Non sembra vero ma è così. Appena ho visto i lanci d’agenzia non potevo crederci. Quarant’anni dall’inizio vendite del primo cellulare, un Motorola DynaTac 8000X. Quattro decadi!
Riusciva a far fare solo mezz’ora di telefonate, poi la batteria si esauriva. Pesava un accidente rispetto ai modelli attuali, era grande quanto un grosso mattone – da qui il soprannome che gli fu affibbiato -, antenna sporgente, un semplicissimo display a punti luminosi, un costo esorbitante pari a circa 4.000 dollari. Eravamo nel 1983 e quella cifra era molto importante.



All’epoca nessuno avrebbe mai immaginato i risultati di quella vera e propria rivoluzione che era appena iniziata, agli smartphone di oggi, alle loro possibilità, alla connessione web, ai social, alle foto e video in altissima risoluzione. Senza tralasciare i metodi di pagamento, le connessioni con le banche e tantissimo altro.
Nel 1983 eravamo consapevoli solo di una cosa, che ci stavamo avvicinando a quanto avevamo visto nei film e telefilm di fantascienza, ma non avevamo idea di dove tutto questo ci avrebbe portato. Tanto per capirsi, nel celebre film 2001: Odissea nello Spazio, si vedeva una Luna che ospitava una base abitata, una vera e propria cittadella, poi l’astronave con HAL 9000, l’Intelligenza Artificiale pensante e tanto umana da voler distruggere l’equipaggio per sopravvivere al suo errore. Ma quando, all’inizio del film, uno dei protagonisti giunto su una base orbitante attorno alla terra deve telefonare a casa, cosa fa? Entra in una cabina telefonica futuristica dotata di schermo per parlare a voce e in video.
Il personaggio non usa una sorta di cellulare. Se non ricordo male, nessuno nel film li usa. Al contrario, nella serie UFO degli anni 60 o in Spazio 1999, le comunicazioni portatili sono un fatto assodato come le installazioni umane sulla Luna.
La realtà è ben diversa. Siamo rimasti attaccati alla nostra Terra, sulla Luna ancora nessun insediamento, ma i nostri smartphone sono capaci di quelle che mezzo secolo fa potevano quasi essere considerate frutto di civiltà extraterrestri evolutissime.
Io, da ragazzino, lessi qualcosa su questo Motorola in una rivista tecnico-scientifica che amavo tanto, all’epoca acquistavo questo tipo di periodici insieme a quelli di archeologia, National Geographic e altre che riguardavano il mondo delle auto come Quattroruote e Gente Motori con riviste sul mondo aeronautico come Volare (queste le prendevo soprattutto quando dovevo prendere un aereo, sia con i miei genitori che quando iniziai a viaggiare da solo).
Tornando a questo primo cellulare, il dispositivo fu inventato dall’ingegnere e inventore Martin Cooper, nato a Chicago nel 1928. L’apparecchio era lungo 25 centimetri, tanto per capirsi, portandolo all’orecchio la sua parte inferiore si allungava oltre il mento orientando la parte ricevente della voce verso l’area della bocca.

Questo primo telefono cellulare pesava molto, circa un chilo. Non era di certo fatto per essere tenuto a lungo in mano. Oltretutto, come ho accennato prima, la sua autonomia non andava oltre i 30 minuti e ci volevano dieci ore per ricaricarlo.
In memoria potevano starci solo una trentina di numeri.
DynaTac stava per Dynamic Adaptive Total Area Coverage, in italiano Copertura adattiva dinamica totale dell’area.
Pensate poi al costo, per la precisione 3.995 dollari. Col passare di 40 anni dovete immaginare di aggiungere la relativa inflazione e la mutazione del potere d’acquisto della moneta: oggi il prezzo equivalente sarebbe di oltre 9.000 dollari
Qui in basso è possibile vedere il video pubblicitario che decanta i vantaggi del cellulare, la possibilità di essere rintracciati anche da chi chiamava pure da radiotelefoni a bordo di automobili.
Il prototipo di cellulare era comunque in fase di prova e sperimentazione dal 1973, ben dieci anni prima della sua commercializzazione. Una volta i tempi erano parecchio più dilatati, d’altronde ci si stava affacciando in un campo del tutto nuovo della comunicazione a larga diffusione.
Fu proprio Martin Cooper a fare la prima telefonata da cellulare nel 1973 dalla Sixth Avenue di New York.
Proprio adesso, felice dei riconoscimenti che gli stanno arrivando per i cinquant’anni da quella telefonata, Cooper ha indicato la via del futuro nelle comunicazioni. Sparirà lo smartphone così come lo abbiamo oggi in mano.
“La prossima generazione avrà il telefono incorporato sotto la pelle delle orecchie. Il corpo è il caricabatterie perfetto. Quando mangi cibo, il tuo corpo crea energia, giusto?”, ha rimarcato l’ingegnere (qui di seguito una sua intervista nel video dell’Associated Press).
Oggi Martin si preoccupa della deriva presa dagli smartphone, dalla perdita della privacy al rischio di dipendenza da Internet fino alla rapida diffusione di contenuti dannosi, soprattutto tra i bambini.
Spero che i soliti decerebrati complottisti non ricomincino a parlare e a scrivere di fantomatiche e assurde macchinazioni compiute da poteri forti e occulti – se non alieni e diabolici – dopo queste parole di Marty Cooper che descrivono dispositivi di comunicazione e chip inseriti nel nostro corpo.

Per quanto mi riguarda, se non ricordo male, ecco il mio primo cellulare. Ancora piuttosto ingombrante, antenna che fuoriusciva, una capacità di memorizzazione pari a soli 20 KB (!), targato Omnitel, che poi si sarebbe trasformata in Vodafone, compagnia telefonica che era la prima alternativa a Telecom/Tim.
Era sempre un modello Motorola che per molti era ancora un marchio-pietra miliare visto che aveva fabbricato il primo cellulare in assoluto.
Per mantenerlo in funzione, oltre al pacchetto di batterie ricaricabili si potevano usare pure quattro normali pile stilo. Non ricordo quanta autonomia avesse con l’una e con l’altra alimentazione.
Adesso la moda o punto d’attrazione sembra essere rappresentato dai telefoni pieghevoli, quelli in cui lo schermo si piega a libro, tendenza venuta fuori al MWC-Mobile World Congress di Barcellona, il più importante evento/salone mondiale del settore (ne so ben qualcosa, c’ero, i ristoranti della capitale catalana erano del tutto invasi dai partecipanti… ma questa è un’altra storia).
Curiosità
Al sistema di comunicazione per i telefoni cellulari si arrivò con anche con il contributo più remoto dell’attrice e inventrice austriaca naturalizzata americana Hedy Lamarr (Hedwig Eva Maria Kiesler) e del musicista George Antheil.

Lei aveva studiato ingegneria. In casa aveva già schemi e tavole di progetto di un particolare sistema di comunicazione.
Hedy e George insieme completarono il disegno e la progettazione. Lo brevettarono con il nome di Secret communication system, un metodo antintercettazione dei siluri radiocomandati che utilizzava una variazione continua delle trasmissioni su 88 frequenze.
L’attrice voleva contribuire allo sforzo bellico alleato contro le forze nazifasciste.
Come descritto anche in un articolo di Focus, con un sistema simile ai rotoli di carta perforata usati allora per le pianole meccaniche, si cambiava di continuo la frequenza dei comandi radio per impedire che i nemici intercettassero i segnali.
Il brevetto Kiesler/Antheil fu registrato con il numero 2.292.387 datato 11 agosto 1942.
La Marina Militare statunitense non considerò l’idea ma poi, negli anni 50 con l’inizio della guerra fredda, il sistema fu usato all’insaputa dei suoi inventori per il monitoraggio radio dei sommergibili dell’Unione Sovietica.
Nel 1962 questa tecnica prese il nome di CDMA-Code Division Multiple Access (il brevetto era già scaduto) e fu usata dalle navi militari statunitensi come sistema di comunicazione durante il blocco navale di Cuba per la nota crisi dei missili sovietici portati sull’isola.
Tempo dopo l’idea approdò come ispirazione nel mondo dei cellulari: «Fu una prima, rudimentale, forma di spread spectrum, il principio alla base della telefonia mobile contemporanea» spiega lo studioso Edoardo Segantini a Focus. Durante una telefonata al cellulare, infatti, la frequenza varia di continuo, per consentire l’utilizzo della stessa gamma di frequenze a più utenti ed evitare nel contempo che la conversazione sia ascoltata da altri.
Nel 1997 l’attrice – che aveva raggiunto gli 83 anni – e il musicista furono premiati con il Pioneer award per aver rivoluzionato il mondo dell’elettronica e della comunicazione.
“Era ora” disse Edy Lamarr dalla sua casa in Florida.