Che vita è quella di chi non ha vino?.. che vita è quella di chi non sa gustarla

Il vino è come la vita per gli uomini, purché tu lo beva con misura.

Che vita è quella di chi non ha vino? Questo fu creato per la gioia degli uomini.

Allegria del cuore e gioia dell’anima è il vino bevuto a tempo e a misura.

Amarezza dell’anima è il vino bevuto in quantità, con eccitazione e per sfida.

L’ubriachezza accresce l’ira dello stolto a sua rovina, ne diminuisce le forze e gli procura ferite.

Antico Testamento, i sette libri sapienziali, dal Libro del Siracide-Σοφία Σειράχ (capitolo 31)

É un pensiero domenicale che mi è sorto oggi e che la mia mente ha interconnesso con la citazione che ho appena riportato.

Una di quelle rotte del pensiero libero, tipico di momenti rilassati e riposati. Ma anche reduce da una serata con amiche siciliane e un amico pugliese di passaggio a Roma, accolti nella calda casa di altri due amici siculi residenti a Roma. Il vino ha avuto tre momenti importanti, assaporato in tre diverse declinazioni, protagonista e non comprimario in quelle ore piacevoli: uno champagne prima di cena, due ottimi vini (un’Etna Rosso DOC e uno splendido vino Marche IGP), poi un Marsala post cena, durante una conversazione divertente e amabile, accomodati su divani scarlatti che riflettevano il fuoco di un antico camino.

Quindi, nonostante l’iniziale citazione, non mi sono improvvisamente trasformato in un uomo dalla forte trascendenza e dal misticismo spiccato. Però, proprio la mia forte conoscenza delle vicende umane – le più diverse – in tanti anni di giornalismo oltre che di vita, mi fa apprezzare questo passaggio del Libro del Siracide trovando una perfetta corrispondenza con quanto ho visto, vissuto e registrato nel nostro mondo umano.

Il capitolo 31 di questo testo sapienziale arriva al punto sul vino dopo indicazioni su come ci si deve comportare a un banchetto ma, prima ancora, sulla fame di ricchezze e dell’oro in particolare.

La parte sul vino è come se avesse una vita propria rispetto al capitolo. Riporta una precisazione netta, una prima regola di saggezza, di prudenza, di grande temperanza: Non fare lo spavaldo con il vino, perché il vino ha mandato molti in rovina“.

Qui risiede proprio la prima regola del gusto. Potrebbe sembrare che io sminuisca la portata di questo antichissimo scritto, ma è sempre una regola di vita trasportabile in altri momenti, ad altri argomenti, ad altri aspetti della vita.

In tanti anni passati ad assaporare i vini, a provarli, a scoprire nuove “creazioni” dalla lavorazione delle uve, questo punto diventa un cardine esistenziale, praticamente sacro: quello di vivere il vino senza strafare, altrimenti non se ne comprenderebbero più il sapore e il profumo in tutte le loro sfumature. Non se ne capirebbe più il valore. Per le nostre percezioni un intero mondo andrebbe perso.

Questo fu creato per la gioia degli uomini“, è una frase che ha una sua piena verità nel rapporto uomo-vino sia dalla parte di chi lo assapora, sia da quella di chi conosce la terra, le viti, ne comprende le naturali reazioni, sa innescare processi che portano a un prodotto finale che sarà la gioia di molti.

Lo sottolineo con forza, è vero, nella vita ci devono essere momenti di follia, di sganciamento delle redini.

Però, il gusto vero, vissuto, assaporato, esplorato, che rimane forte nei nostri ricordi, resta quello che vede corpo e anima in assaporamento lucido-sognante, necessariamente centellinato. Perché ogni sorso porta un mondo intero alla nostra percezione sensoriale e spirituale.

E non mi riferisco solo al vino…

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