Essere professore fino a metà Novecento: Sicilia, Salvatore Geraci, uomo di incontro tra culture e mondi

Anno 1953 – Nella foto d’apertura e qui reinserita, mio nonno, Salvatore Geraci, a colloquio con un pastore nell’area del Castello di Puntasecca (Caltanissetta), località che in epoca araba avrebbe avuto come primo nome quello di Ayn al-Qasab.
L’episodio è raccontato da Sandro e Clelia Mirone, suoi alunni, uno scritto che fece parte di alcune rievocazioni del Liceo Spedalieri, il 14 dicembre 2011, in un incontro al Complesso convegni e mostre “Le Ciminiere”.
Erano tempi, quelli fino a metà Novecento, in cui essere professore, storico e filosofo (mio nonno amico di Croce), aveva tutt’altro significato e valore…

Ricordo dello Spedalieri scritto da Sandro e Clelia Mirone

Volevamo scrivere un ricordo della nostra giovinezza, del “nostro” Liceo Spedalieri evitando di iniziare col solito e patetico “AI NOSTRI TEMPI”.
Ma non ci siamo riusciti!
Ai nostri tempi la campanella suonava, assordandoci, dietro la porta della III B.
Ai nostri tempi la scivolata sul maestoso scalone dei Benedettini era onorifica come uno status symbol.
Ai nostri tempi ci si alzava in piedi all’ingresso dei professori che non chiamavamo prof., semmai storpiavamo benevolmente il loro cognome…
Ecco, fra tanti ricordi dei nostri tempi, volevamo trovarne uno che li riassumesse un po’ tutti e per tutti. Poteva bastare un tuffo nell’album delle foto di scuola e sceglierne una?
Ai nostri tempi e me lo dicono appunto le foto di quegli anni, le gite scolastiche non avevano le ambiziose pretese di oggi: si realizzavano “vicino casa” o la classica intramontabile Taormina o una puntata a Siracusa… ma una intera pagina di foto del 1953 ci ritrae ridenti, simpatici e abbastanza malvestiti a Caltanissetta.
A vedere cosa? Ma si, un rovinatissimo rudere che un cartello menzognero definiva solennemente CASTELLO DI PUNTASECCA .
Un solo docente a farci da guida o da sorvegliante – come ironizzavamo noi – il prof. Salvatore Geraci.
Abbiamo scelto fra tante una foto, una piccola foto che apre ancora per noi la pagina di una esperienza preziosa. Se la guardate bene vedrete il prof. Geraci, dritto e compìto col suo abito scuro che, sullo sfondo di un pendio aspro, sta conversando con un pastore: un pastore vero!
Ciò che questo insolito personaggio gli dice e che lui ascolta serissimamente diventa per noi dapprima l’input per le solite battute (gli dirà “mi parli di Hume”?), ma ben presto ci dimostra nei fatti che non c’è bisogno di una cattedra per consegnare agli alunni una lezione memorabile: la cultura del pastore che si confronta con l’immenso patrimonio filosofico del nostro docente in un dialogo straordinario che viene riproposto alla nostra attenzione in una prospettiva affascinante, ricca di notazioni intense e suggestive ancora oggi attualissime, ancora oggi da far rivivere.
Grazie ancora, Maestro.

La rileggiamo col cuore questa splendida lezione e ci commuove risentirla sulle labbra e nell’impegno di molti suoi allievi.
A loro oggi la ricordano, uniti dalla stessa gratitudine, due che quel giorno erano in gita insieme (a.s. ’52-’53) e che sono ancora insieme da quasi sessanta anni.

Sandro e Clelia
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