Ustica 42 anni fa, il volo Itavia IH870 finì in mezzo a un combattimento aereo: chi lanciò quel missile che provocò la strage?

Volo Itavia IH870 decollato da Bologna e mai arrivato a Palermo. Qualcosa lo cancellò dal cielo alle 20,59: Ustica 42 anni fa, 27 giugno 1980, una verità scomoda. Il velivolo era un Douglas DC-9 registrato con la sigla I-TIGI, aereo super utilizzato e diffusissimo nel mondo fra tutte le compagnie aeree. Una strage che contò 81 morti, 77 passeggeri (13 erano bambini) e quattro membri dell’equipaggio. L’aereo finì in mezzo a un combattimento aereo. Non fu un’esplosione interna. L’Itavia IH870 fu colpito da un missile.

Domenico Gatti, comandante

Enzo Fontana, primo ufficiale

Paolo Morici, assistente di volo

Rosaria De Dominicis, assistente di volo

L’equipaggio del volo Itavia IH870

Lo Stato Italiano è stato condannato in sede civile al risarcimento per non aver garantito con sufficienti controlli civili e militari la sicurezza dei cieli (sentenza di Cassazione che ratificò il responso del Tribunale di Palermo)… ma chi premette il pulsante di lancio di quel missile. Chi e quanti ordinarono l’occultamento delle prove, della verità?

Siamo ancora a queste domande dopo 42 anni. I documenti dell’epoca non sono più secretati. Si passerà anche a un giudizio penale con precisi imputati? Le ultime, decisive tessere del puzzle troveranno il loro posto?

Del tutto fuorviante e inconsistente la tesi ancora sbandierata da alcuni su una bomba che sarebbe esplosa nella toilette di bordo: recuperato il locale bagno e collocato con gli altri resti dell’aereo, non presenta danni da esplosione. Neppure un piccolo segno lasciato da quel fantomatico ordigno esplosivo. A fondo pagina il video sulla trasmissione Atlantide del 24 giugno 2020 condotta da Andrea Purgatori, tutta sulla strage di Ustica.

Questa ormai è la tesi più accreditata, praticamente certa. L’inchiesta di Pino Finocchiaro messa in onda da RaiNews24, lo ha chiarito punto per punto e sempre sulla stessa rete l’ultimo approfondimento guidato da Lorenzo di Las Plassas con l’ampio intervento Andrea Purgatori, il giornalista italiano che più ha seguito questo caso, sin dal suo inizio. Anni di duro lavoro nella ricostruzione delle connessioni tra carte e registrazioni, fino alle ultime parole impresse nel voice recorder del velivolo, quel “Guarda cos’è?”, pronunciate da Enzo Fontana, il primo ufficiale, seduto a destra nella cabina di pilotaggio.

Immediatamente dopo… la fine e la caduta nelle acque del Mar Tirreno.

A questo link da RaiNews la registrazione tra piloti e torri di controllo.

Lo scenario aereo era ed è tenuto sotto controllo dagli impianti di Ciampino che fanno capo al Centro Regionale di Roma e ai CRAM centri radar dell’Aeronautica Militare di Licola, vicino a Napoli e di Marsala, in provincia di Trapani, il centro che ha potuto rilevare e registrare con precisione gli ultimi momenti del volo in avvicinamento alla Sicilia: registrazioni che nei primi anni di indagini mancarono (semplifico) con la scusa di una contemporanea operazione di esercitazione, la SynADEx-Synthetic Air Defense Exercise coincidente col momento del disastro (mancava anche una pagina, risultata tagliata via, dal registro dei caccia in volo).

Sparizioni di registrazioni che avvennero anche al radar di Grosseto. Furono i dati del centro radar di Ciampino a rivelare le manovre di aerei militari intorno al velivolo civile Itavia. Ma non mi dilungo sulle varie fonti di rilevamento che hanno permesso di riunire dati inequivocabili.

Evidente dalle tracce radar la presenza di aerei militari – almeno due – a trasponder spento proprio sulla rotta del volo Itavia (il trasponder è sistema di identificazione di ogni oggetto volante, dagli elicotteri agli aerei di qualsiasi tipologia e appartenenza).

Non si conosce con certezza la nazionalità di quei voli militari, anche se lì erano presenti molti velivoli militari francesi, modelli Mirage decollati dall’area di Solenzara, nella Corsica del Sud, ma anche aerei militari belgi. Sicuramente anche mezzi statunitensi, almeno con un aereo radar Awacs per il controllo in volo degli scenari nei cieli e non solo, ma anche velivoli militari italiani, inglesi e aerei libici, dei Mig di costruzione sovietica.

Decisivo per la sentenza di condanna dello Stato Italiano, oltre allo studio del relitto, fu il decrittaggio dei tabulati radar a opera degli esperti Nato, anche perché quelli militari italiani non lo fecero.

Dopo il disastro iniziarono subito le azioni di depistaggio, la prima fu quella della telefonata fatta alle ore 14,15 al Corriere della Sera fatta da una persona che si definiva appartenente ai neofascisti dei NAR-Nuclei Armati Rivoluzionari e che rivelò come uno dei loro “camerati” fosse tra i passeggeri dell’aereo e aveva con sé una bomba poi esplosa per errore durante il volo.

Le indagini che non riuscivano a stabilire se l’esplosione fu causata da una bomba o da un missile, il fallimento della compagnia aerea Itavia.

A seguire la telefonata durante la trasmissione Telefono Giallo del 6 maggio 1988, condotta da Corrado Augias, chiamata da una persona che si descrisse come un aviere in servizio a Marsala proprio al momento della distruzione del DC-9 e di come il maresciallo in servizio disse a lui e ai suoi colleghi di non considerare i tracciati radar ben chiari e di tacere.

Pasticci, insabbiamenti, verità occultate, inquinamento delle prove, la cortina fumogena di sempre nuove e tantissime ipotesi, cambi di versione negli anni, come quella dell’ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga o la messa a processo per alto tradimento e depistaggio di tre generali dell’Aviazione (poi prosciolti). Insomma, un grande e terribile gioco sporco di sangue

Non inserisco qui in tutti i suoi particolari. Ma dopo decenni la verità è venuta fuori quasi al completo.

Anche il relitto rivelava la verità oggettiva, come lo stato degli oblò, quasi tutti integri, cosa impossibile se l’esplosione fosse stata interna per colpa di una bomba. La causa era esterna.

Due caccia dovevano intercettare un altro aereo militare (libico?) che seguiva il DC-9 Itavia cercando di confondersi sotto la sua scia. Da lì l’incidente, sempre che si possa ancora chiamarlo in questo modo. Bisognerebbe affibbiare un altro termine o coniarne uno nuovo: alcuni vollero “giocare” con missili per colpire il loro obiettivo in volo sotto un aereo di linea carico di passeggeri.

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