Le sabbie del deserto e la Terra del Nilo hanno tanto ancora da farci conoscere, ma in superficie la vita continua, la popolazione aumenta, c’è un Paese che deve dotarsi di nuove infrastrutture, a cominciare da quelle che riguardano la comunicazione tra le diverse regioni. Il problema è che simili opere rischiano di far sparire importanti testimonianze dell’Antico Egitto. Così nella località di Tell el-Retaba le indagini archeologiche hanno viaggiando a ritmo serrato in quest’ultima parte del 2021.
La località, nell’antica valle del Nilo chiamata Wadi Tumilat, tra le attuali città di Zagazig (area dove insisteva l’antica Bubastis) e Ismalia, è un importante sito archeologico del periodo dinastico, collocato nel nord dell’Egitto e ha punti comuni con molti altri siti in questa regione.
In questo caso Tell el-Retaba è attraversata da una strada asfaltata che collega la Cairo-Ismailia Desert Road con la città di Salhiya, costruita già alcuni anni fa e al centro di un progetto per trasformarla in una superstrada a più corsie.
Il Consiglio Supremo delle Antichità egiziano ha approvato la realizzazione della superstrada ma condizione che prima vengano effettuati scavi archeologici completi in modo da comprendere cosa oggi è ancora interrato e come tutto si raccordi con i resti archeologici già emersi dal 2007 a oggi.


In epoca faraonica fino al periodo tolemaico, Tell el-Retaba non era solo una fortezza, ma era anche un centro commerciale e manifatturiero.

Si trattava di uno dei crocevia di interscambio tra la regione del Delta del Nilo e le vie carovaniere verso il Sinai con le sue ricche miniere (dove era estratto anche il prezioso Lapislazzuli) e verso il Retjenu/Retenu (in antico egizio Rṯnw) che era la parte del Medio Oriente affacciata sul Mediterraneo, in breve, Libano, Siria, parte occidentale della Giordania, Canaan (in greco Χαναάν e in ebraico classico כְּנַעַן)-Palestina (in effetti il termine Palestina è cronologicamente successivo, di origine greca, zona occupata dai Filistei, in ebraico Pelishtim e la loro religione Pelesheth da cui Παλαιστίνη e Palaestina).
Sulla fortezza faraonica

Gli archeologi di una missione egittologica slovacca, la SAV-Dipartimento di studi orientali dell’Accademia slovacca delle Scienze (link), hanno recentemente trovato qualcosa di inaspettato.
Già a settembre 2021, durante lo scavo dell’angolo nord-ovest della fortezza di Ramses III, risalente alla prima metà del XII secolo a.C., gli esperti hanno fatto emergere i resti di quelle che si sono rivelate come altre due mura della stessa roccaforte, strutture che si coprivano l’una con l’altra. Questa scoperta ha cambiato sostanzialmente la comprensione strutturale del castello.
“Finora credevamo che la parte nord del sito fosse costituita da un solo muro durante il regno di Ramses III – ha detto al notiziario TASR Jozef Hudec del dipartimento di studi orientali della SAV – All’epoca sarebbe bastato per la difesa della fortezza da quell’angolo, poiché da quel lato il maniero era difeso anche da un lago o da una palude. Tuttavia, abbiamo scoperto altre due pareti. Uno era spessa cinque metri e l’altra era più alta e più nuova: aveva una larghezza di nove metri”.
Le due cinta murarie appena scoperte sono in grave stato di abbandono per i lavori di sterro portati avanti dall’attuale proprietario del vicino mercato.
Gli archeologi hanno trovato nella fortezza una massiccia struttura in mattoni crudi protetta dal muro esterno per un’altezza di mezzo metro. Lo scopo funzionale della costruzione resta sconosciuto.
Due basi di colonne sono state ritrovate tra i resti di un altro edificio della roccaforte. Gli scavi hanno rivelato varie ciotole, uno scheletro di pesce, perline e anfore del Terzo Periodo Intermedio dell’Egitto (XI-VII secolo a.C.).
Varie ipotesi sono state fatte dagli archeologi slovacchi basandosi sulla datazione e sull’interpretazione delle mura da poco rinvenute.


“Un’ipotesi che stiamo considerando è che la muratura inferiore non fosse un vero e proprio muro della fortezza – ha detto Hudec nelle sue dichiarazioni al notiziario TASR – Potrebbe essere stato un muro di contenimento o di fondazione per il muro posto al di sopra, a giudicare dalla sua stabilizzazione nella sponda fangosa o bagnata dell’acqua che era nelle vicinanze in tempi antichi. Un’ulteriore sessione di ricerca sarà in grado di rispondere a più domande relative a questa o ad altre fortificazioni a Tell el-Retaba”.
L’antico insediamento di Tell el-Retaba
Forse qui si trovava l’antica Pithom dall’originario nome egizio Per-Atum che sta per Casa – tempio – di Atum? Tutto è ancora da chiarire.
Proprio da quest’area, quindi, potrebbe essere passato il popolo israelitico guidato da Mosè in quel lungo esodo da datare intorno al XIII secolo a.C. periodo del Regno di Ramses II.
Comunque, i lavori degli archeologi hanno riguardato quest’area per oltre dieci anni. Recentemente hanno subito un’accelerazione proprio perché bisogna capire l’effettiva estensione e valore del sito archeologico, fase propedeutica indispensabile per il via libera alla costruzione della superstrada o modifica con variante stradale cui ho accennato a inizio articolo.
Come sottolineato da Slawomir Rzepka, Mustafa Nour el-Din, Łukasz Jarmużek nella loro relazione sui lavori archeologici, il progetto di recupero ha riguardato una superficie di circa 200 metri di lunghezza (nell’asse Nord-Sud) e 10 metri di larghezza (lungo l’asse Est-Ovest), collocata sul lato Est della strada già esistente.
La relazione dei tre archeologi riguarda i resti di un insediamento messi in luce nella parte settentrionale di quest’area [qui in basso un video YouTube con la ricostruzione grafica dell’area in differenti epoche, dal Secondo Periodo Intermedio (1650–1550 a.C.) al Nuovo Regno (1550–1069 a.C.) secondo quanto era già emerso dagli scavi della missione slovacca nel periodo 2007-2017].
La conoscenza del sito di Tell el-Retaba è ancora molto limitata nonostante i primi scavi siano stati effettuati già nel XIX secolo. Il lavoro di Sir William Matthew Flinders Petrie portò all’identificazione di una grande fortezza esistente nella XX dinastia.
Indagini da parte di una Missione Archeologica Polacco-Slovacca, attiva nel sito dal 2007, hanno dimostrato che le precedenti mura difensive – ritenute da Petrie del Primo Periodo Intermedio – appartenevano in realtà a una fortezza costruita da Ramesse III. Tuttavia, non si sapeva quasi nulla della storia precedente del sito.
Ancora senza risposta un altro dubbio originario – Questi resti del maniero faraonico potrebbero rappresentare anche una versione più tarda, o meglio, la riedificazione di una delle fortezze che facevano parte del sistema difensivo denominato “Mura del Sovrano” o “Muro del Principe” risalente al periodo del Medio Regno? O comunque un castello connesso a quel gruppo di roccaforti?
Quel sistema difensivo e di sorveglianza, intersecato da tracciato militare della “Via di Horus” verso il Sinai e Canaan, fu progettato e fatto realizzare da Amenemhat I, faraone che regnò dal 1991 al 1964 a.C. circa, il primo Re della XII Dinastia.
Il “cordone” di castelli – una sorta di Linea Maginot, tanto per fare un paragone con l’epoca moderna – serviva soprattutto contro eventuali minacce dall’Est. Si trovava, appunto, sul lato orientale del Delta, tra il Nilo e il Sinai: ogni roccaforte aveva una fornitura protetta d’acqua oltre a essere circondata da fossati o canali.