Ci sono meccanismi psicologici e di vita che non sono spiegabili in maniera univoca, come fosse matematica. Sono fatti di esperienze radicate fin dall’infanzia e che proseguono negli anni trasformandosi. In questo 2022 Citroën spegne 103 candeline, occasione per raccontare una mia passione automobilistica, nata quando ero bambino.
Scrissi della mia esperienza e del mio vissuto quando volli ricordare Robert Opron (link), un grande del pianeta auto che, grazie al suo estro, disegnò celebri modelli Citroën (link) come GS, SM e CX.


Immaginate me bambino che avevo sentito parlare da mio padre della sua prima Fiat 500, della successiva 600, che lo vedevo tornare dall’ufficio con una Fiat 850 che aveva un caratteristico suono metallico, combinazione delle sonorità del motore posteriore e dello scarico (come fossi stato un cane, sapevo distinguere il rumore della sua auto prima ancora che si vedesse). Circondato da auto perlopiù squadrate, le Fiat 124, la 125, la 1100R che conservava un design anni 50 o le 2300 berlina e coupé e la 128 rivoluzionaria in Fiat per la sua trazione anteriore, la prima in Fiat con la trazione anteriore. Poi le affascinanti Alfa Romeo (io stesso, moltissimi anni dopo, da patentato, ho posseduto un’Alfetta 1800 prima serie ereditata da un amatissimo zio).
In questa panoramica, ecco che un giorno mio padre tornò con un’auto che “sospirava”, si alzava e si accucciava a riposo, quando si spegneva il motore, o si tirava su agendo su una levetta per passare oltre su strade di campagna o allagate, un’automobile che potevi caricarla come volevi di bagagli, agganciarle dietro una roulotte… e non si abbassava dietro neppure un po’, mentre le altre, schiacciate dietro, imbardavano il muso che quasi puntava verso un alto orizzonte. L’auto in questione, portata a casa da papà, era una una Citroën GS 1220 Club (modello proclamato internazionalmente Auto dell’Anno 1971).

Fu una conquista eccezionale, io che già mi ero innamorato delle sorelle maggiori, le DS, le auto-squalo, una era l’automobile di uno zio. La mia voglia di distinguermi dal panorama generale, di essere dentro una conquista tecnologica, di “essere avanti”, fu del tutto appagata… e poi che linea, non più a scatola ma disegnata per penetrare nell’aria.

Il mio “imprinting” e i miei desideri caratterizzarono il resto della mia vita, tanto da possedere prima una Citroën Xantia 1800 SX a benzina con cambio automatico e poi quella di oggi, una Citroën XM 2000 benzina Turbo CT. Naturalmente tutte auto da collezione (la XM riporta in libretto la classificazione ASI come auto da collezione-storica), non nuove, curate continuamente.


Un mio ritratto della Casa Automobilistica Citroën
Ha dato vita a modelli che hanno segnato una profonda rivoluzione tecnologica, come la DS o Déesse, prodotta dal 1955 al 1975, disegnata e progettata da storici realizzatori Citroën, Flaminio Bertoni per il disegno stilistico, André Lefèbvre come progettista e Paul Magès che ebbe l’idea delle particolari sospensioni idropneumatiche, Walter Becchia (italiano come Bertoni) per la progettazione dei propulsori. La Dea fu strabiliante nel suo debutto a metà degli anni 50 con quelle sue sospensioni liquido-azoto mai viste prima, con la sua linea così aerodinamica e filante. Simili forme erano state viste solo in racconti che immaginavano razzi spaziali.
Su questa pagina intendo tracciare un breve viaggio-racconto in questo marchio automobilistico. Intendo farlo attraverso alcune delle sue auto, senza andare troppo nello specifico e senza nominarle tutte, altrimenti occorrerebbe una pagina-enciclopedia.


La Citroën fu fondata proprio come casa automobilistica nel 1919 dall’ingegnere André-Gustave Citroën che ne stabilì la base a Parigi. Questa realtà industriale esisteva già nel 1915, ma era una fabbrica di munizioni.
Il cambiamento in senso automobilistico avvenne con la fine della Prima Guerra Mondiale.
Il primo modello, la Type A, fu presentato nel marzo del 1919 e le sue vendite iniziarono a luglio.


Il celebre marchio Citroën, il “double chevron“ derivò dalla suggestione grafica di quelli che all’epoca erano innovativi e particolari ingranaggi detti “a cuspide” o “a doppia elica – con dentatura a V”.
Il brevetto di questi ingranaggi fu acquistato da Citroën proprio il primo anno del XX secolo da un suo cognato polacco con un’industria di produzione meccanica: ingranaggi a presa costante e silenziosi rispetto a quelli fino ad allora conosciuti.
Dopo la Prima Guerra Mondiale, l’obiettivo prioritario per l’industria automobilistica era quello di dedicarsi prima a modelli più economici per chi poteva spendere meno.
Diversi altri modelli vennero fuori, ma il bello doveva ancora giungere.
L’arrivo della Traction Avant


Il nome ne rivelava la principale novità. Traction Avant, prima auto a trazione anteriore. Un modello rivoluzionario e longevo, motore e trasmissione tutt’avanti, baricentro ribassato garantendo una stabilità molto maggiore. Di conseguenza, grande spazio per i passeggeri e per l’abitacolo in relazione all’ingombro esterno. Berlina, coupé, roadster, tantissime le versioni di questo modello rimasto in produzione dal 1934 al 1957 dando vita nei decenni a tutto un gruppo di auto con punto comun denominatore in châssis (telai) derivati l’uno dall’altro.
Per progettare e a dare vita alla Traction Avant, André Citroën trovò due validissimi collaboratori: il giovane scultore italiano Flaminio Bertoni, pieno di idee strabilianti sul design, quindi destinato al disegno delle carrozzerie; il pilota e progettista André Lefèbvre, proveniente da Renault dove non riusciva a dare sfogo alle sue idee innovatrici.
Da ispirazione trovata alla statunitense Budd Company dell’amico Edward G. Budd, André Citroën trasse fuori l’idea di un’auto tutta in acciaio (non più con carrozzeria in legno) con scocca portante, fattore che completava la panoramica avveniristica e unica del nuovo modello nell’ambito automobilistico mondiale di quegli anni.
La simpatia della 2CV, sbocciata dopo la Seconda Guerra Mondiale
E la celeberrima 2CV? Auto-icona mondiale tra le tante che hanno travalicato i decenni e anno impazzato nella loro punta massima tra gli anni 60 e gli 80. Prodotta dal 1948 al 1990. Il primo modellino progettuale in legno risale al 1936.

In fase progettuale fu chiamata T.P.V. Très Petite Voiture. I primi prototipi espressero le scelte tecniche definitive, come le sospensioni a ruote interconnesse con braccio oscillante per ruota. E fu il progettista Pierre-Jules Boulanger, alla guida di Citroën dal 1934, a fare personalmente la celebre prova dell’auto attraverso campi arati con un cesto carico di uova sul sedile posteriore: non se ne doveva rompere neppure una e così fu.
Il prototipo definitivo è del 1939: carrozzeria in duralinox (lega leggera in alluminio) anche per il cofano frontale, anche se modellato in lamiera ondulata per renderlo più rigido. Tetto e padiglione coperti da un telone. Nell’abitacolo, sedili con sola ossatura metallica, seduta e spalliera in tessuto nudo e crudo, posto guida con il solo volante, leva del cambio a 3 marce, freno a mano, sulla plancia solo i due pulsanti per lo starter (la cosiddetta “aria” per chi ricorda anche le auto anni 80) e per l’accensione insieme all’unico strumento, un voltmetro.
Doveva essere presentata al Salone dell’automobile di Parigi (ottobre 1939) ma scoppiò la Seconda Guerra Mondiale: Boulanger fece distruggere le 250 auto pre-serie per non farle prendere ai nazisti, tranne quattro esemplari che furono nascosti. Il debutto fu rimandato a dopo il conflitto.
Comunque, proprio durante la guerra, il designer italiano Flaminio Bertoni, dopo l’esclusione dall’iniziale progettazione della futura 2CV, mise a segno la sua rivincita. Bertoni creò un modello più moderno e molto più gradevole, tanto che Pierre-Jules Boulanger, pur contrariato da questa intromissione e giudicando sempre secondario l’aspetto esterno per questa auto a basso costo, coinvolse il progettista italiano nella definizione ultima della 2CV.


L’auto super economica vide la luce dopo la guerra. Già dalla liberazione di Parigi nel 1944, i test ripresero, fu riprogettato il motore in favore di uno ben più affidabile – un bicilindrico da 375 cm³, raffreddato ad aria – frutto dell’elaborazione di Walter Becchia, ingegnere italiano che pensò e impose anche un nuovo cambio a 4 marce.


Il debutto della 2CV avvenne al Salone di Parigi del 6 ottobre 1948 e da lì l’aggiornamento fu continuo, ma senza stravolgere il modello. Fiorirono versioni speciali, compresa la Sahara che interpretò il concetto di trazione integrale in maniera particolare: due motori da 425 cm³; un motore davanti per le ruote anteriori e uno posteriore per le ruote in coda.
La Dea… la DS
Negli anni 50 giunse lincredibile iD/DS, prima auto con sospensioni idropneumatiche e con carrozzeria dalle forme filanti-futuristiche. Un vero sogno avveniristico che stupì tutti quanti anche per il design interno.

Tornando a tempi più recenti, quindi gli anni 70, ecco la linea GS-GSA, CX, SM, Visa, LN, BX, XM, C5 e C6
Le berlina GS e la sua evoluzione GSA, prodotte daldal 1970 al 1986, portarono le sospensioni idropneumatiche al livello medio del mercato. Arrivarono pure il tachimetro (nella prima serie) e il contagiri (nella seconda serie GSA) a tamburo, strumenti che sostituirono i soliti quadranti a lancette.
Una vera novità per quello che all’epoca era il segmento delle automobili di taglia media, grazie innanzitutto al sistema di sospensioni idropneumatiche autolivellanti… per non parlare della linea e del design esterno e interno.



La seconda serie GSA, fu una profonda rivisitazione del modello rinnovando il parco motori e dotandolo di portellone posteriore con, all’interno, una strumentazione dal sapore futuristico. Grande viaggiatrice.
La splendida CX prese poi il testimone della DS.
Grande stradista per eccellenza, spazi molto ampi per passeggeri e pilota, assicurava viaggi come su un cuscino d’aria, come nelle migliori tradizioni delle sospensioni idropneumatiche: assetto dell’auto costante a prescindere da quanto fosse stata caricata e, come per le altre, se foravi, l’auto restava in assetto su tre ruote consentendo di arrivare tranquilli alla prima area sosta per sostituire lo pneumatico danneggiato.
Esteticamente, una vera e propria freccia, un fuso su ruote proiettato con grande slancio in avanti. Elegantissima, indimenticabile.


Cosa dire poi della potente ed elegante Sm?
Enorme coupé con motore Maserati (Casa che all’epoca apparteneva alla Citroën) prodotta dal 1970 al 1975: una linea favolosa, incantevole, futuristica, come da tradizione della Casa Automobilistica francese. Ampio frontale con tutta la linea dei fari e del marchio centrale, racchiusa da destra a sinistra in un raccordo trasparente continuo. Anche gli interni sembravano ispirati a quelli delle auto futuristiche della serie di fantascienza “UFO” andata in onda negli anni 60.

Nel segmento delle utilitarie e cittadine, la piccola LN e, successivamente, la sua evoluzione LNA (prodotte dal 1976 al 1986) o la medio-piccola Visa (prodotta dal 1978 al 1988) con all’interno i celebri satelliti posti accanto al volante al posto delle classiche levette, innovativi sistemi che raggruppavano molti comandi.



Altra pietra miliare nell’evoluzione della produzione di auto in classe media, fu il modello BX che sostituì la GSA.
Fu prodotta dal 1982 al 1994, disegnata da Marcello Gandini per Bertone che aveva sottoscritto questa collaborazione con Citroën. L’ampio portellone posteriore, altri elementi della carrozzeria, il cofano motore di alcune versioni e i montanti posteriori (alcuni dei modelli dotati anche di una parte trasparente), erano realizzati in vetroresina.


Dopo giunse l’ammiraglia XM che prese il posto della CX.
Auto d’alto livello, caratterizzata da tante curiosità, come il suo doppio lunotto (quello interno proteggeva i passeggeri all’apertura del portellone posteriore, sia in stagione calda che durante l’inverno).
Prodotta dal 1989 al 2000, la XM ebbe il primato mondiale di essere l’auto a penetrare meglio l’aria grazie a un coefficiente aerodinamico pari a un cx di 0,28.

Poi nuovi cambiamenti in classe media e media-superiore, prima con la Xantia (prodotta dal 1993 al 2002), molto elegante, robusta, come per tutte le auto che hanno iniziato a farsi strada dagli anni 90, una ricca gamma di motorizzazioni sposate alle sospensioni idropneumatiche (eresia sarebbe stato pensare a una Citroën con elementi elastici tradizionali molla-ammortizzatore).
Dopo arrivarono la C5 prodotta dal 2000 al 2017, a sostituzione della Xantia, declinata in tre principali restyling-rivisitazioni e la nuova grande ammiraglia C6 (2005-2012), elegante, una linea che sembrava un fuso pronto a fendere l’aria, spoiler che usciva automaticamente dal bagagliaio superando una certa velocità, ma fu poco apprezzata dal mercato.
Queste furono le ultime tre auto Citroën con sospensioni idropneumatiche.
É proprio nell’ultima fase, dalla fine anni 90 alla prima decina del XXI secolo, che Citroën peccò proprio nella capacità di comunicare e pubblicizzare elementi vitali della Casa automobilistica, quelli che il fondatore André Citroën riteneva invece irrinunciabili.
Sulle sospensioni idropneumatiche smise di pubblicizzarne le caratteristiche, di farne parlare, di metterle al centro di iniziative. Quasi come non esistessero più. Non fu portata avanti neppure la ricerca per una loro evoluzione.
Probabilmente il Gruppo PSA Peugeot-Citroën fondato nel 1976 e che disegnava le strategie progettuali con prevalenza delle volontà Peugeot, volle la morte delle idropneumatiche in nome dell’economia di scala che dettava componenti meccanici unici per tutti i marchi del Gruppo.
Vedremo un ritorno di sospensioni del tutto particolari, autolivellanti ecc? Come per i tanti appassionati Citroën e delle sospensioni idropneumatiche, aspetterò gli eventi: se ne parla, ma finché non vedrò, non crederò.