Il grande tempio di Abu Simbel (38 metri di larghezza della facciata per 30 di altezza) fu fatto erigere dal faraone Ramses II (XIII secolo a.C.), un complesso architettonico letteralmente scavato nella roccia d’arenaria – per circa 60 metri – dando un preciso orientamento astronomico agli ambienti interni ed esterni.
Mi sto riferendo naturalmente del tempio maggiore, quello dedicato al Re, fiancheggiato dall’elegante e meno trionfalistico tempio minore dedicato alla sua sposa, la regina Nefertari.
Tra il 19 e il 22 febbraio e mesi dopo, a ottobre, ogni anno in questo tempio si manifesta il cosiddetto “Miracolo del Sole”, momenti che si identificavano anticamente col ciclo della vita nella Valle del Nilo, l’inizio della raccolta e la fine della piena del Nilo (a ottobre) che dava il via alla cura dei campi e alla semina.
L’operazione internazionale Unesco del 1968 riuscì a salvare il tempio dalle acque montanti del nuovo Lago Nasser che stava prendendo forma grazie alla diga di Assuan collocata sul Nilo: l’antico complesso fu letteralmente ritagliato e nuovamente montato a una quota più alta mantenendone l’orientamento con l’asse terrestre e gli astri dato dagli antichissimi architetti.
Nonostante tutte le accortezze osservate nella ricostruzione, più elementi concorsero a uno slittamento della data dal 20 febbraio-20 ottobre al 22 di entrambi i mesi per la manifestazione del “Miracolo”: qualche imprecisione nel riassemblare il tempio durante il salvataggio moderno della struttura, la naturale “vibrazione” dell’asse terrestre nel corso dei secoli che fa mutare il momento della manifestazione di fenomeni astronomici e… il nostro calendario che periodicamente deve essere “aggiustato” per la non corrispondenza esatta di un anno solare a 365 giorni netti (ne scrissi a questo link).
Il “Miracolo del sole” frutto di antica sapienza costruttiva

Sulla facciata esterna i primi a essere illuminati sono i babbuini sacri, simboli di Thot, dio della Conoscenza, ma anche divinità a se stanti, i Babi, nome che sta per “Toro dei babbuini“, anime degli antenati, ma anche guide e divoratori delle essenze spirituali dei defunti ritenuti colpevoli dalla dea Maat (giustizia e verità) dopo la così definita psicostasia o “pesatura del cuore“. Queste figure adornano in orizzontale la parte alta del tempio.
Poi la luce illumina il resto della facciata mentre il sole si alza, irraggia i quattro colossi in posizione seduta (alti 20 metri) raffiguranti Ramses II.
Infine, i raggi solari penetrano nel portale del tempio. Vanno sempre più in fondo.


Nel punto più sacro e interno, la luce raggiunge la stanza più piccola con quattro statue sedute: la prima a essere illuminata è la statua di Ramses II (che rimane nella luce più a lungo delle altre, circa 20 minuti – rinascita irradiante in comunione col sole); dopo vengono irradiate anche le statue degli dei Amon-Ra, dio solare padre delle altre divinità e di Ra-Harakhti di Eliopoli dalla testa di falco sormontata dal disco solare; resta nell’ombra la quarta statua, quella più a destra, che raffigura il dio menfita Ptah protettore dell’arte e dell’artigianato.