Il potere incontestabile della Parola su tutto. Altro insegnamento dall’Antico Egitto: lo scriba Kheti

“Diventa un artigiano della lingua e trionferai: la lingua è la spada dei Re! Le parole valgono molto più di ogni combattimento: non si può sorprendere un artigiano dell’eloquenza”.

Kheti rivolto al figlio – Antico Egitto, circa 4.000 anni fa

Parole che giungono al Papiro XII che contiene i celebri “Insegnamenti di Kheti”. Il testo è uno dei più longevi e letti nell’Antico Egitto e intende trasmettere due elementi primari: la forza della parola e la conoscenza.

Come giornalista condivido in pieno questa prima espressione del pensiero di Kheti. Forse per deformazione professionale, ma anche per incontestabile verità. Lo vediamo oggi per come viene utilizzata la parola e al potere che ha su molte menti. Mi riferisco al senso negativo, la diffusione di enormi stupidaggini subito condivise da menti pigre, la parola come arma di diffusione di finte verità, le false notizie, i vuoti proclami a caccia di facile promozione elettorale priva di contenuti. In periodi di crisi, economici, sociali e di ideologie-valori, la parola ha grandissimo potere ed enorme pericolosità.

Per questo i “savi” dovrebbero farsi sentire di più. Bisognerebbe seguire con convinzione gli esempi ideali di grandi saggi come questo “caso” su cui sto scrivendo e gli “insegnamenti” di circa 4.000 anni fa.

Kheti è stato individuato nella figura di un possibile scriba del periodo storico nominato come Medio Regno.

Breve quadro storico

Come Medio Regno si intende quel periodo durato approssimativa tra il  2055 a.C. ed il 1790 a.C. compreso tra la prima crisi iniziata con il collasso dell’Antico Regno (che va da poco prima del 3.000 a.C. con l’unione dell’Egitto in un’unica nazione governata dai faraoni più antichi) e l’intera durata del Primo periodo Intermedio – circa 2192 – 2055 a.C. caratterizzato dallo smembramento statale, lotte interne, invasioni o scorrerie di popoli dal deserto e dalla Libia.

L’Egitto però rinacque ed ecco la riunione politica grazie a un governo forte ed efficiente. A iniziare questo nuovo periodo d’oro, il Medio Regno, furono i faraoni dell’XI dinastia. Antef II (Horo Wah-ankhHorus rafforzatore della vita) che ampliò la sua sfera di influenza verso il Nord del Nilo e Mentuhotep II (Horo Samtawy – Horus (Colui che) riunifica le Due Terre), definitivo restauratore dell’ordine statale unitario: ristabilì il governo nel Delta del Nilo dove scardinò anche l’influenza di genti libiche e di popoli nomadi del Sinai che avevano approfittato della debolezza egiziana durante il Primo periodo intermedio.

L’Insegnamento di Kheti

Il potere della parola considerato come il più forte. “L’insegnamento” è un testo su papiro scritto dallo scriba Kheti, già noto ne “La satira dei mestieri”.

Kheti non incentra tutto sul potere dello scriba in sé come in molti passaggi della sua “satira”, ma su quello della parola, l’arte oratoria preziosissima per eccellere, sia nelle classi sociali più alte della struttura statale e di comando, sia in quella sacerdotale.

Da quanto si è compreso, Kheti proveniva dalla regione del Delta del Nilo ed era un padre che voleva trasmettere la sua conoscenza a Pepi, suo figlio, mentre navigavano sulle placide acque del fiume diretti alla Residenza del Faraone. Insegnamenti dovuti perché, giunti alla meta, il ragazzo doveva entrare nella Casa della Vita (pr-nq), la scuola connessa al Palazzo Reale dove portare avanti i suoi studi.

Questo “Insegnamento” resterà per secoli uno dei documenti fondamentali dell’istruzione, almeno fino all’epoca del Nuovo Regno e dei faraoni che portarono il nome “Ramses”.

Kheti al figlio Pepi: “Tu devi porre il tuo cuore ai libri […] Non c’è nulla di superiore ai libri. Leggi alla fine della Kemyt e vi troverai questa frase che dice: «Quando lo scriba è in ogni suo posto alla Residenza, egli non vi soffrirà bisogni». […] Voglio farti amare i libri più che tua madre; ti metterò davanti agli occhi la loro bellezza”.

La “Kemyt” citata, “La Somma”, è un altro testo sapienziale, anche questo utilizzato nelle Case della Vita per secoli. Raggruppava formulari, epistolari, espressioni e frasi utili a ogni scriba: tale libro concludeva esponendo i vantaggi di tale professione e la felicità di chi la esercita nella Residenza (con la “R” maiuscola: quella del Faraone). La Kemyt, inserita in un papiro ben più tardo, d’età ramesside (il Chester Beatty IV,6,11), era però esistente prima di Kheti. Questo saggio scriba, conoscendone il valore, ne prende un passo per citarlo nel suo scritto.

Inizio dell’insegnamento che ha composto un uomo di cabina di nome Kheti, figlio di Duauf, per suo figlio di nome Pepi.

Egli navigava verso sud diretto alla Residenza per metterlo nella
scuola degli scribi, fra i figli dei nobili, come uno che è addetto alla
Residenza, e così gli disse:
Io ho conosciuto fatiche, ma tu devi dedicarti allo scrivere,
perché ho visto chi è libero dal suo lavoro:
ecco, non c’è nulla più utile dei libri […].
Leggi dunque alla fine della Kemyt, e vi troverai questa frase che
dice:
«Quanto alla scriba in ogni suo posto alla residenza,
non vi sarà mai bisognoso, non uscirà dal benessere:
egli compie il volere di un altro».
Io ho visto questa funzione esattamente come questa frase ne parla.

Farò che tu ami i libri più che tua madre;
ti metterò davanti agli occhi la loro bellezza:
è davvero più grande che ogni professione,
non esiste il suo simile in questo paese.
(lo scriba) ha appena cominciato a fiorire, è ancora bambino,
e già lo salutano, lo si manda come messaggero,
e non ritorna per mettersi in abito da lavoro.

Non ho visto uno scalpellino (inviato) come messaggero,
non viene mandato un orefice.

Ma ho visto il fabbro al suo lavoro, alla bocca della sua fornace:
le sue dita sono come di (pelle di) coccodrillo,
puzza più che le uova di pesce.

Ogni falegname tiene lo scalpello,
è più stanco dello zappatore:
il suo campo è il legno, la sua zappa il bulino di rame.
Di notte è stanco morto,
perché ha fatto più di quello che potevano fare le sue braccia,
e anche di notte vi è luce (ndR: lavora anche di notte?).

Il tagliapietre fa incisioni con lo scalpello su pietre dure di ogni tipo:
quando ha inciso un cubito di tracciato (ndR: il cubito piccolo di circa 44,7 centimetri e il cubito regale, di circa 52,5 centimetri, usato in architettura e pari alla lunghezza presa dal gomito alla punta del dito medio, più la larghezza di un palmo),
le sue braccia non funzionano ed è stanco;
quando deve star seduto per il pane quotidiano,
sono doloranti le sue ginocchia e la sua schiena.

Il barbiere fa la barba fino a tarda sera: si reca in città,
si mette agli angoli e sui cantoni,
va di strada in strada a cercare chi possa radere;
rende forte il suo braccio per riempire il ventre,
come l’ape che mangia in proporzione con quanto lavora.

Il pecoraio discende la corrente verso il Delta
per guadagnarsi la mercede (?)
quando ha lavorato più di quanto le sue braccia potessero,
lo hanno massacrato le zanzare e i tafani,
lo affligge la sua afflizione,
ed è spossato.

Il vasaio è ficcato nel fango, sicché passa l’esistenza come una bestia:
la melma lo imbratta più che un maiale,
finché cuoce i suoi vasi;
le sue vesti sono indurite dal fango,
la sua cintura è a brandelli;
nel suo naso entra direttamente l’aria che esce dal forno;
calpesta coi piedi (l’argilla) e ne vien lui stesso pestato.
È imbrattata ogni stanza della (sua) casa
ed è pasticciato il pavimento.

Ti dico anche del muratore che costruisce muri:
è dolorosa la frusta contro di lui,
è sempre esposto al vento,
e mura senza vestito;
la sua cintura, sul lavoro, è di corda,
per lasciar libero il suo di dietro;
le sue braccia sono rovinate dalla […]
e tutti i suoi vestiti sono macchiati.
Mangia pane (con [?]) le sue dita e si lava una volta al giorno.

Il falegname è del tutto miserabile;
[lavora… (?)] in una stanza di dieci cubiti per sei,
[è pagato (?)] nel mese successivo a quando ha messo gli stipiti, le soglie e gli affissi,
e sono finiti tutti i lavori relativi;
quanto al pane, lo dà alla sua famiglia:
i suoi figli sono molto picchiati.

Il giardiniere porta il giogo,
le sue spalle sono sotto carichi d’acqua,
sulla sua nuca c’è una grande pustola che produce pus;
passa il mattino ad annaffiare verdura
e la sera piante-sciaut.
Arriva alla notte (?) dopo che il suo corpo è malato,
quando si posa, è (stanco) morto. (Soffre più) di chi fa ogni (altro) mestiere.

Il contadino si lamenta eternamente,
la sua voce è più alta di quella del corvo (?)
le sue dita e le braccia sono domate alle verdure,
egli si affatica in mezzo ai pantani ed è sempre stracciato;
Egli sta bene come si sta bene tra i leoni:
la frusta è dolorosa contro di lui ed egli ne soffre (?);
quando esce di là, dalle campagne arriva a sera a casa sua,
lo ha spossato il viaggio (fino a casa).

Il tessitore è dentro il laboratorio:
sta peggio che una donna (in parto),
Le sue ginocchia toccano lo stomaco, non tira più il fiato;
se sciupa un giorno senza tessere, è battuto con cinquanta
frustate;
deve dare una mancia al portinaio perché lo faccia uscire alla
luce.

Il fabbricante di frecce,
molto si affligge andando nel deserto;
è più quello che dà alla sua asina di quello che porta sulla groppa;
è molto quello che deve dare alla gente nei campi,
perché lo mettano sulla strada.
Quando a sera arriva a casa sua,
lo ha spossato il viaggio.

Il corriere va nel deserto,
dopo aver trasmesso ai figli i suoi beni,
per timore dei leoni e degli Asiatici;
ritorna in conoscenza quando è di nuovo in Egitto;
quando arriva a casa sua di sera, lo ha spossato il viaggio.
Sia pur la sua casa di tela o di mattoni, ritorna contento.

Il raccoglitore di [… (?)], le sue dita sono fetide,
il suo lezzo è come di cadavere;
i suoi occhi sono indeboliti dal fumo,
e non può allontanarsi dal suo posto;
passa tutto il giorno a tagliare fra le canne,
i suoi abiti sono il suo abominio.

Il calzolaio sta molto male, eternamente alle sue tinozze da
concia.
Sta bene come sta bene uno che si trova tra i cadaveri;
quel che mette sotto i denti è il suo cuoio.

Il lavandaio lava sulla riva: il suo vicino è il coccodrillo;
egli scende nell’acqua pericolosa (?),
e non può allontanarsi dal suo posto.
Non è un mestiere di cui si possa essere contenti,
più che di tutti gli altri mestieri:
Sta in mezzo agli escrementi, non c’è membro in lui pulito.
Si dedica alle vesti delle donne ed è sempre malato;
piange tutto il giorno usando il bastone da lavandaio,
e battendo (?) sulla sua pietra;
gli si dice: «La biancheria! Vieni subito da me!»
e le sue labbra sono serrate (?).

L’uccellatore soffre molto;
il suo sguardo è fisso sugli uccelli:
se l’uccello di palude svolazza sopra di lui, dice:
«Oh, se avessi una rete!»;
ma dio non gliela fa avere, e lui soffre per il suo piano.

Ti dico anche del pescatore:
egli soffre più di chi fa ogni altro mestiere,
perché il suo lavoro è sul fiume,
mescolato ai coccodrilli.
Se si distrugge la [… (?)] del [… (?)]
è sempre in lamento.
Non dice: «Il coccodrillo s’è levato!»:
lo ha reso cieco la sua paura,
e scende nell’acqua pericolosa e dice: «Come dio vuole».

Ecco, non esiste un mestiere senza che qualcuno dia ordini, eccetto quello dello scriba, perché è lui che dà ordini.
Se saprai scrivere, starai meglio che nei mestieri che ti ho messo davanti.
Ecco, è compagno della sua propria miseria (ogni altro mestiere)
mentre non si dice «contadino!» a un tale uomo (= lo scriba).
Stai attento!

Ecco, ciò che faccio nel viaggio verso sud, verso la Residenza,
lo faccio per amor tuo.
È utile per te un giorno a scuola
dura (?) per l’eternità il suo lavoro, come (?) una montagna.
Faccio che tu sappia controllare (?) la disobbedienza (?).
Ti dirò anche altre cose per istruirti,
sicché tu sappia come comportarti là dove si combatte,
e come avvicinarti al luogo dove si discute.

Se si porta un mattone all’impaziente,
non si può respingere il fuoco dell’opinione davanti agli uditori.
Rispondi con un indugio.
Se vai dietro ai funzionari, seguili a distanza;
se entri e il padrone di casa è in casa sua,
e tende le sue braccia a un altro prima che a te,
siediti con la mano alla bocca, non domandargli qualcosa,
ma fa’ quello che ti dice.

Guardati dall’alzarti a tavola.
Sii grave e pieno di rispetto;
non dire parole a chi si nasconde;
chi nasconde se stesso si è fatto uno scudo;
non dire parole al violento
quando siedi insieme al caparbio.

Se esci da scuola dopo che ti si è indicato il mezzodì,
e cammini venendo dall’edificio,
fermati (solo) quando sei giunto alla tua destinazione.

Se un funzionario ti manda con un messaggio,
riferiscilo come l’ha detto,
non togliervi e non aggiungervi.

Chi lascia (la scuola) con gridi di gioia,
non durerà il suo nome;
chi è completo di ogni qualità,
non c’è cosa che gli sia nascosta, ed è elevato in ogni posto.

Non dire menzogna parlando:
è l’abominio del funzionario.

Segui chi ha acquistato beni:
le sue due braccia sono simili al suo naso.
Non metterti con un ostinato, poiché è un vile.
Ti obbedisca il (tuo) ventre:
se ti sei alzato con tre pani, e hai bevuto tre brocche di birra,
non far che il tuo corpo ne sia scontento.
Se un altro si sazia, non stare lì,
e guardati dall’alzarti verso la tavola.

Ecco, è bene quando sei inviato spesso (con messaggi)
così puoi udire le parole dei funzionari,
in modo da assumere i modi dei figli di gente (importante)
mentre vai sui loro passi.
Si vede uno scriba che obbedisce:
uno che obbedisce diventa bravo.
Opponiti alle parole che sono contro a queste.

Affrettati quando cammini;
sii preciso e prendi la strada verso (la scuola).
Fa’ amicizia coi tuoi coetanei.

Ecco, ti metto sulla strada di dio.
La Renenet (Colei che nutre – divinità preposta alla protezione delle messi ed in generale di tutti gli alimenti) di uno scriba è sulle sue spalle dal giorno della sua nascita:
quando è diventato un uomo giunge alla sala dell’amministrazione.
Ecco, non c’è uno scriba privo di nutrimento
e di cose nel palazzo del re.
La Mesekhent (dea del parto e creatrice del Ka, parte dell’anima delle persone) destinata a uno scriba
è quella che lo mette alla testa dell’amministrazione.

Ringrazia dio per tuo padre e tua madre,
che ti hanno messo sulla via della vita.
Ecco, questo ti è davanti, e (davanti) ai figli dei tuoi figli.
È giunto bene alla fine.

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3 commenti Aggiungi il tuo

  1. orededrum ha detto:

    Giuste parole sui libri !

    Piace a 1 persona

    1. Giuseppe Grifeo ha detto:

      L’importanza estrema di leggere, documentarsi, studiare, approfondire per essere padroni della propria vita

      Piace a 1 persona

  2. orededrum ha detto:

    Sono editora et sono d’accordo perfettamente ! Grazie !

    Piace a 1 persona

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