La Canapa vince due volte, a livello internazionale e al Tar del Lazio che boccia il punto produttivamente castrante su questa pianta nel Decreto per le piante officinali. Che reazioni aspettarsi in Italia?

Il terreno di confronto sulla Canapa è sempre stato oggetto di continui voltafaccia, marce indietro, prese di posizioni battagliere, grandi propositi, conflitti a livello parlamentare e giuridico. Anche adesso, dopo questo punto segnato dal settore produttivo, bisogna aspettarsi reazioni, quelle che nella storia di questa pianta non sono mai mancate. La parola passa adesso al governo e al sistema giuridico italiano. L’ultimo punto critico è quello che ha gravemente messo in crisi il settore della Canapa in Italia a causa della formulazione inappropriata e castrante del Decreto sulle Piante Officinali, oggi bocciato dal Tar del Lazio. Doppia vittoria per la Canapa quindi. Era già appena accaduto a livello francese, mentre in Europa ci si era arrivati prima.

Adesso, l’ultima sentenza del Tar del Lazio ha messo una pietra tombale proprio sul decreto di maggio 2022, documento che limitava fortemente l’uso della pianta nel settore agricolo.

Da pochi giorni, dopo la sentenza, la Canapa si può adoperare in ogni sua parte nell’ambito della norma che regola l’utilizzo agricolo e il settore industriale.

Già nel 2020, in una sentenza giuridicamente vincolante in tutta l’UE, la Commissione europea ebbe modo di dichiarare che il CBD non è un narcotico e può essere legalmente scambiato all’interno e tra gli Stati membri. Quella sentenza prendeva spunto da un’emanazione della Corte di giustizia dell’Unione europea che sceglieva proprio questa rotta concettuale e giuridica emanata all’inizio dello stesso 2020.

Per un breve cronistoria sulla situazione Italia, la tanto attesa udienza del TAR del Lazio era stata fissata per il 7 settembre 2022. La base del giudizio era sul ricorso che delle associazioni del settore Canapa contro il decreto interministeriale del maggio 2022 sulle piante officinali (Elenco delle specie di piante officinali coltivate nonché criteri di raccolta e prima trasformazione delle specie di piante officinali spontanee). Quella data però aveva segnato uno stallo rimandando ogni decisione a gennaio 2023.

Il decreto in questione di fatto, proibisce (vista l’attuale sentenza 2023, si può dire che… proibiva?) agli agricoltori italiani, senza l’autorizzazione del ministero della Salute, di raccogliere, trasformare o vendere l’intera pianta di canapa industriale: gli imputati principali erano foglie, fiori, compresi steli e radici, tutti non compresi in maniera palese, come invece avveniva per i soli semi e derivati, nella legge 242 del 2 dicembre 2016 riguardante la Canapa industriale.
Quindi, tutte queste altre parti della pianta venivano infilate nel decreto sotto la disciplina degli stupefacenti: potevano essere coltivate/trasformate solo dopo autorizzazione del Ministero della Salute come da articolo 1, comma 4.

Contemporaneamente però, pur rimandando la decisione, il Tribunale voleva saperne di più: emise un’ordinanza istruttoria che richiedeva al ministero della Salute di presentare le evidenze scientifiche che dimostrassero i rischi per la salute dei consumatori derivanti dall’uso dell’intera pianta, fiori e foglie comprese.

L’avvocato Giacomo Bulleri

In questo febbraio 2023, in leggero ritardo rispetto alla tabella di marcia fissata dallo stesso tribunale, il Tar del Lazio ha emesso una sentenza che ha accolto il ricorso presentato da FedercanapaSardinia CannabisResilienza Italia e Canapa sativa Italia. Percorso legale seguito e gestito dall’avvocato Giacomo Bulleri, noto da tempo nel settore, insieme allo studio legale Legance fondato nel 2007 e con sedi a Roma, Milano e Londra.

Il comma del Decreto imputato, quello che riprendeva le parti della pianta sopra elencate inserendole nella disciplina che irreggimenta gli stupefacenti, viene annullato per incostituzionalità e violazione del diritto comunitario e nazionale.

A questo link la sentenza in un documento pdf:

La sentenza della Corte chiarisce la distinzione tra la coltivazione di varietà di canapa rigorosamente utilizzate per la filiera farmaceutica e quelle coltivate per produrre foglie e fiori per prodotti non medici come il CBD.

Inoltre, il dispositivo del Tribunale italiano cita anche la revoca francese del divieto sui fiori di canapa. Una recente sentenza del Consiglio di Stato francese ha stabilito il principio secondo cui un divieto assoluto di commercializzazione di foglie e fiori di cannabis con un contenuto di THC inferiore ai limiti di legge e per produzione di CBD e altri cannabinoidi, non è giustificato da alcun rischio per la salute pubblica: in breve, ha annullato una decisione del governo francese che risaliva al 2021.

Doppia vittoria per la Canapa in Italia e in Francia grazie a una focalizzazione precisa delle possibilità giuste e concesse a chi opera nel settore della Canapa industriale, già fortemente tutelato da apposite regole riguardanti il tenore massimo di THC.
Questione già normata a livello europeo.

“Oggi abbiamo una definitiva conferma che senza prove scientifiche valide non è possibile porre limiti a questa filiera agricola – sottolineano da Canapa Sativa Italia, una delle associazioni che presentarono il ricorso al Tar – La pianta di canapa priva di thc non fa parte delle convenzioni internazionali sui narcotici e per questo motivo non può essere limitato il suo mercato e le applicazioni industriali e officinali. Un regime autorizzatorio come quello che voleva essere previsto può essere giustificato esclusivamente per quanto riguarda la seconda trasformazione destinata alla produzione di farmaci, ma la canapa è libera”.

“Il TAR del Lazio accoglie il ricorso delle associazioni della canapa e obbliga il Governo a fare marcia indietro sul decreto Officinali. Il decreto del Governo ha introdotto una distinzione illegittima tra le varie parti della pianta di canapa – ha rimarcato Federcanapa, altro ente rappresentativo che fece ricorso –  Ricordiamo che sia le norme comunitarie che la legge italiana sulla canapa industriale riconoscono legittimo l’uso e il commercio di semilavorati della pianta, senza introdurre alcuna distinzione di sorta. Inoltre, il decreto, che aveva funzione puramente amministrativa, ha preteso di legiferare su materie che non competevano alla sua natura, violando così il principio di gerarchia delle fonti del diritto. Infatti, in base a quanto prescritto della nuova legge sulle Officinali (DL 75 del 2018), questo decreto doveva limitarsi unicamente a fare l’elenco delle specie riconosciute come officinali”.

A questo punto, lo sottolineo di nuovo, dopo questa doppia vittoria per la Canapa non resta che aspettare le possibili reazioni da parte dell’Esecutivo nazionale e la revisione del Decreto sulle piante officinali.

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