Ingrediente principale affinché i migranti clandestini o irregolari possano arrivare alla destinazione prescelta: i soldi. In caso di pagamento rateale grazie al loro lavoro nella nazione di arrivo, devono dare in garanzia case e/o terreni nella propria terra d’origine: smettendo o non potendo pagare, queste proprietà finiscono nelle mani degli “organizzatori” di questi viaggi della speranza. Poi gli ingredienti secondari, ma essenziali, personaggi corruttibili in una catena di contatti ben costruita tra paese di partenza e quello di arrivo, manipolazione di documenti autentici, una pianificazione attenta del viaggio fino alla meta finale.
Ci sarebbe tanto da raccontare, ma riassumo per rendere ben leggibili queste vicende vere, vissute.
Fine anni 80, viaggi della speranza più economici, ma anche più complessi
Questo racconto, come i successivi che ho qui inserito, si basano su testimonianze dirette di persone fidate, conosciute. Come è logico, per rendere irriconoscibili questi testimoni, non sarò dettagliato su alcuni particolari, come sulla nazione di provenienza.
Scenario temporale: anno 1986.
Scenario geografico: partenza da una nazione del Sud Est asiatico.
Trasportatevi mentalmente in quell’anno e vivete tutto come se stesse avvenendo in questo istante.
Il sistema è ben noto. Si tratta di società che figurano come agenzie di viaggio. Ce ne sono molte. Non trattano solo viaggi turistici, ma sfruttano i tanti che desiderano partire per ‘Europa, arrivare in una delle nazioni del Vecchio Continente e trovare un lavoro ben pagato (paragonato alle condizioni economiche del loro paese). Finiscono spesso per fare domestici/che nelle case europee o a ricoprire altre mansioni, spesso molto dure. La fame e la grande incertezza hanno una grande spinta “propulsiva”.
Nel caso che racconto si tratta di un viaggio con arrivo finale in Italia.
La cosiddetta agenzia viaggi asiatica ha tanti contatti in Europa, tanto da poter programmare un percorso complesso, in questo caso fino a Messina dove l’aspirante lavoratore, poco più che ventenne, ha dei parenti già accasati e, in qualche modo, impegnati con un lavoro: lì ci sono prospettive di poter soddisfare la speranza.
Il costo finale? Circa due (2) milioni di lire, non pochi per il 1986, ma ben lontani dal range di spesa di 10.000/30.000 euro necessari nell’attuale ventennio del XXI secolo.
Funziona così.
Prima fase del viaggio, in aereo fino a Parigi con normali documenti. Il tempo del volo e, allo sbarco, ai controlli, mostrare che si ha un visto turistico per una città come Praga. Ma l’asiatico che è protagonista di questa avventura non andrà mai nella capitale ceca.
L’uomo resterà invece tutto il giorno in aeroporto. Solo la sera, verso le 19, prenderà un treno che da Parigi lo porterà in Italia.
E qui ecco manifestarsi il primo particolare raccapricciante che contiene quell’aspetto di corruzione a distanza così ben concatenato.
Arrivato al treno e mostrando il biglietto ferroviario, riconoscibile a un preciso addetto delle ferrovie francesi di un determinato vagone, ecco le prime “istruzioni di viaggio”: farsi rinchiudere nello scompartimento di servizio di quel vagone e non fiatare, nessun rumore, soprattutto quando il treno farà tappa nelle varie stazioni lungo il tragitto.
Il problema è che in quello scompartimento con spazio vitale per quattro persone… ce ne sono stipate ben 16. Non possono aprire la porta, sono chiusi dentro. Solo il ferroviere ha il passepartout che può spalancare le porte dello scompartimento.
Immaginatevi in un viaggio di dodici ore rinchiusi in quello spazio con tutta quella gente, tutti disperati, immigrati da varie parti del mondo, prevalentemente asiatici, alla ricerca di una parvenza di benessere e con grandi speranze. I vetri sono sempre chiusi dalle tende, tanto il viaggio avviene prevalentemente di notte. Nessun sole a filtrare e nessuna immagine esterna da vedere per evitare di farsi notare ed essere scoperti. Lo scompartimento deve sembrare vuoto e non utilizzato.
Al confine tra Francia e Italia avviene quanto era già stato detto a questi viaggiatori clandestini. Arriva un altro operatore delle ferrovie, apre la porta e li fa correre tutti nella parte di treno che va verso Firenze. Infatti, il convoglio viene suddiviso in due tronconi, solo uno dei due si dirigerà verso il capoluogo fiorentino. Il gioco al nascondino sovraffollato deve continuare in un altro vagone.
Dodici ore dopo ecco l’arrivo a Firenze, ore 7 del mattino. Finalmente aria, sole e un senso di ritrovata libertà. Sì perché qui non bisogna nascondersi. Nell’Italia del 1986 non ci sono attenti controlli, non bisogna mostrare giustificazioni per la loro presenza, non bisogna avere un permesso di soggiorno.
Da Firenze deve prendere altro treno per Roma. Nella Città Eterna altra breve pausa, poi un altro treno per la Sicilia e Messina. Considerando tutto il viaggio nel suo complesso, ci sono volute 48 ore.
Arrivato nella città sicula dello Stretto, il poveretto può tirare un sospiro di sollievo, ritrova parenti che erano partiti ben prima di lui. Può iniziare a programmare la sua vita fatta di lavoro e risparmi.
Negli anni sarà poi regolarizzato, manterrà continuamente contatti con la sua nazione, farà venire in Italia moglie e figli. Una vita di grandi rinunce iniziali – e non solo – di grandi sforzi, poi un lavoro definitivo a Roma. Oggi non è così lontano dalla pensione ed è riuscito pure a valorizzare sue proprietà nel paese d’origine.
Immigrazione clandestina nel XXI secolo, maggiori rischi, quindi costi più alti e tanto da raccontare
Per passare a un altro esempio di vita, più attuale, posso arbitrariamente affermare che da quel 1986 sono passati trent’anni in modo da inquadrare tutto al 2016. Lo scenario è comunque applicabile sia ad anni precedenti che al 2021 (con complicazioni Covid-19 a rallentare lo sfruttamento di questo flusso migratorio).
Scenario temporale: anno 2016.
Scenario geografico: partenza da una nazione asiatica.
Immaginate un viaggiatore che in situazione di estrema povertà, nonostante abbia di suo alcuni terreni, decide di rischiare e partire per l’Europa alla ricerca di un guadagno sicuro. Pensate tutto come se stesse accadendo in questo istante di lettura e calatevi nella situazione.
Avverto subito che da qualche tempo, a poca distanza da Roma, quest’uomo lavora raccogliendo pomodori. Questo la suo occupazione, quella che, comunque, gli garantisce una situazione migliore rispetto a quando si trovava nella sua casa d’origine.
Da dove è arrivato?
Dall’area asiatica intorno all’Everest. Non posso specificare di più.
Quanto ha pagato per il suo viaggio della speranza?
La richiesta dell’organizzazione, che non è più un’agenzia viaggi (non più adatta alla realtà odierna), è stata di 10.000 euro. Probabilmente gli è andata bene perché tanti altri hanno pagato anche 20.000 o 30.000 euro. Dipende tutto anche dal mezzo usato per il viaggio e dal tempo necessario per arrivare alla meta.
Questa persona ha optato per il viaggio in nave, imbarcazione presa nel primo porto indicato dagli organizzatori. Quindi, lo spostamento vero e proprio ha avuto inizio quando dalle aree interne dell’Asia (Everest) il personaggio si è spinto fino alla costa sul Pacifico: cosa non facile e non priva di pericoli.
Ma affinché tutto sia stabilito e organizzato, occorre pagare. Il poveretto non ha quella cifra enorme. Così avviene quel che accade continuamente a questi disperati. L’uomo si sente dire qualcosa del genere: “Quando arriverai a destinazione, ti troverai un lavoro e ci ripagherai mensilmente. Però noi teniamo in garanzia le tue proprietà qui. In caso tu saltassi i pagamenti o smettessi di pagarci, ci prenderemo tutto“.
L’accordo-capestro è fissato, inizia il viaggio per mare. Sarà lunghissimo.
La nave (o le navi, secondo quando previsto dal “piano” di viaggio), farà scalo in diversi porti. La rotta passa anche per porti in Arabia Saudita, l’equipaggio del vascello commerciale, di trasporto, deve portare avanti il suo programma su diversi nodi di scambio asiatici e africani.
Dopo un tempo infinito che può variare da un mese a tre, ecco finalmente l’arrivo. La prima costa visibile è quella siciliana. Deve sembrargli un sogno che sta per realizzarsi.
Qui il meccanismo di controllo italico è stato ben “oliato”. In caso di ispezioni, l’emigrato-immigrato clandestino deve andare in punti stabiliti della nave, magari semplicemente al bar per prendersi un caffè, luoghi dove ispettori e controllori italiani non entreranno.
Di lì a poco il gioco è fatto, il passaporto dotato di un visto autentico – fornito da chissà chi – fin dalla prima partenza, garantisce la salvezza.
Altri metodi di arrivo che non siano i barconi stracarichi delle rotte mediterranee
Il caso dell’asiatico che ho appena raccontato è solo un aspetto di questa “fabbrica” dell’odierna immigrazione clandestina, molto lucrosa per gli organizzatori.
Si arriva anche in aereo, ma la spesa lievita a cifre incredibili. Del resto, oggi il rischio è alto, i controlli, anche lungo le normali strade europee, ci sono. Ma in aeroporto, senza documenti adatti, non parti e non sbarchi all’arrivo.
Come fare?
Per come mi è stato raccontato, la cosa è di una banalità assurda. Però funziona alla perfezione.
Primo ingrediente: occorre un immigrato presente in Italia, regolarizzato, con permesso di soggiorno, con tutti i benefit e i doveri osservati da chi lavora e porta avanti la sua vita in piena legalità e normalità.
Secondo ingrediente: garantire alla persona descritta al punto precedente un buon guadagno per far utilizzare un suo documento, il passaporto.
In questo modo l’organizzazione è in possesso dei due elementi operativi determinanti: da una parte ha in mano il passaporto del regolarizzato in Italia; dall’altra parte, ha l’aspirante emigrato pronto a espatriare dal suo paese.
Come procedere?
Basta mettere il passaporto regolare in un microonde e scaldarlo. La pellicola plastica serigrafata che ricopre la pagina con i dati anagrafici e la foto, si solleva.
Basta sostituire la fotografia regolare con quella del viaggiatore in attesa. Quest’ultimo riceverà quindi il vero passaporto, ma con la sua foto: prenderà l’identità del regolarizzato in Italia e potrà partire e giungere alla meta senza alcun intoppo.
All’arrivo in Italia (o in altra nazione europea), il clandestino sarà a posto.
Il passaporto manomesso? Dovrà sparire. Il suo vero titolare denuncerà, solo a “missione” compiuta, il suo smarrimento o il suo furto (raccontando che in casa sono entrati i ladri che hanno rubato denaro e documenti).
Il “gioco” è fatto. Ognuno ha quel che vuole… soprattutto gli sfruttatori del bisogno altrui, i profittatori dei disperati in cerca di quel lavoro che possa garantire un’esistenza almeno decente per se stessi e per la propria famiglia.