Le mondine, gli operai, i disoccupati, gli emigranti narrati da Gianni Rodari

Il mondo è cambiato notevolmente da quello popolato dalle mondine, gli operai, i disoccupati, gli emigranti narrati da Gianni Rodari. Oggi c’è più protezione sociale e sindacale, diverse le condizioni economiche e di lavoro, anche se all’epoca non si sarebbe mai potuto immaginare il complesso di difficoltà che oggi viviamo, dalla crisi economica e inflazionistica già iniziata prima della pandemia da Covid e prima dell’invasione russa dell’Ucraina, la stessa peste del XXI secolo da Sars-Cov-2 e la crisi energetica con le sue varie speculazioni.

Ma è bene ricordare quell’Italia che è esistita molti anni prima. Dobbiamo tenere a mente da dove arriva l’italiano di oggi, il cittadino protetto, spesso a sproposito, anche da supporti come il reddito di cittadinanza, misura che – come per tante altre – si è portata appresso distorsioni, imbrogli e status quo (mentre questo strumento dovrebbe essere temporaneo). Ma questa d’oggi è un’altra storia.

Lavori umilissimi quelli descritti da Rodari, situazioni di disagio, di separazione sociale e di grandissima fatica portata avanti con forza e dignità da centinaia di migliaia di persone in anni remoti, ma non troppo.
In un caso, nella filastrocca “La sala d’aspetto”, ho trovato nei miei ricordi di viaggiatore e di cronista, realtà visibile, per esempio, a qualsiasi cittadino romano che passa per una delle tante stazioni di Roma. Leggetela e mi direte.

Nelle filastrocche si leggono situazioni e compiti che spesso oggi vedono come protagonisti altri uomini e altre donne, quelli che vengono da altri paesi più o meno lontani, spesso senza tutele, quasi schiavizzati (mi raccomando di dare il peso giusto a quel quasi), pronti a prestarsi a tutto perché in fuga da fame e terrore: devono sopravvivere e sovente l’Italia per loro è solo un luogo di passaggio prima di lanciarsi verso l’Europa settentrionale o il Nord America. La fame è la stessa dei nostri migranti degli anni 20, 30, 40, 50 e oltre.
Situazione diversamente evocata da un’altra filastrocca di Rodari che qui ho inserito, “Il treno degli emigranti”.

Il Mondo di Gianni Rodari

Tutte quelle che qui leggerete e che ho voluto inserire, furono pubblicate su “Il treno delle filastrocche” del 1952, raccolta di Gianni Rodari, volume arricchito dalle illustrazioni di Flora Capponi, disegnatrice e costumista italiana.

Il treno delle mondine

Tornano le mondine dalla risaia.
Tornano le mondine sul lungo il treno,
con il sacco del riso e i soldi in seno:
cantano le mondine con voce gaia,
ma il riso è poco e i soldi son di meno.

La sala d’aspetto
Chi non ha casa e non ha letto
si rifugia in sala d’aspetto,

di una panca si contenta
e fra due fagotti s’addormenta.

Il controllore pensa: “Chissà
quel viaggiatore dove anderà?”.

Ma lui viaggia solo di giorno,
sempre a piedi se ne va attorno:

cammina, cammina, eh, sono guai,
la sua stazione non trova mai!

Non trova lavoro, non ha tetto,
di sera tra in sala d’aspetto:
e aspetta, aspetta, ma sono guai,
il suo treno non parte mai.

Se un fischio echeggia di prima mattina,
lui sogna d’essere all’officina.

Controllore, non lo svegliare:
un poco ancora lascialo sognare.

Ciminiere

Ciminiere, ciminiere
siete belle da vedere,

con il pennacchio piegato al vento
come il fumo d’un bastimento.

Tra poco forse la città
nel cielo azzurro salperà.

Ma com’è triste da vedere
la morte delle ciminiere:

dov’è il fumo piegato al vento?
La sirena perché non sento?

Dietro il cancello nero sbarrato
il cuor che batteva qualcuno ha fermato.

Ma tu, sirena, non resti muta,
e chiami, chiami l’uomo in tuta:

la sua mano ridesterà
il forte cuore della città.

Il treno degli emigranti (già pubblicato in un mio precedente e divertente articolo)
Non è grossa, non è pesante
la valigia dell’emigrante…
C’è un po’ di terra del mio villaggio,
per non restar solo in viaggio…
Un vestito, un pane, un frutto
e questo è tutto.

Ma il cuore no, non l’ho portato:
nella valigia non c’è entrato.
Troppa pena aveva a partire,
oltre il mare non vuole venire.

Lui resta, fedele come un cane,
nella terra che non mi dà pane:
un piccolo campo, proprio lassù…
Ma il treno corre: non si vede più.

Terza, seconda, prima
Terza classe, sulle panchine
ci sono operai, soldati, vecchine
e una furba contadinella
che nel cestino ha una gallinella,
una gallina ed un galletto
che viaggiano senza biglietto…

Seconda classe c’è un signore,
un commesso viaggiatore,
che ai compagni di viaggio
fa la reclame del suo formaggio…

Prima classe, sul divano
c’è un miliardario americano:
“Italia bella, io comperare.
Quanti dollari costare?”.
Ma il ferroviere, pronto e cortese:
“Noi non vendiamo il nostro Paese”.

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