Romanzo – “Il Barone dei matti”, la penna di Antonio Mistretta fa rivivere la Palermo fra 1700 e 1800 e la rivoluzione nel mondo della malattia mentale

È stato come vivere momenti e racconti che hanno sempre popolato i salotti di famiglia, storie che hanno caratterizzato la Sicilia e Palermo fra 1700 e 1800, aneddoti che hanno accomunato persone dell’epoca, parenti, situazioni storiche. “Il Barone dei Matti”, scritto da Antonio Mistretta, medico, professore, comunicatore, è un vivido romanzo immerso nell’antica sicilianità e trae vita da una storia vera che sorprende.

Il libro rimette in primo piano una delle caratteristiche della storia isolana, il fatto che, a livello internazionale, la creatività e l’innovazione della Sicilia fra XVIII e XIX secolo potevano regalare grandi sorprese. È un romanzo che racchiude tre tipologie di storie, biografia, romanzo storico, manifesto etico, ma non è l’unico aspetto che è contemporaneamente sia uno che trino.

La storia raccontata è quella del Barone Pietro Pisani, uomo rivoluzionario in Sicilia per le sue idee innovative sul trattamento delle persone con gravi affezioni psichiche, personaggio che fece chiudere il vecchio e terribile manicomio palermitano per trasformarlo in una struttura umana.

Pisani fu vero anticipatore di Franco Basaglia, lo psichiatra e medico che in Italia, dal 1958, iniziò a caldeggiare una piena rivoluzione per il settore della salute mentale. Fu un processo parecchio osteggiato. Tutto questo portò comunque alla legge del 1978 che portava il suo nome e che fece chiudere i manicomi portando alla profonda riforma degli ospedali psichiatrici: allontanò il settore da due pesanti eredità, il retaggio del XV secolo e l’ordinamento regio del 1903 a Italia unita, quello che istituì proprio i manicomi-frenocomi.

Pietro pisani fra 1700 e 1800 fu un grande precursore di tutto questo e lo fece a Palermo.

Il racconto sul Barone è frutto appunto della penna di Antonio Mistretta, responsabile della comunicazione scientifica dell’Istituto Superiore di Sanità, medico e professore che in questo volume regala molti momenti di vita vissuta e un grande senso di sicilianità familiare.

Mistretta lo fa con uno stile arguto, frizzante, carico di sentimenti, capace di ricreare paesaggi, scenari a tal punto che il lettore ci si trova subito coinvolto come se li stesse vivendo da protagonista.
Antonio usa parole e narra la vicenda come se avesse realmente vissuto in quelle epoche, sembra quasi un viaggiatore del tempo giunto fino a noi per raccontarci tutto con frasi, espressioni, descrizioni fresche e tangibili, non da storico/biografo distante.

Questa è la tipica magia della scrittura e del racconto che Antonio Mistretta possiede. Dopo ricerca attenta e minuziosa, lettura di documenti e con la naturale conoscenza di quel mondo che fa da cornice alla storia, l’autore ha assemblato tutto in un racconto vivissimo.

L’ambientazione puramente storica di questo volume comprende l’arco di vita del protagonista. Tutto inizia quindi dal 1761, anno della nascita di Pietro Pisani, quando l’Isola è governata dai Borbone, Re Carlo Sovrano, incoronato a Palermo nel 1735 come Re di Sicilia, Regno che sottrasse agli austriaci.
Il racconto chiude nell’anno della pestilenza, del “mal contagioso”, il 1837, in riferimento all’epidemia di cholera morbus o morbo asiatico che in quel momento dilagò anche in Sicilia e a Palermo causando sconvolgimenti per i tantissimi morti che decimarono la società isolana.

Come sottotitolo a Il Barone dei matti si legge “Le tre vite di Pietro Pisani.
Il romanzo si regge infatti su tre cardini vitali dell’esistenza del protagonista che nel corso della sua vita si autodefinì come il primo dei matti di Sicilia, un visionario capace di vedere quel che gli altri non vedevano. Nei fatti era un eccentrico con idee rivoluzionarie che seppe tradurre in veri progetti, uomo molto coraggioso, eclettico e colto, si oppose a situazioni molto scabrose.
Leonardo Sciascia lo definì “Saggio al punto da riconoscersi folle, e abbastanza folle da ritenersi tra i folli il più saggio”.

Ed ecco le tre vite in una.

Prima di tutto il momento iniziale della sua esistenza, l’amore per la musica che il personaggio prova fin da bambino e che lo porta a grandi vette trasmettendo questa passione viscerale a uno dei figli, quello che mostra di avere le note musicali nel sangue.

Poi la passione per gli studi di antiquaria, espressione che sta per archeologia, un forte interesse che lo porta a salvarsi e, al culmine della sua azione, a salvare le metope di Selinunte opponendosi alle brame degli inglesi che vogliono trasportarle al British Museum: Pisani agisce con il  Luogotenente Generale Antonio Lucchesi Palli e inserisce i reperti nella nuova legislazione sulla tutela dei beni artistici e archeologici nella Sicilia borbonica, atto che sbarra la strada ai londinesi.

Infine, la terza fase, la folgorazione che ha scontrandosi con il trattamento – o meglio, con il non trattamento – della salute mentale di persone affette da gravi difficoltà psichiche. Pisani vuole capovolgere la situazione rivoluzionando la terapia e l’approccio ai malati mutando totalmente la struttura che fino a quel momento li rinchiudeva.

Tre epoche di vita che nell’esistenza del Barone si intrecciano anche a momenti difficilissimi, di tragedia oltre a istanti di grande felicità.

Pisani rifiuta il classico manicomio inteso come era a quei tempi, l’Ospedale di San Giovanni dei Lebbrosi che all’epoca ingabbiava malati psichici, scabbiosi e tisici tutti insieme.
Il protagonista rimane sconvolto dalla visione di malati legati a letti, segregati dentro celle buie e umide, ambienti insani, con quasi assenza di luce dall’esterno: ha un rigetto per quella che sembra più una struttura di punizione, una discarica per umani fallati invece che un luogo di cura.

A quel punto il protagonista del volume dà il via alla sua rivoluzione nella Palermo del XVIII-XIX secolo: apre quelle celle, slega quei corpi malnutriti dando libertà a quelle persone, li fa ripulire e vestire, valorizza quel che i malati sanno fare dialogando con loro per una reciproca comprensione.

Nella storia reale dell’epoca che ha ispirato Mistretta, il personaggio, assumendo la guida della struttura, realizzò il suo piano rivoluzionario trasferendo i malati psichici nell’ex noviziato dei Padri Teresiani ai Porrazzi per quella che divenne la Real casa dei Matti di Palermo separandoli da malati di tutt’altra natura.

Il romanzo racconta bene questa fase.
L’innovazione terapeutica di Pisani si arricchisce perché lui scopre che la sua amatissima musica può intessere con gli assistiti un rapporto nuovo, le note possono essere un ponte di libertà e cura per quelle menti, possono avere valore terapeutico.
Bisogna riscoprire quegli uomini e quelle donne in grandi difficoltà, avere un rapporto con loro per giungere al centro del disagio e riparare ciò che li ha rovinati, dipanare quei nodi che ne legano i pensieri.

Tutto questo nel romanzo assume particolari coloriture che mettono in risalto il forte disagio iniziale, la realtà tragica dei malati e la successiva luce di speranza, di quei visi che riemergono nell’umano e parlano, agiscono, creano, lavorano.

Di qui l’evidente comunanza di Pisani con Philippe Pinel,  psichiatra francese, grande riformatore della psichiatria che seppe guardare ai problemi dei malati di mente con spirito nuovo.
Pinel fu pure pioniere nell’introduzione dell’analisi fisiologica della malattia mentale separandola dal concetto quasi misterico, demoniaco a tratti e superstizioso che fino a quel momento aveva caratterizzato il modo di guardare e trattare la persona in difficoltà mentale.
Quando lo specialista francese accettò la direzione dell’asilo di Bicêtre, compì lo storico atto di liberare gli alienati dalle catene e dalle lordure in cui erano stati gettati trasformando i pazzi in malati da studiare e curare.

Inevitabile la convergenza fra Pisani e Pinel, l’unione di intenti fra Palermo e Parigi.

Poche immagini dal mondo de “Il Barone dei Matti”

Residenza dei Baroni Pisani a Palermo:

Avevamo una coppia di pappagalli quando ero bambino.

Due parrocchetti dalle piume variopinte, chiusi dentro una monumentale voliera di ferro battuto che troneggiava al centro del salotto giallo.

Tutti in famiglia li chiamavano i pappagalli del gesuita, perché era stato un religioso di Casa Professa a portarli da noi quando la Compagnia di Gesù era stata espulsa dal Regno, io avrò avuto cinque o sei anni.

[…]

Rivedo però – come se fosse accaduto poco tempo fa – il momento in cui quel religioso è entrato nel salotto giallo, con la tunica svolazzante che sembrava una cornacchia impaurita portando con sé i volatili che lo avevano accompagnato a Palermo dall’America del Sud, dov’era stato in missione per anni.

«Signora Barunissa, solamente Voscenza mi può aiutare!»

Consapevole di avere davanti a Sé un futuro con poche certezze – in cui i pappagalli non potevano avere più posto – al povero gesuita la migliore soluzione era sembrata quella di affidarli a mia madre, donna pia e gentile e soprattutto il cui amore per gli animali gli era noto.

[…]

Quando si metteva in testa una cosa – che fosse una parrucca o un’idea – mia madre non amava perdere tempo, anche in quella circostanza le erano bastate poche parole per obbligare il mio recalcitrante padre a offrire un tetto e del cibo ai due volatili esotici senza più patria.

«Melchiorre, gioiuzza, sono solo due acedduzzi spauriti, perché vi opponete? Nostro Signore Gesù Cristo ci ha detto di amare tutto il creato, San Francesco».

Quando mia madre si rivolgeva a mio padre chiamandolo gioiuzza, adoperava consapevolmente un’arma che le avrebbe fatto ottenere una resa senza condizioni.

«Lasciate stare Nostro Signore e San Francesco, Donna Annamaria, per carità. Di sicuro avranno preoccupazioni più alte. E sia fatta la vostra volontà».

[…]

Mia madre era contenta di quel cinguettio amoroso, che mio padre invece trovava insopportabile, temendo anzi che la presenza di quegli acedduzzi, così innocui in apparenza, avrebbe potuto farlo passare per un fiancheggiatore dei gesuiti cacciati dal Regno con Real Decreto.

Per un Percettore delle tasse e dei tributi per conto di Sua Maestà-Dio-guardi-e-conservi, era inammissibile: prima di ogni cosa la fedeltà alla Corona, poi quella alla moglie.

Figuriamoci se voleva correre dei rischi per quegli stupidi parrocchetti che a lui nemmeno piacevano.

Per questo, dopo poche settimane aveva raggiunto un compromesso con mia madre: un pesante drappo di damasco giallo avrebbe creato una notte artificiale all’interno della voliera, così da tenere addormentati i pappagallini, che avrebbero avuto il permesso di dare sfogo alle loro velleità canterine solo per brevi momenti ogni giorno, in corrispondenza della consegna del cibo.

Così, trascorrendo da reclusi una forzata oscurità, i parrocchetti del gesuita avevano finito per ammalarsi di noia e nostalgia della luce, contagiando anche mia madre, il cui sorriso sembrava spegnersi insieme al canto ridotto dei suoi uccellini.

Il Barone Pietro Pisani guarda alla sua vita e trae debite conclusioni, quelle che gettano luce sulla sua storia:

Il pensiero dei pappagallini tristi, prigionieri dentro una gabbia buia, deve però aver scavato a poco a poco nella mia anima un portuso profondo, come la goccia di acqua che a furia di cadere sullo stesso punto riesce a erodere la roccia.

Per decenni ho covato all’interno del mio cervello la fissazione di guarire chiunque soffrisse di malinconia.

Il mio solo cruccio è di non avere troppo tempo davanti.

Non ho tempo, non ho tempo.

Prima di morire vorrei vedere i matti di tutto il mondo – come i parrocchetti del gesuita – volare fuori dalle gabbie in cui sono chiusi.

Vi sembra che lo sia anche io folle, ad avere un simile pensiero?

Ebbene, credo proprio di esserlo, un po’ folle.

Sono il primo dei folli di Sicilia.

Pietro Pisani, il barone dei matti, per servirvi.

Se avrete la pazienza di ascoltarmi, vi racconterò la mia vita – anzi – le mie vite.

Sarete voi a giudicare se io lo sono o meno.

Matto, intendo.

Al suo primo ingresso nella struttura che teneva chiusi i “matti”:

L’odore di umidità e l’eco dei lamenti si intrecciavano nell’aria creando un’atmosfera carica di tensione.

Ero entrato in un mondo parallelo, un universo di fragilità e speranza spezzata.
[…]
Tutto l’Ospizio dei Matti era inzuppato di sofferenza, come se le pareti stesse trasudassero l’angoscia delle storie umane più oscure.

Ho attraversato corridoi stretti e mal illuminati, le pareti logorate testimoni mute del passare del tempo e dell’abbandono.

Lo squallore dell’ambiente era palpabile, un riflesso dell’indifferenza della società verso coloro che lottavano con la loro mente.

Sono entrato dentro stanze che sembravano gabbie sporche che potevano accogliere animali e non esseri umani.

Gli ammalati stavano distesi su pagliericci sudici o a terra, chi nudo, chi coperto di stracci.

Tutti ricoperti da insetti e parassiti, pativano fame, sete e ogni tipo d’umiliazione.

[…]

Era evidente che questi individui erano stati abbandonati al loro destino, relegati in stanze oscure e anguste come se non avessero alcun valore. Le pareti insozzate sembravano riflettere la mancanza di speranza che aveva pervaso quei luoghi.

Sull’autore de “Il Barone dei Matti”

Medico e professore ordinario di Igiene generale e applicata, direttore della Scuola di Specializzazione in Igiene e Medicina preventiva all’Università di Catania, ha ricoperto l’incarico di coordinatore delle attività scientifiche della presidenza dell’ISS-Istituto Superiore di Sanità, attuale Responsabile istituzionale area editoriale dell’ISS.
Ha collaborato con l’Istituto Treccani (link).
Nel 2005 per conto dell’Istituto Superiore di Sanità, Osservatorio Fumo, Alcol e Droga (OssFAD), nell’ambito del progetto “Gli stili di vita per la prevenzione delle tossicodipendenze” ha ideato il “FUMOTTO”, un kit educativo indirizzato ai bambini delle scuole elementari e ai loro insegnanti con lo scopo di fornire un semplice e divertente strumento per informare sul fumo di tabacco e sui danni che può provocare alla salute.
Dal 2014 al 2015 le sue linee di ricerca hanno compreso vari settori dell’Igiene: Epidemiologia clinica, metodiche di valutazione, rilevamento delle abitudini alimentari e stili di vita, educazione alla salute, con particolare riferimento alla progettazione e realizzazione di materiali per la didattica ludica per conto dell’Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro (AIRC) e dell’Istituto Superiore di Sanità.
Ha progettato campagne di educazione alla salute su tematiche legate all’ambiente promosse dall’UNESCO, dall’AIRC e dal CIPA-Consorzio Industriale per la Protezione dell’Ambiente.
– Collaborazione con la Direzione della Pubblica Amministrazione del Comune di Catania, sezione Prevenzione ed Educazione alla Salute, per la valutazione dello stato nutrizionale e di salute di bambini e giovani adolescenti residenti in Sicilia.
– Collaborazione con Istituto Mediterraneo per i Trapianti e Terapie ad Alta Specializzazione (ISMETT), University of Pittsburgh Medical Center in Italy (Palermo), per la valutazione del ruolo di fattori socio-demografici e clinici sulla sopravvivenza dei pazienti trapiantati di fegato.
– Collaborazione con il Centro Regionale di Riferimento per i Trapianti della Sicilia, sezione Policlinico Universitario di Catania, per la valutazione del ruolo di fattori socio-demografici e clinici sulla sopravvivenza dei pazienti trapiantati di rene.
– Collaborazione con il Dipartimento di Chirurgia Generale, Sezione di Chirurgia e Oncologia, Università di Catania, per la valutazione del ruolo di fattori socio-demografici e clinici sulla sopravvivenza dei pazienti operati di tumore del colon-retto.
– Collaborazione con la Direzione Sanitaria e l’Unità Operativa di Medicina del Lavoro del Presidio Ospedaliero Vittorio Emanuele, per la valutazione di fattori di rischio di incidenti in ambito lavorativo degli operatori sanitari del medesimo presidio ospedaliero.

Sue precedenti pubblicazioni letterarie/divulgative/narrativa:

  • Casa di pietra, Edizioni dell’Ariete, Siracusa, 1995
  • Pelle di corallo, Marsilio Editori, Venezia, 1997
  • Archivi del Sud, Bonanno Editore, Acireale, 2013, (Premio internazionale Sebastiano Addamo)
  • La musica perduta, Giulio Perrone Editore, Roma, 2021.

Per Giulio Perrone Editore ha curato le antologie:

  • Romolo e Remo, racconti e ricette romanesche
  • Scilla e Cariddi, racconti e ricette siciliane
  • In giro per la Sicilia in lambretta.

Ha scritto La libreria dei destini incrociati, libro di brevi racconti per ELI-Palombi Editori.

Pagine: 168
Genere: Romanzo, Biografie, Storico
Prezzo: € 16.00
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3 commenti Aggiungi il tuo

  1. Avatar di wwayne wwayne ha detto:

    Post di una bellezza esagerata, come tutti quelli che pubblichi. Sono sempre più orgoglioso di commentare regolarmente quasi tutti i tuoi post.

    Piace a 1 persona

    1. Avatar di Giuseppe Grifeo Giuseppe Grifeo ha detto:

      😁 mille e mille grazie, del resto c’è un vantaggio nel racconto quando un elemento, un libro, un fatto, un monumento o qualsiasi altra cosa, ti colpisce nel profondo. Le storie familiari o di amicizie sono ben popolate di vicende simili. Mi ci sono ritrovato.
      Ora ne ho una nell’aria sul periodo della seconda guerra mondiale a Caltagirone e riguarda mio padre e suo padre-mio nonno, storia con diversi aspetti particolari.
      Questa del Barone dei matti, particolarissima, e molto sorprendente per una realtà che io stesso conoscevo molto poco e che mi è esplosa davanti leggendo il libro. Volume che ho trovato scritto molto bene per i motivi che ho descritto

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      1. Avatar di wwayne wwayne ha detto:

        Adoro i racconti in cui la Storia con la S maiuscola si intreccia con le piccole storie di chi l’ha vissuta, quindi non vedo l’ora di leggere il tuo post sulla seconda guerra mondiale! 🙂

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