Era il momento per consentire al patrimonio rurale dell’isola di poter essere riportato a nuova vita grazie ai fondi che fanno capo al PNRR, disponibilità rilasciate dal ministero della Cultura.
Sento subito il bisogno di porgere un fermo invito: i progetti devono essere redatti al meglio, con precisione, con scopi chiari, capitolati analitici e perfetti, limpida descrizione della storicità e del valore dei beni da rigenerare e valorizzare, corredo completo della documentazione richiesta.
Perché scrivo questo? Perché negli scorsi mesi 31 progetti isolani (149 in tutta Italia) legati al sistema idrico e all’agricoltura, sopravvissuti al primo vaglio degli originali 61, erano stati tutti bocciati per inosservanza dei 23 criteri di ammissibilità al finanziamento. Subito dopo ne sono stati recuperati 8: di questi, 6 esecutivi e 2 definitivi, per un totale di 121 milioni di euro sui 422 messi a disposizione della Sicilia.
Questa volta quindi, attenzione a quei privati che – in questo caso – avendo la disponibilità di beni facenti parte del patrimonio architettonico e paesaggistico rurale, hanno intenzione di presentare i progetti legati allo stanziamento di 76 milioni per il recupero rurale. Servono professionisti seri per compilare ogni voce dei progetti, nulla si improvvisa. La bocciatura è dietro l’angolo e i fondi non vengono elargiti con faciloneria: proprio così deve essere.
Fatta questa doverosa e importantissima premessa, sottolineo che l’Assessorato regionale dei Beni culturali e dell’Identità siciliana ha diffuso l’avviso e che la cifra esatta ai decimali per la Sicilia è pari a 76,582 milioni di euro, fondi PNRR messi a disposizione dal ministero della Cultura.
L’avviso pubblico è identico per ogni regione d’Italia ed è rivolto a beni di proprietà di privati, soggetti del terzo settore, compresi gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti, enti del terzo settore e altre associazioni, fondazioni, cooperative, imprese in forma individuale o societaria, che siano proprietari, possessori o detentori a qualsiasi titolo di immobili appartenenti al patrimonio rurale.
Saranno ammissibili anche progetti che intervengano su beni del patrimonio architettonico e paesaggistico rurale di proprietà pubblica, dei quali i privati o i soggetti del terzo settore abbiano la piena disponibilità.
E tutto ciò mi riporta alle assolate e profumate campagne dell’Etna dove bazzicavo da bambino e da ragazzino, i mandorleti, la terra nera vulcanica e le casupole degli allevatori di pecore e capre, basse costruzioni con passaggi obbligati verso il recinto con muri a secco, percorsi che consentivano di fermare uno a uno gli animali per mungerli. Poi i casali più grandi, spesso dominati da due o tre grandi palme, mura sempre nere di pietra lavica: molti sono da restaurare, da portare a nuova vita per raccontare, soprattutto ai più giovani, un mondo che non hanno visto e che non vedranno mai.


L’obiettivo del bando
I progetti dovranno riguardare edifici e insediamenti storici che siano testimonianze significative della storia delle popolazioni e delle comunità rurali, delle rispettive economie agricole tradizionali, dell’evoluzione del paesaggio.
Si tratta di edifici rurali: manufatti destinati ad abitazione rurale o destinati ad attività funzionali all’agricoltura (mulini ad acqua o a vento, frantoi, masserie) che abbiano o abbiano avuto un rapporto diretto o comunque connesso con l’attività agricola circostante e che non siano stati irreversibilmente alterati nell’impianto tipologico originario, nelle caratteristiche architettonico-costruttive e nei materiali tradizionali impiegati.
Anche strutture e opere rurali che connotano il legame organico con l’attività agricola di pertinenza (fienili, ricoveri, stalle, essiccatoi, forni, pozzi, recinzioni e sistemi di contenimento dei terrazzamenti, sistemi idraulici, fontane, abbeveratoi, ponti, muretti a secco e simili).
A tutti questi si aggiungono anche elementi della cultura, religiosità, tradizione locale, cioè manufatti tipici della tradizione popolare e religiosa delle comunità rurali (cappelle, chiese rurali edicole votive, ecc.), dei mestieri della tradizione connessi alla vita delle comunità rurali.
Non sono ammissibili le operazioni riguardanti beni che si trovano nei centri abitati.
“Si tratta di un intervento di grande significato – sottolinea Alberto Samonà, assessore regionale dei Beni culturali e dell’Identità siciliana – che vuole recuperare la bellezza del nostro paesaggio rurale, con i suoi edifici storici, testimonianze del passato agricolo della Sicilia. Questo vuol dire rivitalizzare le nostre campagne e dare la possibilità ai proprietari di recuperare edifici rurali, case coloniche, masserie, stalle, mulini, frantoi e altri beni, che nel tempo hanno subito un progressivo processo di abbandono e degrado. Un investimento importante, reso possibile grazie alla sinergia fra il Governo Musumeci e il Ministero della Cultura, che crea le condizioni per realizzare azioni di rilancio economico dei territori, a partire dalle nostre aree rurali”.
La misura prevede per ciascun intervento un tetto massimo di 150.000 euro con un finanziamento a fondo perduto dell’80 per cento che può essere elevato al 100 % nel caso di bene di interesse culturale.
La procedura di selezione è “a sportello” fino ad esaurimento delle risorse, con una previsione di finanziare almeno 511 interventi.
Nei prossimi giorni l’avviso sarà pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Regione Siciliana.
Le domande dovranno essere presentate esclusivamente attraverso l’applicativo informatico predisposto da Cassa Depositi e Prestiti Spa a partire dal 20 aprile 2022 e non oltre il 20 maggio 2022.
A ciascuna domanda sarà attribuito un punteggio complessivo da 0 a 100.
Saranno ammissibili a finanziamento le proposte che avranno raggiunto il punteggio minimo di qualità pari a 60 punti su 100, seguendo l’ordine temporale di presentazione tramite applicativo.
I beneficiari saranno tenuti ad avviare i lavori entro il 30 giugno 2023, opere che dovranno essere concluse entro il 31 dicembre 2025 con attestato da certificato di regolare esecuzione.

Cosa è possibile aggiungere nei progetti?
Gli interventi potranno riguardare anche la realizzazione e l’allestimento di spazi per piccoli servizi culturali, sociali, ambientali turistici (escluso l’uso ricettivo), per l’educazione ambientale e la conoscenza del territorio, o connessi al profilo multifunzionale delle aziende agricole.
I progetti devono avere l’obiettivo di risanare una porzione di patrimonio edilizio sottoutilizzato e non accessibile, il cui recupero diventa necessario a favorire non solo il ripristino delle attività legate al mondo agricolo, ma anche la creazione di servizi utili a scopo culturale, come i piccoli musei locali legati al mondo rurale che svolgono un ruolo importante nelle comunità perché presidi di memoria e conoscenza della storia e dell’identità dei luoghi.
Come sottolineato dall’assessorato retto da Alberto Samonà, preservare i valori del paesaggio rurale storico grazie alla tutela e alla valorizzazione dei beni che sono espressione della cultura materiale e immateriale.