Sguardi sbassi o di sfida, telefonate simulate, passi timidi o sfrontati, cancelli chiusi in faccia o accostati. Vivere in un condominio “bene” di una grande città come Roma, mette di fronte a vari comportamenti e difficoltà relazionali. Molto più che in una cittadina con numero notevolmente inferiore di abitanti dove il rapporto tra persone è più vivo. La metropoli garantisce quella certa anonimità tanto ricercata? Vero, ma credo pure che alimenti forme di psicosi fenomenologica condominiale da grande città.
Vita urbana e psicosi? Di sicuro ci sono diverse stranezze tra noi umani.


Posso parlare per me riassumendo trent’anni dei miei passi calcati tra quelle scale, quei vialetti interni, quei cancelli del condominio dove è incastonata la mia casa.
Momenti in cui ho osservato imbarazzi o rabbia compressa, indifferenza o sbruffonaggine, educazione ed eleganza, (pochi) piaceri e (altrettanto poco) vicinato. La cosa mi ha anche parecchio divertito e ho passato il mio tempo catalogando i comportamenti. Per me che cerco e curioso nella vita anche per deformazione professionale, impossibile non osservare e non annotare. Come in tutti i sistemi abitativi simili, ho incontrato tipi umani di ogni risma, caratterizzati da tante fissazioni e (in)capacità relazionali.

Non siamo ai livelli di Condominuim, libro scritto da James Graham Ballard, ma convivono parecchie “particolarità” – non tutte radicate tra soli condomini – tanto da invogliare il portiere del complesso: ha aperto un suo account TikTok (link) col nome “Portiere di talento” e lì ha iniziato a inserire i suoi brevi filmati, piccole video-finestre sulle tante stranezze della varia umanità metropolitana locale. Potete immaginare quante ne può vedere e vivere un portiere, alla stessa stregua di un farmacista o di qualsiasi altro lavoratore-professionista a continuo contatto col pubblico.
Ecco, quindi, il popolo condominiale secondo la mia esperienza e classificazione. Ritratto di comportamenti che erano già consolidati in epoca pre-Covid: nulla è dettato dalla paura del contagio.
La donna e l’uomo sempre connessi quando incrociano un umano in carne e ossa

Telefonate improvvise, fatte o ricevute (senza che la suoneria abbia squillato – forse lo smartphone era solo in vibrazione?) quando li incrocio tra le scale, accanto a portoni e cancelli, sui vialetti interni. Ricevono messaggi, argomenti da approfondire. Tutto accade proprio quando sono prossimo a passar loro vicino.
Hanno una mano pronta con il cellulare già afferrato, lo portano davanti agli occhi o all’orecchio come ad ascoltare un interlocutore che, in quel momento, non parla… e mai parlerà. Osservano e leggono un messaggio (inesistente?). Tant’è che più di qualche volta, dopo esserci passati l’uno accanto all’altro/a, mi sono girato dopo qualche passo. Tanto per capire (sì, lo so, sono curioso). Ebbene, ma guarda un po’, il telefono era stato messo giù subito. No chiamate, no messaggi.
A volte i telefoni prendono male e non si riesce a parlare? (rido)
I timidi, gli indecisi, gli smemorati sfuggenti
Ti vedono uscire, oppure li precedi a un cancello. La loro reazione è immediata, un gesto traducibile con un “mannaggia!” e invertono direzione per non incrociarsi con me o con altri condomini. Dimenticato qualcosa? Non hanno completato un acquisto e stanno tornando indietro?
In alcuni casi è vero, ma in tanti altri (basta osservare), non appena il pericolo dell’incontro ravvicinato è passato, invertono di nuovo marcia: hanno il viso un po’ più rilassato ma sempre allerta, il passo è parecchio rapido per guadagnare in fretta l’ingresso al complesso condominiale e al portone del palazzo senza il pericolo di dover incrociare qualcuno.
I senza voce, quasi muti, mormoranti

Ecco un’altra tipologia di personaggi condominiali da collocare tra i non comunicanti. Al momento del saluto in loro sembra nascere un minimo sforzo vocale, ma questo frutta ben poco. Sono mormorii/brontolii che dovrebbero essere tradotti con un “buon giorno”, “buon pomeriggio”, buona sera”.
Il meccanismo è palese. Siamo sempre prossimi a incrociarci con gli altri condomini negli ambienti comuni, vicino a uno dei cancelli d’uscita-ingresso del complesso, nell’androne del palazzo. Giunti all’imminente contatto ravvicinato, per quanto mi riguarda pronuncio con chiarezza il mio “buon giorno!”. La risposta è un saluto appena udibile, appena mormorato, biascicato. Un lievissimo soffio di parole.
Dalle loro bocche viene fuori un suono udibile solo con un apparato captatore a lunghissima distanza, quello usato delle spie. Impossibile comprenderne le parole. Potrebbero anche avermi detto “buon stronzo”. In alcuni casi è proprio impossibile comprenderlo. Dovrebbe essere comunque un saluto visto il sorriso fantasma che compare per un microsecondo su quei visi: sempre che ci sia connessione diretta tra espressione e pensiero. Però sono altrettanto istantaneamente pronti a rivolgere lo sguardo a terra o in direzioni diverse dalla mia posizione e da quella degli altri condomini incontrati.
I muti veri e propri

Molto simili a quelli della precedente categoria, non rispondono proprio al saluto. Le corde vocali devono essere momentaneamente inattive, bloccate ma, come per i precedenti, su quelle facce può comparire un’unica concessione: il già citato sorriso fantasma. Spesso questi vocati al mutismo passano alla categoria precedente, quella dei mormoranti.
Basta continuare a insistere nella propria educazione salutandoli volta per volta ed ecco che arriveranno al loro maggior sforzo: sillabare qualcosa a voce accennata. Può capitare che l’espressione del viso esprima l’opposto della felicità e che sia improntata a un senso di rigidezza.
Cancelli e portoni, guanti di sfida, cortesia estrema o indifferenza assoluta


Qui si giocano molte carte comportamentali. Faccio una premessa. Per quanto mi riguarda non ho mai rinunciato ad accostare cancelli e portoni evitando che si chiudessero se donna/uomo si stava dirigendo verso lo stesso ingresso. Mai ho rinunciato ad aspettare tenendo aperto con una mano un cancello o un portone se donna/uomo è prossimo ad arrivare all’ingresso. È anche capitato che se per distrazione abbia lasciato chiudersi un’apertura: sono tornato sui miei due passi per riaprirla consentendo al condomino in arrivo di non dover rovistare in borse e tasche alla ricerca di chiavi occultate nei recessi di profondità insondabili (le chiavi sono maledette! Lo riconosco). Altri condomini si comportano così e li benedico (per quanto valore possa avere una mia benedizione).
Per altri, invece, sembra proprio che il resto dell’umanità non esista. Diventa norma il cancello sbattuto in faccia agli altri. Anche quando se ne accorgono ed è palese: non tornano indietro per un gesto di cortesia. In alcuni casi ti guardano (una sfida? E a che?) mentre lasciano sbattere il cancello, oppure guardano in basso o verso il cielo in una pantomima di riflessione trasognante, di qualcosa che li ha scollati dalla realtà circostante. Stavo per dimenticarmene: anche guardandoti, non fanno cenno a riaprire il portone/cancello e non chiedono scusa. Lo riterranno un comportamento superfluo o arcaico. Non saprei.
I miei favoriti: i salutanti (con più o meno gioia/cortesia/entusiasmo)


Eccoli qui, messi per ultimi, ma non ultimi. I cortesi senza complessi, quelli che non hanno problemi a relazionarsi, che non si fanno guidare dalle vicende quotidiane più o meno pesanti per mutare comportamento. Sorriso, eleganza, cortesia e saluto sempre pronti. Quasi quasi si fa a gara a chi dice per primo “buon giorno”.
È un bel modo di vivere e relazionarsi, appagante per entrambe le parti. È come l’arrivo del tepore primaverile dopo la dannazione di un inverno gelido che ci ha costretto a imbottirci di maglioni, giacche, cappotti, giubbotti trasformandoci in omini Michelin senza espressioni e senza i nostri corpi evidenti e differenti.
C’è un’occasione che li unisce tutti in coro, che li rende grandi ciarlieri, pronti al confronto più profondo, anche duro: la riunione di condominio…
I tabulati, le relazioni e i conteggi dell’amministratore di condominio uniscono tutti – non sullo stesso fronte però -. Le parole scorrono finalmente veloci, anche ad alto volume. Tutti si riconoscono senza remore o complessi. Ogni diaframma personale cade ma, in effetti, non è cosa per tutti: fioccano le deleghe che altri condomini (gli assenti) hanno consegnato ai presenti. Per chi non c’è, niente conversazioni o rimostranze. Nessun contatto. Continua il mutismo. Per questi si presenterà una successiva occasione di contatto vero (l’unico?). Alla prossima riunione di condominio.
Forse…
