A livello planetario è la seconda causa di morte per motivi oncologici. Il tumore al colon-retto è una delle più diffuse neoplasie nel mondo occidentale, miete migliaia di vittime all’anno anche se la tendenza è in calo non per cure più valide, ma per misure di prevenzione e di controllo sanitario più efficaci e diffuse. Siamo adesso a una possibile svolta? Che si sia arrivati a una cura possibile?
È stato trovato un punto aggredibile grazie a opportune terapie, un bersaglio da colpire per sconfiggere questo tumore. Al centro la via terapeutica dell’immunoterapia sfruttando una debolezza genetica di questa forma di tumore. Un mezzo che però deve essere adattato e modulato visto che fino a oggi nel 95% dei casi, i tumori risultano refrattari a questo trattamento e vengono infatti definiti ‘freddi’: limitatezza nell’efficacia dovuta a meccanismi di riparazione del Dna.
“Nella maggior parte dei pazienti, questi meccanismi sono ancora funzionanti. Solo nel 5% dei pazienti il tumore ha perso questo meccanismo e produce quindi proteine alterate che attivano il sistema immunitario”, spiega Alberto Bardelli, direttore di ricerca all’Ifom e docente all’Università di Torino, che ha coordinato lo studio.
Convertendo i tumori “freddi” in tumori “caldi” i ricercatori hanno trovato che alcuni dei tumori più resistenti hanno invece parti più sensibili e quindi aggredibili con terapie opportunamente modulate.
Un nodo chiave è l’utilizzo di tioguanina, oggi già indicata per il trattamento della leucemia acuta e particolarmente della leucemia mieloblastica acuta, ma anche della leucemia linfoblastica acuta.
Questo procedimento con l’uso della molecola 6-tioguanina permette l’ampliamento delle zone “calde” di questi tumori che diventano vulnerabili alle immunoterapie.
Siamo quindi a una nuova frontiera resa possibile dalla genetica, con vaccini antitumorali dei quali si sta studiando da anni l’efficacia contro diverse forme di neoplasie.
Il risultato è stato raggiunto grazie a uno studio italiano che ha visto collaborare più enti, l’Università di Torino e l’Istituto Fondazione di Oncologia Molecolare (Ifom) di Milano, con il contributo delle Università di Milano e di Palermo, l’Istituto per il Cancro di Candiolo, l’Istituto Nazionale Genetica Molecolare Ingm di Milano, l’Asst Grande Ospedale Niguarda di Milano e l’azienda Cogentech.
IARC, l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro, sottolinea come il tumore del colon-retto si manifesti in dieci casi su cento tra tutti i tumori diagnosticati nel mondo, più diffuso tra le persone che si trovano nell’intervallo d’età fra i 60 e i 75 anni, senza una netta prevalenza di uno dei due sessi.
Non solo.
È al vertice, al terzo posto, per incidenza dopo il cancro del seno femminile (il primo in assoluto), a sua volta all’11,7 per cento tra tutti i casi di tumore, e del polmone che è a quota 11,4.
Da I numeri del cancro in Italia 2020, dato quindi non aggiornatissimo ma indicato dall’AIRC, si manifestano oltre 43.700 nuovi casi all’anno suddivisi in 20.282 nelle donne e in 23.420 negli uomini.
Lo studio italiano sulla trovata vulnerabilità del tumore al colon-retto
Il risultato finale di questa analisi italiana è stato pubblicato sulla rivista Cancer Cell (link).



Secondo questa ricerca i pazienti affetti da carcinoma del colon-retto (CRC) con deficit di riparazione del mismatch (disallineamento/errore) del DNA (MMRd), spesso rispondono alle terapie di blocco del checkpoint immunitario, mentre quelli con tumori capaci di riparare il mismatch (MMRp) generalmente non lo fanno.
Le proteine chiamate checkpoint sono prodotte da alcuni tipi di cellule del sistema immunitario, come le cellule T e alcune cellule tumorali. Questi punti di controllo aiutano a impedire che le risposte immunitarie siano troppo forti e talvolta possono impedire alle cellule T di uccidere le cellule tumorali. Quando questi checkpoint sono bloccati, le cellule T possono aggredire meglio e uccidere le cellule tumorali.
È interessante notare – prosegue la relazione sulla ricerca – che un sottoinsieme di CRC MMRp contiene frazioni variabili di cellule MMRd, ma non è noto come la loro presenza influisca sulla sorveglianza immunitaria dell’organismo.
La questione al centro della domanda scientifica era quindi se la modulazione della frazione MMRd nei tumori eterogenei MMR potesse agire come un vaccino contro il cancro endogeno promuovendo la sorveglianza e la risposta immunitaria.
L’esperimento è stato fatto sui topi con un risultato che è apparso ben evidente: cellule MMRp/MMRd mescolate in diversi rapporti sono state iniettate in topi. Alla fine i ricercatori hanno notato il rigetto del tumore quando almeno il 50% delle cellule è MMRd.
Per arricchire la frazione MMRd, i tumori MMRp/MMRd vengono trattati con 6-tioguanina che porta al rigetto del tumore.
Questi risultati suggeriscono che la modulazione genetica e farmacologica del meccanismo di riparazione del mismatch del DNA potenzia l’immunogenicità dei tumori eterogenei MMR.
dal riepilogo della ricerca
Di seguito i link a due file pdf della ricerca raccontata in questo articolo: