Chi l’uccello ha e chi lo prende: gioco beffardo e veritiero di Natale Polci, poeta romanesco e tramviere

Natale Polci, altro maestro del romanesco insieme a Trilussa, con i suoi sonetti e le sue composizioni mise in luce molti aspetti della società italiana. Qui, con fare abile e beffardo, introdusse l’uccello nei suoi versi giocando con le parole.

La poesia “Er passero ferito” è quella che gli diede maggiore notorietà, anche se spesso viene attribuita – errando – al grande Trilussa.
In fondo alla poesia, in caratteri color blu, ho riportato i versi finali che sono stati aggiunti successivamente da mano non nota.

Natale Polci, nato a Giuliano di Roma il 25 dicembre 1897, deceduto a Roma il 10 aprile 1988. Undici le sue pubblicazioni dal 1932 al 1960 tra raccolte di versi, sonetti, apologhi (sorta di favole con uno spiccato senso allegorico e morale), racconti.

Er passero ferito

Era d‘Agosto. Un povero uccelletto, ferito da la fionna d’un maschietto,
s’agnede a riposà co ‘n’ ala offesa, su la finestra aperta d’una chiesa.

Da le tendine der confessionale, un prete intese e vidde l’animale,
ma dato che lì fori, c’ereno nun so quanti peccatori,
richiuse le tendine espressamente, e se rimise a confessà la gente.

Ma mentre che la massa de persone, diceva l’orazzione
senza guardà pe’ gnente l’ucelletto, ‘n omo lo prese e se lo mise in petto…
Allora ne la chiesa se sentì, un lungo cinguettìo: cì-cì, cì-cì!..

Er prete, risentendo l’animale, lasciò er confessionale,
poi, nero nero peggio de la pece, s’arampicò sur purpito e lì fece:
Fratelli, chi ha l’ucello per favore vada fora dar Tempio der Signore!”.

Li maschi, tutti quanti in una vorta, partirono p’annà verso la porta,
ma er prete, a que lo sbajo madornale:
Fermi! – Strillò – che me so espresso male…
Tornate indietro e stateme a sentì: qua, chi ha preso l’ucello deve uscì!”.

A testa bassa e la corona in mano, cento donne s’arzorno piano piano.
Ma mentre se ‘n’annaveno de fora, er prete ristrillò:
Ho sbajato ancora! Rientrate tutte quante fije amate, ch’io nun volevo dì quer che pensate.
Io v’ho già detto e ve ritorno a dì, che chi ha preso l’ucello deve uscì,
ma io lo dico a voce chiara e stesa, a chi l’ucello l’abbia preso in chiesa!
”.

In quello stesso istante, le moniche s’arzorno tutte quante,
eppoi, cor viso pieno de rossore, lasciarono la casa der Signore.


Di seguito altre due versioni

Era d’agosto e un povero uccelletto,
ferito dalla fionda d’un maschietto,
andò, per riposare l’ala offesa,
sulla finestra aperta d’una chiesa.

Dalle tendine del confessionale
il parroco intravide l’animale
ma, pressato dal ministero urgente,
rimase intento a confessar la gente.

Mentre in ginocchio alcuni, altri a sedere
dicevano i fedeli le preghiere,
una donna, notato l’uccelletto,
lo prese al caldo e se lo mise al petto.

D’un tratto un cinguettio ruppe il silenzio
e il prete a quel rumore
il ruolo abbandonò di confessore
e scuro in viso peggio della pece
s’arrampicò sul pulpito e poi fece:
Fratelli, chi ha l’uccello, per favore,
esca fuori dal tempio del Signore
”.

I maschi, un po’ stupiti a tal parole,
lenti s’accinsero ad alzar le suole.
Ma il prete a quell’errore madornale
Fermi!”, gridò, “mi sono espresso male.
Rientrate tutti e statemi a sentire:
solo chi ha preso l’uccello deve uscire.

A testa bassa, la corona in mano,
cento donne s’alzarono pian piano.
Ma mentre se n’andavano ecco allora
che il parroco strillò:
Sbagliate ancora! Rientrate tutte quante,
figlie amate, ch’io non volevo dir quel
che pensate.

Ecco, quello che ho detto
torno a dire: solo chi ha preso l’uccello
deve uscire, ma mi rivolgo, non ci sia sorpresa,
soltanto a chi l’uccello ha preso in chiesa
”.

Finì la frase e nello stesso istante
le monache s’alzaron tutte quante,
e con il volto pieno di rossore
lasciavano la casa del Signore.


Era d’Agosto e un povero uccelletto
Ferito dallo sparo di un moschetto
Andò per riparare l’ala offesa,
a finire all’interno di una chiesa.

Dalla tendina del confessionale
Il parroco intravvide l’animale
Mentre i fedeli stavano a sedere
Recitando sommessi le preghiere.

Una donna che vide l’uccelletto
Lo prese e se lo mise dentro il petto.
Ad un tratto si sentì un pigolio Pio pio, pio pio, pio pio.

Qualcuno rise a sto cantar d’uccelli
E il parroco, seccato urlò: “Fratelli!
Chi ha l’uccello mi faccia il favore
Di lasciare la casa del Signore!
”.

I maschi un po’ sorpresi a tal parole
Lenti e perplessi alzarono le suole,
ma il parroco lasciò il confessionale
e: “Fermi – disse – mi sono espresso male!”.

Tornate indietro e statemi a sentire,
solo chi ha preso l’uccello deve uscire!
”.
A testa bassa e la corona in mano,
le donne tutte usciron pian piano.

Ma mentre andavan fuori gridò il prete:
Ma dove andate, stolte che voi siete!
Restate qui, che ognuno ascolti e sieda,
io mi rivolgo a chi l’ha preso in chiesa!
”.

Ubbidienti in quello stesso istante
le monache si alzarono tutte quante
e con il volto invaso dal rossore
lasciarono la casa del Signore.

2 commenti Aggiungi il tuo

  1. Avatar di andreavania57 andreavania57 ha detto:

    Sapevi che ne esiste anche una versione in dialetto napoletano? https://www.youtube.com/watch?v=NaAm91MgCrM
    Comunque, al grande pubblico la fece conoscere, nella versione in italiano, Andrea Bocelli: https://www.youtube.com/watch?v=HHLeBrYb0is

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    1. Avatar di Giuseppe Grifeo Giuseppe Grifeo ha detto:

      Quella in napoletano mi era totalmente sconosciuta!

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