

    Gli scontri tra neri e rossi erano cruenti, ma limitati a frange estreme degli schieramenti. Il PCI ne era estraneo e nello stesso MSI i facinorosi erano una parte limitata e relativamente emarginata .
    Il riferimento al disceso in campo era anche cronologico e, di certo, non era attribuibile solo a lui l’imbarbarimento del dibattito politico. Certo è che personaggi come Sgarbi, Gasparri (del quale basta leggere i tweet che, ancora adesso, pubblica) e compagnia raggiungono la notorietà in quel periodo. Gli slogan alla “meno tasse per tutti”, pensioni sociali a un milione, abolizione dell’Imu sulla prima casa (tolta solo agli edifici più di pregio), salvataggio inutile della compagnia aerea di bandiera, etc. hanno inaugurato la stagione del parlare alla pancia della gente. Anche la sinistra ha i suoi demeriti per non aver saputo interpretare i cambiamenti, appiattendosi sulle politiche degli avversari e diventando una sorta di nuova DC, dimenticando le politiche sociali e differenziandosi solo per i diritti umani e civili. Tra l’eurocomunismo (i filosovietici non esistevano quasi più) e il liberalismo, esistono dei terreni politici attualmente inesplorati.
    La prossima frontiera è rappresentata dalla partecipazione elettorale attiva, sempre più in calo, per la quale ci avviamo a diventare come gli USA. I nostri politici, troppo presi dagli affari loro, non danno il giusto peso a questo fenomeno, che potrebbe diventare devastante.

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