86.400 al giorno… “Se solo fosse vero”

Decise di raccontargli una storia, un gioco per distrarlo, disse.

Gli chiese di immaginare di avere vinto un concorso per cui ogni mattina una banca gli avrebbe accreditato sul conto 86.400 dollari.

Ma ogni gioco ha le sue regole e quello ne aveva due:
La prima è che tutto quello che non hai speso durante la giornata viene tolto dal conto la sera, non si può barare, non puoi trasferire i soldi su un altro conto, non devi far altro che spenderli, ma ogni mattina al tuo risveglio, la banca ti apre un nuovo conto, con altri 86.400 dollari, per la giornata. Seconda regola: la banca può interrompere il gioco senza preavviso; in qualsiasi momento può dirti che è finito, che chiude il conto e che non ce ne sarà un altro. Che cosa faresti?”.

Lui non capiva.

È molto semplice, è solo un gioco, ogni mattina quando ti svegli ti danno 86.400 dollari, con il solo vincolo di spenderli durante la giornata, il denaro non speso verrà ripreso quando vai a dormire; ma questo gioco, o questo dono del cielo, può smettere da un momento all’altro, capisci? La domanda è: che cosa faresti se ti facessero un dono così?”.
Lui rispose sinceramente che avrebbe speso fino all’ultimo dollaro per viziare se stesso, o per fare regali alle persone che amava.

Avrebbe fatto in modo di utilizzare ogni quarto di dollaro che la “banca magica” gli offriva, per portare felicità nella sua vita e in quella di coloro che lo circondavano, “anche di quelli che non conosco, perché credo che non riuscirei a spendere 86.400 dollari al giorno solo per me e per i miei amici… Ma dove vuoi arrivare?”
“Questa banca magica”, rispose lei, “l’abbiamo tutti; è il tempo! È la cornucopia dei secondi che si sgranano! Ogni mattina al risveglio, ci vengono accreditati 86.400 secondi di vita per la giornata e quando la sera ci addormentiamo non c’è riporto su un conto nuovo, il tempo che durante la giornata non è stato vissuto si perde, ieri è passato. Ogni mattina questa magia ricomincia, ancora una volta ci vengono accreditati 86.400 secondi di vita. Però giochiamo con una regola inevitabile: la banca può bloccare il conto in ogni momento, senza preavviso. La vita può fermarsi in qualsiasi momento.

Perciò che cosa ne facciamo dei nostri 86.400 secondi quotidiani? Non sono più importanti dei dollari?

Se solo fosse vero”, di Marc Levy

English version – Imagine there is a bank account that credits your account each morning with $86,400.
It carries over no balance from day to day.
Every evening the bank deletes whatever part of the balance you failed to used during the day.
What would you do? Draw out every cent, of course? Each of us has such a bank, it’s name is time.
Every morning, it credits you 86,400 seconds.
Every night it writes off at a lost, whatever of this you failed to invest to a good purpose.
It carries over no balance.
It allows no over draft.
Each day it opens a new account for you.
Each night it burns the remains of the day.
If you fail to use the day’s deposits, the loss is yours.
There is no drawing against “tomorrow”.
You must live in the present on today’s deposits.
Invest it so as to get from it the utmost in health, happiness, and health.
The clock is running.
Make the most of today.”

L’estratto che ho inserito è tratto dal romanzo “Se solo fosse vero” di Marc Levy: un dialogo tra chi si trova in una possibile conclusione dell’esistenza e l’uomo che le sta di fronte.

Immaginate l’ambientazione del racconto. San Francisco, città dove sono stato e che adoro, metropoli statunitense che, contrariamente a quanto possa sembrare, ha molti aspetti mediterranei seppur immersi in un brodo multiforme di atmosfere. Confesso che è una delle città dove vorrei trasferirmi, oltre che a Barcellona o in una delle città di mare della Sicilia in un mio ritorno alle origini isolane.

Tornando invece al romanzo, a San Francisco, un giovane architetto di nome Arthur prende possesso di un appartamento e ci si trasferisce.

Torna in questo suo rifugio da una pesante giornata di lavoro, accende lo stereo e si immerge nella vasca da bagno riempita di acqua fumante. Ed è proprio in questo momento che si accorge di un’altra presenza… qualcuno sta battendo il tempo con le dita.

È una donna. Si chiama Lauren, una dottoressa di trent’anni. Lei abitava in quell’appartamento.

Dopo le prime perplessità e l’accettazione, tra i due prima sboccia l’amicizia, ma questa si trasforma in amore.

C’è un problema in tutto questo. Lauren non è reale, almeno non nel senso fisico nel quale noi lo intendiamo. È una sorta di fantasma, un’entità della stessa Lauren che, nella realtà, è in coma, stesa sul letto di un ospedale. Il suo corpo è confinato su quel materasso e attaccata alle macchine di rilevamento clinico da quando fu coinvolta in un incidente. Lauren vuole mostrarlo ad Arthur, perché vuole finalmente essere libera, liberarsi da quel corpo immobilizzato e spacciato.

Soprannaturale e realtà si toccano coinvolgendo Arthur e Lauren in una successiva lotta per l’a nascita e l’incrocio di sentimenti. Lo scopo è mantenere in vita il corpo della donna e fare in modo che la sua anima vi rientri rianimandola. Sì perché i medici dell’ospedale sono convinti che per la donna non ci sia più nulla da fare e sono decisi a staccare le macchine che ne tengono in vita quell’organismo che, altrimenti, avrebbe già concluso la sua esistenza terrena.

Il racconto continua quindi con il tentativo del giovane architetto di scongiurare la morte di quel corpo, lo fa spinto dall’amore che prova per l’essenza di Lauren, di quella giovane donna che vuole vivere e vuole farlo nella realtà amando quell’uomo.

Da questo romanzo nel 2005 è stato tratto un film, Just Like Heaven (i nomi dei protagonisti sono stati cambiati), una commedia romantica diretta da Mark Waters, con l’attore Mark Ruffalo nei panni di David Abbott (Arthur nel libro) e con Reese Witherspoon nel ruolo di Elizabeth Masterson (Lauren nel romanzo di Levy).

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