La Sicilia della Magna Grecia in mostra ad Atene, il Kouros e “Kάllos, La massima bellezza”, quella d’anima e fisica

Il busto del giovinetto di Leontinoi, esposto al museo Paolo Orsi di Siracusa e la “Testa di Biscari” che appartiene alle collezioni del Museo civico di Castello Ursino a Catania: nuovamente unite e, per questa volta, un importante pezzo d’arte antica di Sicilia, il “Kouros ritrovato”, è in esposizione ad Atene, nei saloni del Museo di Arte Cicladica (link) fino a 16 gennaio 2022.

In precedenza l’unione dei due pezzi nell’originario status era stata esposta a Palermo, Catania e Siracusa grazie alla collaborazione fra Regione Siciliana, Comune di Catania e Fondazione Sicilia, fattore che ha reso possibile l’esposizione ad Atene per la grande mostra internazionale “Kάllos, La massima bellezza”.

La Sicilia della Magna Grecia in mostra ad Atene – struttura e filosofia dell’esposizione

La mostra ateniese “Kάllos, La massima bellezza” fa perno su diversi reperti, circa 300 per l’esattezza, provenienti da musei, eforeti di antichità e collezioni in Grecia, Italia e Vaticano. L’esposizione è stata strutturata in due grandi sezioni,  Abbellimento  e  Bellezza. Lo scopo è quello di mettere in luce vari aspetti della “bellezza” declinati nella vita quotidiana e nei temi filosofici dell’antica Grecia.

L’antica parola greca Kállos (Kάλλος) significa essenzialmente bellezza ed è associata sia al sesso femminile che a quello maschile. Ma non è solo bellezza in quanto tale. Il Museo ellenico sottolinea come il termine esprimesse un ideale che si è sviluppato nel pensiero greco antico, espresso attraverso le opere dei poeti epici (VIII sec. a.C.) e lirici (VII-VI sec. a.C.) e dal V/IV secolo grazie a testi dei filosofi. Il concetto fu descritto come una combinazione della bellezza fisica con le virtù dell’anima.

Questo interscambio Sicilia-Grecia permette di sviluppare ulteriormente il legame culturale, tanto che al termine della mostra ateniese un prezioso reperto greco arriverà nella nostra Isola. Si tratta di una statua del terzo millennio a.C., una delle principali opere oggi in esposizione nella sala centrale del Museo di Arte Cicladica di Atene: è un Idolo, una delle più grandi sculture cicladiche, della varietà Spedos (Antico Cicladico II, cultura Keros-Syros, 2.800-2.300 a.C.).

“La mostra di Atene e la successiva esposizione di un’antichissima scultura cicladica in Sicilia – sottolinea Alberto Samonà, assessore dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana – sono tappe di un percorso di relazioni che il Governo Musumeci ha attivato con Atene e che culminerà in importanti iniziative culturali in programma fra la nostra Isola e la Grecia. La mostra del Kouros, inoltre, è un bell’esempio di collaborazione fra istituzioni, grazie alla quale questa operazione è stata resa possibile: la Regione con il Museo Paolo Orsi, il Comune di Catania con il Museo di Castello Ursino, e la Fondazione Sicilia”.

“La presenza del Kouros al Museo di Arte Cicladica – sottolinea Barbara Mirabella, assessore alla Cultura del Comune di Catania – è motivo di grande orgoglio anche per la città di Catania, nella quale l’opera ritornerà a gennaio 2022. La “Testa apollinea”, rinvenuta nel Settecento da Ignazio Paternò Castello principe di Biscari, ricongiunta al corpo, a testimoniare l’unicità straordinaria del messaggio scultoreo, è una delle opere più significative del Museo Civico di Castello Ursino. Con il Sindaco Salvo Pogliese salutiamo con soddisfazione l’interesse e la centralità che la Direzione del Museo ateniese hanno immaginato per il “nostro” Kouros, ritrovato e capace di rinnovarsi, con un miracolo che solo l’eternità dell’arte classica poteva regalarci”.

Il “Kouros ritrovato”

A questo punto devo raccontare qualcosa sulla statua siciliana, sul torso e sulla testa che la compongono. La statua, modellata da un unico blocco di marmo, dovrebbe risalire a un periodo compreso tra il 530 e il 490 a.C.

La “Testa apollinea” o “Testa di Biscari” (dallo scopritore) fu rinvenuta nel 1700: autore del ritrovamento fu Ignazio Paternò Castello principe di Biscari (di questo personaggio storico ho parlato qui), colui che riportò in luce a Catania le strutture dell’antico Teatro romano edificato su preesistente struttura greca. Nei tempi più recenti la testa ha trovato collocazione nel Museo di Castello Ursino a Catania.

Poi il torso di efebo acefalo o del giovinetto di Leontinoi, ritrovato nelle campagne di Lentini esternamente all’area della città antica, acquisito nel 1904 da Paolo Orsi che, all’epoca, lo pagò mille lire al Marchese di Castelluccio. Il pezzo è stato conservato nel Museo Archeologico Regionale di Siracusa a lui intitolato.

Come sottolineato dagli archeologi siciliani, la statua doveva probabilmente avere destinazione funeraria. I kouroi sono quelle figure giovanili nude simbolo eterno della kalokagathia, quindi della coniugazione di bello e buono, sintesi dei valori di una società che in quelle opere ne vedeva la personificazione. Le città siceliote e i centri della Magna Grecia hanno restituito questa tipologia di testimonianze in numero sicuramente minore rispetto alla Grecia, seppur con esemplari di vero interesse. Il torso rinvenuto ai primi del ‘900 a Lentini è una figura acefala di giovane nudo, in posizione frontale.

Ci sono voluti anni di studi per chiarire che la testa rinvenuta intorno alla metà del Settecento da Ignazio Paternò Castello fosse integrazione del torso rinvenuto a Lentini: grazie a studi anche litografici, si è accertato essere parte del kouros e che oggi ci fa parlare di “kouros ritrovato” nella versione ricomposta in esposizione al Museo di Arte Cicladica di Atene.

Da ricordare che nel 1927 fu l’archeologo siciliano Guido Libertini, professore di Archeologia dell’Università di Catania, a sostenere per primo che testa e corpo fossero parti della stessa statua.

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