Nel 2021 i Carabinieri TPC-Tutela Patrimonio Culturale hanno lavorato tantissimo per riportare beni culturali in Italia (e non solo da noi), nei musei, alle legittime collezioni, per far emergere furti di reperti archeologici in necropoli e in altre aree sotto tutela storico-artistica. Conosco da una quindicina di anni il loro lavoro e grazie a quest’opera instancabile di indagine, ricerca, contatti, operazioni nazionali e internazionali, l’Italia e altre nazioni hanno potuto riappropriarsi di tesori che erano stati rubati.
Bilancio dell’attività 2021 dei Carabinieri TPC
Ad ampio spettro l’attività dei Carabinieri TPC (link) nel 2021. Sono stati fatti ben 261 controlli per verificare lo stato di sicurezza in musei, biblioteche e archivi, 549 le perquisizioni, 1.182 le persone denunciate, 23.363 beni archeologici e paleontologici recuperati, 1.693 le opere false sequestrate (con un valore, se immesse nel mercato come autentiche, di oltre 427 milioni di euro).
I furti di beni culturali sono stati complessivamente 334 e hanno colpito 12 musei, 83 luoghi espositivi, 122 luoghi di culto, 11 archivi, 16 biblioteche, 90 luoghi privati e loro pertinenze.
Sono stati 38.716 i beni d’arte controllati nella “Banca Dati Leonardo” e 1.700 i controlli alle aree archeologiche, comprese quelle che si trovano sui fondali marini, alcuni portati avanti in collaborazione con i Carabinieri del Raggruppamento Aeromobili o dei Nuclei Subacquei: 57 le persone denunciate per scavo clandestino.
C’è anche la verifica che ha riguardato gli antiquari – non solo come luogo fisico – e con questo intendo i siti web per la vendita all’asta di reperti e opere d’arte. In questo caso i Carabinieri TPC hanno fatto 2.617 controlli, mentre sono state 392 le ispezioni in mercati e fiere.
Dall’inizio del 2021 i militari hanno esaminato 1.811 siti tra quelli classificati come monumentali o paesaggistici (in questi ultimi l’operazione è stata fatta con il comparto Forestale dell’Arma) e anche in questi casi i Carabinieri TPC hanno trovato delle attività fuorilegge tanto da dover bloccare e denunciare 225 persone sequestrando 10 immobili e 25 tra aree paesaggistiche o strutture (edificate senza le previste autorizzazioni) tutte comprese in aree soggette a vincolo.
Carabinieri TPC, alcune storie di “ordinario” recupero
Come sottolineato dai militari del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale, nel caveau di via Anicia a Roma dove ha sede il comando operativo-Sezione addestramento e Studi dei Carabinieri TPC, sono custodite sculture in marmo e teste in terracotta, antefisse e crateri, vasi e anfore, coppe e brocche, monete in argento. Tutto è frutto delle più varie operazioni di indagine e recupero portate avanti da questo speciale Corpo italiano.
Sono opere d’arte e oggetti di uso comune di grande interesse storico. Un patrimonio culturale che risale all’epoca dell’antica Roma, al mondo etrusco, a quello della Magna Grecia e dell’Apulia, quella che era la seconda regione augustea dell’Italia estesa dal Biferno al capo di Leuca, dall’Adriatico ai monti del Sannio e della Campania.
La datazione di questi reperti è compresa tra l’VIII secolo a.C. e il I secolo d.C. per un valore complessivo – stimato – in circa 10 milioni di euro. Sono stati presentati il 30 dicembre 2021 nella sede dei Carabinieri TPC da Dario Franceschini, ministro della Cultura, insieme al bilancio 2021 sull’attività del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale.
Dei 201 reperti, 161 sono stati rimpatriati e 40 resteranno in mostra, fino a marzo 2022, nei saloni del Consolato Generale d’Italia a New York e nell’attiguo Istituto Italiano di Cultura.
Tra gli oggetti rientrati in Italia spicca un interessante nucleo di pithoi (πίθοι), grandi giare d’epoca greca e dall’area della Magna Grecia, con tipica decorazione “bianco su rosso”: tra i soggetti rappresentati si distingue quello dell’accecamento di Polifemo da parte di Ulisse.

A questi si aggiungono alcuni vasi in impasto con decorazione incisa. Da segnalare un’anforetta ad anse cuspidate, di tipica produzione laziale, presente ad esempio a Crustumeriu (Crustumeria, Crustumium), antica città del Lazio a nord di Roma lungo il Tevere, sito archeologico particolarmente colpito in passato da tombaroli e comunque da scavi clandestini.
Considerando la produzione etrusca, è molto interessante l’anfora a figure nere attribuita al “Pittore di Micali”.

Con la definizione Pittore di Micali si intende un “gruppo di vasi etruschi a figure nere che prende il nome da Giuseppe Micali, che per primo ne pubblicò alcuni. Il Beazley li ha divisi in tre gruppi rispettivamente del Pittore di M., della Scuola del Pittore di M. e della Scuola del Pittore di M. con pezzi a sola decorazione floreale.
Il Dohrn, invece, ha diviso questo insieme di vasi in 6 sottogruppi, rispettivamente appartenenti: 1) al Pittore della Palestra, che corrisponde in linea generale al Pittore di M. giovane del Beazley; 2) alla Scuola del Pittore della Palestra; 3) al Pittore delle Sirene, che corrisponde in linea generale al Pittore di M. maturo del Beazley; 4) alla Scuola del Pittore delle Sirene; 5) al Pittore di Perseo, che corrisponde in linea generale alla Scuola del Pittore di M. del Beazley; 6) alla Scuola del Pittore di Perseo”.
“[…] I vasi, nella cottura e nella vernice, rivelano la consueta imperfezione tecnica già notata in altri gruppi etruschi come il Gruppo delle Foglie d’Edera, ecc. La forma dei vasi è per lo più ad anfora di un tipo che deriva dal calcidese, ma non mancano esempî d’ibridismo, come l’anfora 867 di Monaco che è qualcosa di mezzo tra l’anfora panciuta e quella a collo distinto. Anche per le idrie si nota una ricerca e un esperimento fatto in base a prototipi greci. Non mancano stàmnoi, brocche, bicchieri col piede di tipo prettamente etrusco, tazze a due manici di tipo attico e persino un cratere a colonnette. Pochi sono i soggetti mitologici; abbondano invece scene di puro valore decorativo, dove dominano figure di animali specialmente fiabeschi come le sirene, le sfingi, i cavalli alati e gli uccelli così cari al repertorio etrusco: si può dire, senza paura di sbagliare, che i singoli motivi del Pittore di M. vengano ripresi dalle idrie ceretane, anche se sentite in modo affatto diverso. Tipico nel pittore il modo di trattare le ali, con la distinzione tra piume e penne, le ultime rese con un sistema di linee longitudinali che si incrociano, le prime con piccole curve e uncini”.
Dall’Enciclopedia Treccani
Passando all’ambito magno-greco, tra gli oggetti custoditi risalta il cratere (grande vaso con larga imboccatura) a campana di Paestum attribuito a Python, unico ceramografo del luogo insieme ad Assteas di cui si conosca il nome: il vaso ha una raffigurazione di Dioniso e di un satiro.
Per quanto riguarda la ceramica originaria dell’Apulia, di gran rilievo due Phiàlai-φιάλαι (vasi etruschi decorati con un tralcio di vite in nero con foglie molto stilizzate e grappoli disegnati a puntini), di cui una attribuita alla bottega del Pittore di Dario.
“Pittore di Dario (o Pittore dei Persiani), il ceramografo più importante del gruppo àpulo dell’inizio dell’ultimo venticinquennio del IV sec. a.C. che produsse vasi di grandi dimensioni (caratteristici i crateri a volute) dipinti in uno stile elaborato”.
“[…] Il Pittore di D. prende il nome dal grande cratere a volute di Napoli (Furtwängler-Reichhold, tav. 88) con Dario tra i Persiani ed altri episodi laterali che si fanno risalire al contenuto di una tragedia greca, forse i Persiani di Eschilo. Questo vaso è tipico dello stile del maestro per la trattazione del soggetto, la composizione su tre registri, per la ricchezza della decorazione e per la profusione di colori aggiunti”.
“[…] La personalità di questo ceramografo ebbe larga influenza sulle botteghe vascolari àpule sia presso i maestri autori di vasi monumentali, sia presso quelli che dettero prodotti più comuni, di serie e di dimensioni normali. Influssi dello stile del Pittore di D., o, forse meglio, della temperie stilistica da lui determinata, si manifestano anche nella coeva ceramografia campana (ad es. nella produzione del Gruppo A. P. Z., v.)”.
Dall’Enciclopedia Treccani

Nel patrimonio custodito da Carabinieri TPC è presente anche ceramica attica dove spicca un’hydria a figure nere, attribuita al Gruppo di Leagros, che mostra sulla spalla Herakles che combatte il leone Nemeo, mentre sul corpo lo stesso eroe, dopo le fatiche, è sdraiato su kline affiancato da Atena, Hermes e Iolao.
Gruppo di Leagros – “[…] in questo caso si tratta di un’intera sezione della ceramografia attica a figure nere sull’ultimo venticinquennio del VI sec., che viene ad essere organizzata sotto questa etichetta da J. D. Beazley. Ne risulta un nucleo di estrema importanza per il numero di opere e l’alto livello medio della produzione: inoltre personalità ben definite, e anche di un certo rilievo, si trovano ad essere inserite in questo complesso. Dovrà quindi trattarsi di un atelier di notevole importanza in cui i legami del lavoro comune e l’intreccio delle dipendenze, degli incontri e delle filiazioni vengono a predominare su tutti gli altri caratteri”.
“[…] Nel Gruppo di L. si hanno in generale grandi vasi, hydrìai o anfore con figurazioni di carattere eroico, spesso tratte dai poemi omerici. Le imprese di Eracle e più raramente di Teseo, le lotte degli eroi sotto Troia, le contese per le armi di Achille o per imprecisati eventi durante la spedizione dei Sette contro Tebe, vengono evocate con un tono scabro e virile e con una semplice efficacia che non si attarda in raffinamenti formali o compiacimenti estetici. Sotto questo aspetto i pittori del Gruppo di L. rappresentano l’antitesi più decisa a quei maestri del puro contorno, del graffito delicatamente cesellato che trovano le massime espressioni nell’opera del Pittore di Rycroft o di Psiax. Cronologicamente l’attività del Gruppo di L. si svolge parallelamente a quella della prima generazione di artisti a figure rosse”.

La mostra a New York e la storia del recupero di Settimio Severo

Tra i 40 reperti in mostra a New York, spicca la testa in marmo raffigurante l’Imperatore Settimio Severo (II sec. d.C.), rubata durante una rapina a mano armata compiuta da ignoti il 18 novembre 1985 ai danni dell’Antiquarium dell’anfiteatro campano di Santa Maria Capua Vetere (CE).
La testa è stata individuata nel settembre 2019 dalla Sezione Elaborazione Dati del Comando TPC e segnalata al Reparto Operativo: faceva parte del lotto 314 dell’asta 18.807 del 28 ottobre successivo della Christie’s di New York. Il reperto partiva da una base d’asta di 600.000 dollari USA.
Su richiesta dei Carabinieri la testa di Settimio Severo è stata ritirata dalla vendita. Il dato è stato poi comunicato, fornendo gli elementi utili all’identificazione e alla rivendica, al drottor Matthew Bogdanos, responsabile dell’Antiquities Trafficking Unit del Manhattan District Attorney’s Office – County of New York (USA), che a giugno 2020 ne ha ordinato il sequestro.










Alcuni dei 40 reperti che fino a marzo 2022 resteranno in mostra nei saloni del Consolato Generale d’Italia a New York e dell’attiguo Istituto Italiano di Cultura (cliccare sulle immagini per ingrandirle).
Le altre storie sui tesori ritrovati nel 2021
Nei mesi scorsi sono stati diversi i segnali di cooperazione a livello internazionale e in ambito comunitario per recuperare opere d’arte e reperti rubati, poi spariti nei meandri del traffico internazionale. Sembra proprio che stia trovando piena realizzazione la Dichiarazione di Roma, sottoscritta a conclusione dei lavori del G-20 Cultura. Queste di seguito le tre operazioni principali.
– Recente la presentazione a Bari, presso il Castello Svevo, di 782 reperti archeologici della civiltà Daunia che erano stati esportati illecitamente nel Belgio, rimpatriati grazie all’impegno della Procura della Repubblica di Foggia e dei Carabinieri del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale di Bari, ma con l’indispensabile apporto dell’Autorità giudiziaria belga e il coordinamento di Eurojust.
– Più vicini nel tempo, il 10 dicembre, i risultati dell’Operazione Taras (link al mio articolo), coordinata dalla Procura di Taranto e che ha visto all’opera, con la Sezione Archeologia del Reparto Operativo TPC, le forze di polizia di Germania, Olanda, Svizzera e Belgio. In questo caso sono stati oltre 2.000 i beni recuperati, prevalentemente riconducibili alle civiltà antiche della Puglia e della Basilicata. Gli oggetti sono stati rinvenuti con le perquisizioni a carico dei 13 indagati per associazione a delinquere, in provincia di Taranto prima che fossero espatriati e ancora una volta nel Belgio, importante mercato per i beni di settore.
– L’ultima bella notizia fu quella che provenne dagli Stati Uniti d’America. Il 15 dicembre a New York, nel nostro Consolato Generale, il Procuratore Distrettuale di Manhattan Cyrus Vance ha restituito all’Italia 201 pezzi pregiati (quelli già citati in precedenza in questo articolo), oggetti che nell’arco degli ultimi decenni erano finiti negli USA, smerciati dai grandi trafficanti internazionali e acquisiti – a volte dopo vari passaggi di mano – da importanti musei, case d’asta, gallerie antiquarie e collezionisti privati. Il giorno dopo i Carabinieri del Tpc, che su quei reperti avevano indagato insieme ai colleghi di F.B.I. e H.S.I. (Homeland Security Investigations), hanno riportato a casa in aereo i tesori esclusi i 40 pezzi rimasti momentaneamente in esposizione al consolato italiano.