Non scandalizzatevi leggendo il titolo dato a questo spazio. È tratto da “La Danza del Gabbiano” di Andrea Camilleri dove l’autore esprime le sue riflessioni sulla società odierna, affidate al suo personaggio di spicco, al commissario Salvo Montalbano. Ha un suo perché ne racconto e adesso lo scoprirete. Sempre che non conosciate già il romanzo.
Pensateci su e, semmai, ditemi se vi trovate in disaccordo, in accordo parziale, se aggiungereste altro.


Premessa: Montalbano arriva in aeroporto e scopre che il volo della persona che è andato a prendere, ha un’ora di ritardo… ma altre riflessioni dominano la sua mente per le novità sgradevoli arrivate di prima mattina. La scomparsa del fido ispettore Giuseppe Fazio, non era tornato a casa sua, il cellulare spento, in ufficio non s’era visto. Il tutto unito al gabbiano morto visto in spiaggia fuori di casa e all’ennesimo delitto complesso.
Mentre era in machina verso Punta Raisi (nota: aeroporto di Palermo – oggi Aeroporto Internazionale Falcone e Borsellino), il pinsero gli tornò al gabbiano che aviva viduto abballari e moriri. Va a sapiri pirchì, aviva la ’mpressioni che l’aceddri erano eterni e quanno gli era capitato di vidirinni a qualcuno morto era stato sempri pigliato da ’na liggera maraviglia, come si prova davanti a qualichi cosa che non si pinsava che potissi succidiri mai. Era squasi certo che al gabbiano che aviva viduto moriri non gli avivano sparato. Squasi certo, pirchì forse l’avivano pigliato con un solo pallino che non gli aviva fatto nesciri manco ’na guccia di sangue, ma era stato bastevole ad ammazzarlo.
Morivano tutti accussì, i gabbiani, facenno quella speci di balletto straziante? La scena di quella morti non se la potiva livari dalla testa.


Appena ghiunto all’aeroporto, talianno il quatro elettronico dell’arrivi, ebbe la bella e prevedibile notizia che il volo che aspittava portava un’orata e passa di ritardo.
E come ti sbagliavi? C’era ’na cosa che fusse ’na cosa che in Italia partiva o arrivava nell’orario stabilito?
I treni portavano ritardo, l’aerei macari, i traghetti ci voliva la mano di Dio a farli salpare, la posta non ne parlamo, l’autobus addirittura si pirdivano nel trafico, l’opiri pubbliche sgarravano di cinco- deci anni, ’na liggi qualisisiasi arritardava anni a essiri approvata, i processi ritardavano, persino i pogrammi televisivi accomenzavano sempri con una mezzorata di ritardo sul previsto…
Quanno principiava a raggiunari supra a ’sti cosi a Montalbano il sangue ci addivintava ’na pesta. Ma non aviva nisciuna gana d’ammostrarisi di malo umore a Livia quanno sarebbi arrivata. Abbisognava passari quell’orata sbariannosi.
Il viaggio matutino gli aviva fatto smorcare tanticchia di pititto. Cosa stramma, datosi che non faciva mai colazioni. Annò al bar che c’era ’na fila da ufficio postali il jorno di pagamento delle pinsioni. Po’ finalmenti attoccò a lui.
«Un cafè e un cornetto».
«Cornetti niente».
«Sono finiti?».
«No. Stamattina hanno tardato a portarceli, li avremo tra ‘na mezzorata».
Macari i cornetti portavano ritardo!
Si vippi di malavoglia il cafè, s’accattò un giornali, s’assittò, principiò a leggiri. Tutte chiacchiere e tabaccheri di ligno.
Il governo faceva chiacchiere, l’opposizioni faciva chiaccchiere, la chiesa faciva chiacchiere, la confindustria faciva chiacchiere, i sinnacati facivano chiacchiere e po’ si facivano chiacchiere supra a ‘na coppia ‘mportanti che si era separata, supra a un fotografo che fotografava quello che non doviva, supra all’omo cchiù ricco e potenti del paìsi al quali sò moglieri aviva pubblicamente scrivuto per rimproverarlo di certe paroli dette a un’altra fìmmina, si chiacchiariava e si richiacchiariava supra ai muratori che cadivano come pira mature dall’impalcature, supra ai clandestini che murivano affucati in mari, supra ai pinsionati arridotti con le pezze al culo, supra ai picciliddri violentati…
Si chiacchiariava sempri e dovunque di qualsiasi problema, ma sempri a vacante, senza che mai la chiacchira addivintasse un minimo di provvedimento, un fatto concreto…
Montalbano addecise all’istante che annava fatta ‘na modifica all’articolo 1 della Costituzione: «L’Italia è una repubblica fondata sullo spaccio della droga, il ritardo sistematico e la chiacchiera a vuoto».
Ghittò ammaraggiato il giornali in un cestino, si susì, niscì dall’aeroporto, s’addrumò ’na sicaretta. E vitti i gabbiani che volanvano squasi a ripa di mari.
Subito gli ritornò a menti il gabbiano che aviva viduto abballari i moriri.

