Qui gioco “in casa”, non potevo non esprimermi su quanto viene fatto a Partanna (Sicilia – Trapani) sul restauro di splendide e antiche opere d’arte. Protagonisti sono i professionisti del Laboratorio di Restauro Teri (pagina Facebook) guidati dalla dottoressa Rosalia M.C. Teri che ha preso il testimone da suo padre, il professore Antonino Teri, fondatore della struttura negli anni 90.
Desidero raccontare l’ultima importante avventura nella valorizzazione del patrimonio culturale che ha portato a una sorpresa di grande rilievo. Il tutto con l’affiancamento della Soprintendenza ai Beni Culturali di Trapani e la fondamentale analisi diagnostica tramite raggi X usata per un dipinto a olio su tela del 1600 raffigurante San Nicolò da Tolentino.
“È una grande emozione ritrovare le cromie e le fattezze originali proprio come erano state concepite dall’artista! Un’opera d’arte ha un valore storico, estetico, ma anche devozionale. Opera nata per volere di un Grifeo del 1600 per grazia ricevuta”.
Rosalia Teri
Partanna dà sempre prova di tenere in maniera viscerale alla propria storia e al proprio patrimonio artistico. Questa volta la proposta dell’intervento di restauro è stata fatta da don Antonino Gucciardi, Arciprete della Chiesa Madre di Partanna. I lavori sono stati finanziati dal Antonella, Graziella, Pippo, Pietro e Caterina Ciulla.
Il Laboratorio di Restauro Teri è una mia “vecchia” conoscenza in quanto abbiamo operato dopo le serate di Gala a Castello Grifeo quando sono state raccolte donazioni dai partecipanti e da enti, fondi destinati al restauro di antiche opere d’arte del patrimonio pubblico locale. I Teri hanno ampliato la sfera d’azione del loro laboratorio coinvolgendo la dottoressa Evelina Di Marco e la dottoressa Annalisa Lo Buono restauratrice di tessuti, tanto che l’attività ora comprende il ripristino di tessuti, stoffe e cuoio (in questo momento stanno lavorando su alcuni Paliotti in cuoio dipinti e dorati originari di Salemi).
Rifacendomi alle iniziative caldeggiate nelle serate a Castello Grifeo. organizzate dal dottor Domenico De Gennaro e dall’Associazione Il Medioevo (link Facebook), questo splendido laboratorio partannese ha riportato diverse opere all’antico splendore:
- grazie ai fondi della Serata 2016 (II edizione) iniziarono i lavori su una statua lignea del 1500 raffigurante San Giovanni Battista, preziosa opera di Antonino Ferraro, scultore siciliano formatosi presso la scuola di Antonello Gagini e vissuto tra il 1523 e il 1609. Il laboratorio Teri è riuscito a far riemergere l’originaria fisionomia del Santo, fattezze che erano state stravolte da remoti e sovrapposti tentativi di restauro – scultura presentata a lavori ultimati durante l’evento a Castello del 2018;
- grazie al contributo della Fondazione Cultura e Arte (link) e alle donazioni di 200 invitati (italiani ed esteri) a Castello Grifeo durante la III edizione della Serata di Gala, anno 2018 (link), furono accumulati fondi per salvare due splendidi, grandi dipinti del 1700 (articolo a questo link), presentati nel loro ritrovato splendore il 28 giugno 2020 nella Chiesa Madre di Partanna (precedente situazione di degrado delle tele a questo link).








Sopra, alcuni momenti della Serata di Gala 2018 a Castello Grifeo in quel di Partanna, compresa la presentazione della restaurata statua lignea del 1500 raffigurante San Giovanni Battista (nella seconda foto col dottor Domenico De Gennaro e Nicola Catania, sindaco di Partanna) e lo stato delle tele del 1700 che sarebbero state oggetto di futuro restauro
Purtroppo, causa Covid, le serate al Maniero partannese per il salvataggio della Cultura e dell’Arte sono state interrotte. Salvo altri problemi sanitari (che speriamo risolti e che non ne sopraggiungano di nuovi), l’iniziativa dovrebbe essere riproposta a metà giugno 2022.
Il salvataggio in corso
L’antica opera d’arte ora oggetto di ripristino, valorizzazione e protezione, raffigura San Nicoló da Tolentino mentre riceve del pane miracoloso dalla Madonna. Il dipinto (250 cm × 300 cm) risale al 1646 ed è attribuito a Gherardo Astorino, pittore siciliano della prima metà del XVII secolo, collocabile nella cerchia dei Pietro Novelli, architetto e pittore nato a Monreale che nella sua arte fu influenzato anche da Van Dyck presente a Palermo tra il 1624 e il 1625 e da pittori genovesi e fiamminghi sempre nella capitale del Regno di Sicilia.
Tornando al dipinto, la sorpresa si è manifestata durante questa fase del restauro indagando durante la ripulitura/sondaggio di porzioni iniziali e dopo una diagnostica con raggi X eseguita dalla S.T.Art-Test (link) di S. Schiavone & C (Niscemi – Caltanissetta), prassi non invasiva sull’intero quadro. L’opera originaria presenta colori ben brillanti e molti dei soggetti erano stati eseguiti nel 1600 con mano artistica ben più sapiente e tecnica pittorica ben più accurata rispetto alle fattezze oggi visibili in superficie.



Prima foto, confronto davanti ai primi risultati-sondaggi sul dipinto. Seconda immagine, riquadri di pulitura che svelano i colori vivi della versione originaria. Terza foto, differenza tra le due rappresentazioni di San Nicolò da Tolentino: porzione a sinistra, l’immagine in superficie grossolanamente pittorica del Santo e – porzione destra della foto – la più raffinata versione seicentesca sottostante, rivelata dalla visione a raggi X
La diagnostica ai raggi X ha permesso di osservare gli strati pittorici sottostanti a quelli in superficie, mentre le porzioni ripulite hanno fatto emergere i bei colori originari.
La storia del dipinto che ritrae San Nicoló da Tolentino mentre riceve del pane miracoloso dalla Madonna
Anche su questo dipinto c’entra la storia della mia famiglia, come anticipato nella citazione di Rosalia Teri all’inizio di questo articolo. E c’entrerebbe in maniera piuttosto particolare.
Vi racconto una versione.
Anno 1646, Partanna. Committente della Chiesa di San Nicolò da Tolentino fu Don Mario III Grifeo, XIX Barone e II Principe di Partanna, XII Visconte di Galtellin, I Duca di Ciminna per privilegio emanato da Re Filippo IV.
Come mai il nobiluomo decise la costruzione di questa chiesa e commissionò anche il dipinto in questione?
Dovete sapere che Mario Grifeo era pretore a Palermo nonché Maestro di Campo della Milizia del Regno di Sicilia… ma, a quanto sembra, in quegli anni si salvò da una sollevazione popolare: fuggendo dalla marea di gente inferocita a ridosso del 1646, sarebbe entrato nel convento intitolato al Santo. Messosi dietro al dipinto che raffigurava San Nicolò, avrebbe fatto un voto: “San Nicolò, se mi salvi e ne esco fuori vivo, ti farò costruire una bella chiesa a Partanna”.
Il principe riuscì a salvarsi e il voto fu onorato: il 1646 fu l’anno di fondazione della chiesa e Mario III Grifeo donò ai Padri Agostiniani “due salme di terreno a tramontana dell’abitato più 10 onze annuali perpetue per il mantenimento di esso (chiesa e convento). Il principe, così come era stato per altri conventi, tenne il patronato e il diritto di eleggere il Padre Priore. In quello stesso anno viene commissionato a G. Astorino un dipinto raffigurante S. Nicolò da Tolentino in ginocchio ai piedi della Madonna”.
Sull’episodio scatenante, quello che avrebbe motivato Mario III Grifeo a erigere la chiesa partannese, divergono le versioni raccontate dal Mendolia, citato in un’opera di S. Cascio, e quella di Antonio Varvaro Bruno nel volume “Partanna Agostiniana”, pagine 6-8.
Mendolia la racconta così come l’ho riportata io stesso. Per il Varvaro, invece, tutto ha origine dalla donazione di alcune gabelle da parte del Chierico Cappadoro, danari dati al Convento dei Padri Agostiniani Scalzi che a Partanna si trovavano nella Chiesa di Santa Lucia essendo stato abolito alla fine del XVI secolo. Vista la situazione, i Grifeo che erano devoti a San Nicolò da Tolentino e a Sant’Agostino, presero posizione approvando la decisione del Chierico contribuendo all’arricchimento della struttura religiosa.
Fino al 1700 il dipinto che oggi è in fase di restauro era stato esposto accanto all’altare maggiore della chiesa di San Nicoló da Tolentino, tempio oggi in rovina. Le cose cambiarono durante il terremoto della Valle del Belìce nel 1968, ma ben prima l’opera aveva subito danni e trasformazioni notevoli e orrende.
All’inizio del 1900 il quadro era già stato interamente “mascherato” da un’ampia stuccatura eseguendo anche un pesante intervento ridipingendolo: un tentativo mediocre e assurdo di restauro.
Come sottolineato dal Laboratorio Teri e dalla Soprintendenza ai Beni Culturali di Trapani, dopo il sisma del 1968 l’opera fu “sottoposta a foderatura totale presso i laboratori di Palazzo Abatellis a Palermo, per poi rientrare presso il Santuario della Madonna delle Grazie”. La foderatura, che viene eseguita nella parte posteriore, doveva ricoprire alcune mancanze della tela che fu dotata anche di nuovo telaio. Sul fronte, sulla superficie, in un altro intervento di fine XX secolo, furono utilizzati gli scuri colori della stravolgente stuccatura di inizio 1900 e non fu fatta alcuna indagine sull’originario aspetto sottostante.






Dall’indagine diagnostica ai raggi X appaiono in piena evidenza le variazioni rispetto al dipinto seicentesco originario, mutazioni che con lo pseudo restauro di inizio 1900 cambiarono profondamente la rappresentazione di molti elementi, a cominciare dalle differenti dimensioni-posizione della stessa Madonna e del Bambinello, dei panneggi (a volte interrotti o eliminati nel rifacimento più recente), delle posizioni e naturalezza degli sguardi, di molte figure, la differente rappresentazione e posizione di mani e piedi, quando non fecero letteralmente sparire alcune figure tra putti, cherubini e altro. Per non parlare, appunto, del bellissimo ritratto del Santo, figura occultata da un’immagine elementare e scadente sovrapposta dal restauro elementare/invasivo di inizio XX secolo.
Anche la figura di Cristo crocifisso è diversa, come evidenziato dalle riprese radiografiche: nell’originale seicentesco ha una postura più naturale, meno rigida, con il viso rivolto verso chi guarda il dipinto.







Foto con raffronto tra la pittura di superficie frutto del restauro novecentesco e le immagini da sondaggio a raggi X che svelano il vero aspetto del dipinto seicentesco
Chi era San Nicolò da Tolentino

In un momento della sua vita San Nicola o Nicolò da Tolentino, frate agostiniano, si ammalò gravemente, ma la Vergine Maria gli concesse la grazia della guarigione. La Madonna gli apparve in visione dicendogli: “Chiedi in carità, in nome di mio Figlio, un pane. Quando lo avrai ricevuto, tu lo mangerai dopo averlo intinto nell’acqua e grazie alla mia intercessione riacquisterai la salute”.
Il Santo agì come gli era stato suggerito dalla Vergine Maria. Chiese la carità e ricevette un panino da una donna di Tolentino: lo mangiò subito e tornò in salute.
Da quel momento San Nicolò iniziò a distribuire il pane benedetto ai malati che andava a visitare, uno per uno. A tutti loro ripeteva di credere nella protezione della Vergine Maria per ottenere la guarigione dalla malattia e la liberazione dal peccato. Da qui San Nicolò acquisì anche la fama di grande taumaturgo.
Il dipinto al centro del lavoro del Laboratorio Teri raffigura proprio una scena in cui il Santo riceve il pane miracoloso dalla Madonna.
L’inizio del restauro di oggi: il dipinto che inizia a rivelare il suo antico aspetto grazie anche a sistemi di diagnostica
“La scelta di eseguire un’indagine radiografica si è resa necessaria dopo aver effettuato i primi test di pulitura dai quali è emersa una pellicola pittorica differente da quella visibile.
Indagando con i raggi X, in maniera non invasiva l’opera nella sua interezza, è stato possibile osservare gli strati pittorici sottostanti e valutare anche la possibile presenza di lacune nel colore originale. Dalle lastre effettuate è risultato come alcuni soggetti rappresentati compaiano con altre fattezze e in pose differenti mentre altri, come ad esempio alcuni angeli, risultino del tutto assenti nella pittura oggi sovrastante.
I risultati ottenuti sono una chiara dimostrazione di come la diagnostica applicata ai beni culturali, sebbene sia ancora una prassi poco consolidata nel nostro territorio, risulti di estrema utilità, tanto nella caratterizzazione dei materiali di cui è composta l’opera d’arte quanto, e soprattutto, nella determinazione dei contenuti stilistico-formali e iconografici, necessari per la sua corretta collocazione storico-culturale”.
Laboratorio di Restauro Teri – Rosalia Teri
Non resta che attendere il via definitivo dei Beni Culturali di Sicilia perché dalla prevista semplice pulitura della tela, il piano è stato cambiato proprio in risposta alle evidenze di questi primi esami. Si tratterà di asportare la stuccatura approssimativa che trasformò, deturpandolo, il dipinto seicentesco. Lavoro più impegnativo, delicato, costoso, ma il risultato ridarà bellezza e verità alla Sacra rappresentazione.