La storia di Sicilia, la creatività, la magia, l’eredità Florio nei “Quattro Pizzi” all’Arenella, ex tonnara dei Valguarnera

Capitò un pomeriggio estivo di essere a Palermo in un viaggio salvifico e rinfrancante dopo aver lasciato Roma. Immaginate l’atmosfera assolata siciliana, il brillare del mare tra l’azzurro e il cobalto. Gli amici Danilo Moncada-Zarbo di Monforte e Claudio Caruselli avevano parlato telefonicamente con Chico Paladino Florio, erede dei grandi Florio di Sicilia. Giunti al porto dell’Arenella a Palermo, ecco la sorpresa, la palazzina dei “Quattro Pizzi” lì a torreggiare, a imprimere la sua presenza nell’immaginario e negli occhi di chiunque passi.

E dire che nei miei diversi decenni di vita non ero mai andato a visitarla: grossa mia pecca.

Il fascino della costruzione è assoluto, anche oggi con gli evidenti segni del tempo lasciati su quelle antiche mura, tracce che forse danno un ulteriore senso di magia. “Quattro Pizzi” per quelle quattro guglie che si innalzano dritte verso il cielo ai quattro angoli, svettando oltre le merlature dell’edificio centrale a pianta quadrangolare.

Lì ti accorgi dell’eccezionalità di quella struttura, della creatività, della magia, dell’ingegnosità che regnavano in quella che era la dinamica capitale del Regno di Sicilia, qualità che perdurarono fino ai primissimi decenni del XX secolo.

Altre atmosfere, altri tempi. La palazzina dei “Quattro Pizzi” ne è stata testimone e oggi è piena rievocatrice. Anche perché sta al centro di eventi culturali, di approfondimenti storici, concerti ideati dall’Associazione Culturale Casa Florio.

All’interno, al primo piano, la struttura e gli affreschi che campeggiano nel salone centrale si ispirano a due momenti diversi. Da una parte il passato siciliano, quello di Re Ruggero II tanto per intendersi, quello dei primi decenni del Regno di Sicilia, quello dei mosaici di ben antichi edifici e chiese. Dall’altra, lo stile neo gotico-inglesizzante del 1800. Una mescolanza di gusto scelta da Vincenzo Florio (senior) e dall’architetto padovano Carlo Giachery che nel 1844 lavorò su suo incarico.

I colori di quei soffitti, le ceramiche Florio, il pianoforte, le finestre slanciate in alto che aprono verso il mare e verso il porto. Quelle alte aperture lasciano entrare immagini, una luce forte e dolce al tempo stesso, un bagliore che si riflette sulle decorazioni, sui mobili, sul grande lampadario centrale.
Tutto è acceso dal sole e dal mare.

Al centro lo stemma dei Valguarnera, da Il Blasone in Sicilia, di Vincenzo Palizzolo Gravina (1875)

L’edificio era in precedenza l’antica tonnara dell’Arenella, quella che Vincenzo Florio acquistò nel 1830.
Struttura di origine trecentesca, bassa, lunga e funzionale, appartenuta alla storica famiglia dei Valguarnera, Principi di Niscemi e Duchi dell’Arenella, Principi di Gangi e Marchesi di Regiovanni, Conti di Assoro, Baroni di Rassuara, Caropepe e Murradi e molti altri titoli. Un Casato di origine catalana, presente nell’Isola dal XIV secolo.

La tonnara fu rivista quindi, dandole nuova vita, una chiave architettonica di impronta neogotica, di influenza inglese, richiamandosi a quella realtà culturale che Vincenzo Florio aveva vissuto a Londra.
Una ristrutturazione nel pieno di quella visione palermitana aperta al mondo, alle culture più più dinamiche capaci di proporre stili, eleganza, visione globale.

Era il gusto dominante di quei tempi e infuso nei “Quattro Pizzi”, incastonati nell’angolo Sud-Orientale della bassa e lunga tonnara. Vincenzo Florio voleva ricollegarsi alla grande imprenditoria inglese che commerciava con il mondo, che solcava tutti i mari, che portava notizie e visioni e che si trovava anche a Palermo avvinta da affari solidi e numerosi.

Al primo piano dei “Quattro Pizzi” le finestre a sesto acuto si allungano notevolmente rispetto a quelle del piano inferiore. Lo slancio in alto è molto pronunciato, tutta questa sezione è sempre più tesa verso il cielo, la struttura sembra quasi rarefarsi nel suo colloquio-apertura con l’ambiente esterno.
L’architetto Carlo Giachery fu veramente eccezionale nella progettazione e realizzazione.
Piccoli archi sorreggono e scandiscono i due ordini della palazzina quadrangolare, strutture in pietra eleganti e graziose, alcune cuspidi tracciate anche sulle mura ai quattro angoli come a rimarcare il concetto delle quattro torri poligonali che in alto chiudono con puntuti pinnacoli.

Dalla volta del salone al primo piano si mostrano le epiche gesta di paladini, citazioni delle decorazioni risalenti all’XI secolo, le crociere che delimitano gli spazi affrescati. In questo ampio spazio e non solo, teche con gli oggetti dei Florio, molte fotografie, documenti, una miniera di racconti concretizzati: narrano quella famiglia anche attraverso le sue abitudini quotidiane. La toeletta usata da Franca Florio nello yacht Aegusa, vari servizi di bicchieri, diversi tipi di ceramica, disegni, dipinti, compresi quelli creati da Vincenzo jr.

Un mondo che risplendette dalla fine Ottocento che portò grandi cambiamenti, anche politici, fino all’inizio del Novecento e ai fasti della Belle Époque.

Un ricco patrimonio di ricordi che Chico Paladino Florio ha ereditato e che custodisce.

Ne ho un ricordo vivido.

Un grande archivio posto nella parte a studio dell’ex tonnara, affacciata sul cortile interno. Un salotto ampio colmo di oggetti che richiamano la Sicilia e innumerevoli parti del mondo. Poi foto, divani, tavolini, una porta che si apre in un ambiente speciale dove tutto è catalogato, minuziosamente conservato e rintracciabile.
In quelle tante testimonianze documentali e fotografiche che vanno lontane nel tempo, non appaiono solo i Florio, ma anche antichi appartenenti alle famiglie storiche siciliane, italiane ed estere sottolineando i rapporti che i padroni di casa avevano con quella che è definibile come la bella società nazionale e internazionale.

Gli Imperatori di Russia alla palazzina dei “Quattro Pizzi” (1845)

La casa dei “Quattro Pizzi” era fatta apposta per rinserrare relazioni, non solo quelle siciliane. Tra quelle mura giunse anche Nicola I Romanov, Zar di Russia dal 1825, insieme alla Zarina Alessandra Fёdorovna che prima della conversione all’ortodossia russa era Carlotta Principessa di Prussia e alla figlia, la Granduchessa Olga.

L’Imperatore giunse a Palermo il 23 ottobre 1845. Non era un viaggio di piacere, ma poggiava su motivi pratici: alla Zarina serviva soggiornare in una località calda per guarire da sue affezioni. Così la scelta cadde sulla capitale siciliana forte anche del suo bel mondo e dei suoi luoghi squisiti. Fu una permanenza durata quaranta giorni per lo Zar, mentre la Zarina Alessandra vi passò tutto l’inverno.

Determinante per l’arrivo dei regnanti russi a Palermo fu l’azione di una nobildonna dell’Impero, Varvara Sachovskaja, proprietaria di una villa all’Olivuzza, ex casa fuori città di Caterina Branciforti Principessa di Butera, sposa dell’ambasciatore Giorgio Wilding.
Come ci arrivò la nobile russa a Palermo?
L’ambasciatore Wilding era rimasto vedovo, la Principessa Caterina era morta. Un giorno lui conobbe e si innamorò della Sachovskaja. Questo nuovo amore si trasformò in matrimonio. La nobile russa ebbe così modo di conoscere la Sicilia rimanendone entusiasta.

Proprio in quel 1845 la Varvara Sachovskaja era momentaneamente a San Pietroburgo. Venne fuori la notizia della malattia che colpiva la Zarina, così offrì allo Zar il soggiorno nella sua villa palermitana, invito accettato dall’Imperatore.

Potete immaginare i preparativi palermitani all’arrivo degli zar, il gran daffare delle famiglie nobili palermitane per organizzare eventi e ricevimenti. La stessa villa all’Olivuzza che doveva ospitare i regnanti fu arredata con i mobili dei sovrani spediti dalla Russia.
Lo Zar con moglie, figlia e Corte arrivarono quel 23 ottobre di 178 anni fa da Genova sbarcando al porto di Palermo dai piroscafi Kamčatka e Bessarabia.
Ci vollero ben quindici carrozze per portare tutto e tutti alla villa dell’Olivuzza.

Fu proprio nella contesa tra famiglie siciliane per organizzare celebrazioni e feste attraenti che si inserì Vincenzo Florio.

Durante una gita nel delizioso borgo marinaro dell’Arenella, la Zarina rimase colpita dalla casa dei “Quattro Pizzi”. Se ne innamorò così tanto da acquistare i progetti dell’architetto Carlo Giachery.

Che ci fece l’Imperatrice con quegli studi e progetti realizzativi?

Voleva portare in Russia un pezzetto di quella Palermo che amava e che l’aveva impressionata. Desiderava soprattutto un salone decorato come quello della villa palermitana dei Florio all’Arenella.
Tornata a San Pietroburgo si fece costruire una residenza estiva a Peterhof, città che si affaccia sul golfo di Finlandia, fatta fondare da Pietro il Grande, sede della Reggia di Peterhof, la Versailles russa.

La casa di villeggiatura dell’Imperatrice, chiamata “Rinella”, ricalcava i progetti di Giachery: l’angolo di Palermo della Zarina.

Dai Florio ai Paladino

Come avvenne questo passaggio Florio-Paladino? Si deve tornare indietro alla ricca vita di donna Lucie Henry, seconda moglie di Vincenzo junior, l’ultimo della dinastia Florio.
Lei e lui intelligentissimi, ricchi di iniziative, personaggi di grande cultura. Vincenzo jr ideò persino la celeberrima Targa Florio.

I due non ebbero figli. Così Vincenzo jr Florio si legò a Cecè (Vincenzo) Paladino, nipote della moglie Lucie Henry in quanto figlio di Renè Henry Paladino. Quindi, dopo il matrimonio con Lucie Henry, Cecè divenne nipote del Florio.

Vincenzo jr e Cecè erano molto vicini, come padre e figlio. L’ultimo dei Florio tenne moltissimo all’educazione del ragazzo che ne divenne l’erede universale. Questo accadde dopo la morte di Vincenzo jr Florio in Francia a Épernay nel 1959.

La palazzina dei “Quattro Pizzi” rimase in vita e nelle proprietà di famiglia anche grazie al grande apporto dato da donna Lucie Henry che vi profuse risorse ingenti.

La villa-tonnara divenne il cuore della vita e delle azioni di Cecè Paladino e di sua moglie Silvana, figlia di Alberto Cusimano e di Maria Teresa Palizzolo di Ramione.

Lo stesso Cecè era uomo dai molteplici interessi, un pioniere e figura fondamentale nel mondo della pesca subacquea mondiale, ideatore di quelle tabelle di decompressione che dagli anni 50 in poi hanno consentito ai subacquei di arrivare nelle profondità marine senza più pericoli.
Era quindi legatissimo al mare, protagonista di scoperte e dell’archeologia sottomarine. Nel Madagascar trovò un mondo da amare. Era in qualche modo irrequieto e bisognoso di continue esplorazioni. Dedito alla famiglia, alla sua Silvana, ai figli e anche alla Targa Florio, altro grande lascito di Vincenzo jr. Pochi punti solo per tracciare alcuni dei tanti tratti di quest’uomo.

In questo 2023 avrebbe compiuto 90 anni.

Cecè Paladino in un’intervista girata a maggio 2001 proprio alla Tonnara dell’Arenella

La palazzina crebbe a nuova vita grazie a Silvana Paladino che ideò un mare di iniziative dando continuo impulso alla storica costruzione all’Arenella.

La nobildonna era una fucina di idee e dirompente nella struttura sociale palermitana e italiana, ideatrice del Palermo Pop ’70 dopo che con l’amico Joe Napoli, organizzatore italo-americano, andò a vedere il grande evento di a Woodstock: da lì l’idea di ridare vita a una manifestazione simile, ma in Sicilia, portando artisti di fama internazionale.
Poi, sempre negli anni 70, l’apertura di una Galleria d’arte, “Il Paladino”, al centro di Palermo, in una via Mazzini che all’epoca era da considerare il fulcro di un quartiere a luci rosse, strada che ne uscì profondamente trasformata come perno d’attrazione culturale.

Molto lunga la successione delle idee concretizzate e dei successi di Silvana nel tessuto sociale palermitano. L’apertura di radio private nel periodo della liberalizzazione delle frequenze in FM, la conseguente diffusione della musica (la prima fu Radio Arenella), ma anche la trasformazione di via Principe di Belmonte in area pedonale e tantissimo altro.
Occorrerebbe un articolo solo per parlare di Silvana Cusimano Paladino.
Lei seguì spesso il marito nei viaggi e nei soggiorni in Africa e in Madagascar, esperienze che riportò a Palermo, anche alla Fiera del Mediterraneo.

Silvana Cusimano Paladino nel 2010: il suo rapporto col mare e quello dei siciliani, nel passato e oggi

Alla morte di Cecè 13 anni fa e poi di Silvana nel 2016, il testimone di tanta storia anche vicina è passato nelle mani dei figli, Chico e Alexej Paladino Florio.

Sono entrambi uomini del mare e seguono con naturalezza la rotta del padre e della madre. Hanno la stessa energia e fermento creativo dei genitori.

Alexej noto appunto come imprenditore del mare, marinaio esperto, manager della DYC-Dream Yacht Charter, una delle più grandi aziende mondiali di charter, nonché protagonista nel 2019 di una spettacolare azione: riuscire a spostare 30 catamarani da Marsh Harbour, città dell’isola Grande Abaco (Bahamas), fino a Nassau salvandoli dalla distruzione prima del passaggio del devastante uragano Dorian.

Imprenditore anche Chico Paladino Florio, affermato producer pubblicitario e cinematografico internazionale, con la moglie Ana Paula ha costituito l’Associazione Culturale Casa Florio per il rilancio del marchio e del nome della famiglia.

Ana Paula, brasiliana d’origine, ma profondamente siciliana, campionessa della pallavolo nella serie A, presiede l’associazione e ha proprio lo scopo di valorizzare la storia della famiglia Florio, dei suoi luoghi.

In quel del Madagascar Chico ha dato vita a diverse attività e ne ha proseguite altre, sia nel campo della ricettività che nella produzione di colture molto particolari dando lavoro e impiantando veri e propri villaggi con servizi di assistenza che, in precedenza, i lavoratori locali potevano solo sognare.

Il ritorno stabile di Chico a Palermo l’ha reso protagonista di rievocazioni, mostre, eventi culturali tanto da rendere la palazzina dei “Quattro Pizzi”.

È centro di una rinnovata e intensa attività messa in campo dall’Associazione, compito che l’edificio ricopre a ondate dalla seconda metà del XX secolo: fucina e humus fertile per idee, luogo dell’affermazione e valorizzazione storica.

Come scrittore di questa pagina, ma ancora prima come siciliano, raccomando una visita ai “Quattro Pizzi”, meglio ancora se nello stesso momento è stato programmato un evento che farà rivivere il mondo dei Florio, la Sicilia da fine 1800 ai primi del 1900.
Ne uscirete abbagliati e appagati.

Associazione Culturale Casa Florio
Palazzina dei Quattro Pizzi

(all’ex Tonnara dell’Arenella)

Telefono
+39 3913242207

e-mail
info@casaflorio.org

Indirizzo
Palermo – Discesa Tonnara 4/B

5 commenti Aggiungi il tuo

    1. Giuseppe Grifeo ha detto:

      Quante cose da scoprire e da raccontare. Una miniera la Sicilia. Come tutti i nostri territori italici.
      Avrei voluto sintetizzare di più ma, alla fine, quelle frasi e quelle parole mi sono servite tutte 😁

      Piace a 1 persona

      1. luisa zambrotta ha detto:

        Grazie per questa gentile risposta!!!

        Piace a 1 persona

Lascia un commento