Non è facile accettare che circa 4.500 anni fa possa essere stata realizzata un’opera così immensa ed estremamente precisa nei calcoli, a cominciare dalla progettazione. Ma eccola lì oggi, tutta corridoi, cunicoli, grande complessità ingegneristica per la Piramide di Cheope, costruzione unica nel suo genere. Dopo l’approfondimento sull’ultima novità, troverete un capitolo legato agli altri cunicoli e uno schema della Grande Piramide.
Da amante e cultore di Egittologia non potevo sottrarmi dallo scrivere sul corridoio svelato approfittandone per dare una panoramica sui vari passaggi e tunnel che percorrono l’interno di questa costruzione.
L’ultima notizia è quella del 2 marzo 2023 con la presentazione della prova definitiva di un corridoio nascosto rilevato dietro la facciata nord della stessa piramide. È un tunnel lungo 9 metri, largo 2,10 e alto 2,30 metri che si trova dietro ai grandi blocchi collocati dagli originari costruttori a forma di una V rovesciata, soluzione ingegneristica che fu adottata per proteggere il passaggio e l’antico ingresso dal grande peso della struttura sovrastante.


La scoperta è avvenuta grazie al progetto ScanPyramids (link) iniziato nel 2015 per analizzare le strutture delle piramidi fatte erigere durante la IV dinastia (dal 2620 al 2500 a.C.) nei siti archeologici di Dashur e di Giza.
In effetti lo scopo del corridoio sembra essere quello di alleggerire ulteriormente il peso che grava sul passaggio e sull’antica entrata sottostanti, anche se il celebre archeologo egiziano Zahi Hawass ha poi aggiunto con il suo solito metodo istrionico, “Questo corridoio all’interno della piramide condurrà a rivelare altri segreti”, quindi alla possibile la strada verso la tomba del faraone. Da ricordare che la Camera del Re oggi visitabile presenta solo un enorme sarcofago in granito dal peso stimato di tre tonnellate, nessuna iscrizione sulle pareti (del tutto inusuale), nessun riferimento inciso: potrebbe sembrare un enorme specchietto per le allodole in modo da ingannare i saccheggiatori di tombe, mentre Cheope e i suoi tesori sarebbero ancora rinchiusi in qualche luogo della piramide non ancora ritrovato.



Però la Piramide del Faraone Cheope è letteralmente disseminata di cunicoli e di corridoi, a volte nominati come corridoi di aerazione a causa di alcune ipotesi fatte da archeologi e scienziati sulla loro funzione. Percorsi che si dilungano e penetrano nell’enorme massa di blocchi in calcare e in granito, spesso con orientamenti che cambiano bruscamente, sovente diretti verso l’alto, non ancora ben esplorati o per nulla.
Cheope e i suoi progettisti proteggono bene i loro segreti…
Piramide di Cheope, l’ultima scoperta
Il corridoio ritrovato grazie al progetto ScanPyramids non era mai stato definito così nel dettaglio. La scoperta è stata ufficializzata il 2 marzo 2023, ma già rilevata da anni, nel periodo tra il 2016 e il 2017. La sua presenza sottolinea ancora una volta la complessità progettuale della Piramide di Cheope o Khnum-Khufu (traducibile in: Khnum mi protegge – dio protettore delle sorgenti del Nilo e delle inondazioni benefiche del fiume), nome vero tradotto dai geroglifici.
La forma a noi più nota del nome deriva dalla successiva e antica grecizzazione in Χέοψ–Cheops.
Metodo molto originale e innovativo quello utilizzato da questa ricerca guidata da Sébastien Procureur dell’Universitè Paris-Saclay/CEA-Commissariat à l’énergie atomique et aux énergies alternatives/France e da Kunihiro Morishima dell’Università di Nagoya. Il tutto diretto da Hany Helal, coordinatore e manager di ScanPyramids.
La tecnica usata è quella della radiografia a muoni, particelle con carica negativa rilevate originariamente come parte dei raggi cosmici nei quali sono immersi pianeti e tutti gli altri corpi celesti e veicoli spaziali. Sono radiazioni emanate dal nostro Sole, dalle altre stelle, da novae, supernovae, quasar e altre formazioni/ammassi stellari.
Con questo mezzo e con la capacità penetrante dei muoni, gli scienziati hanno misurato in dettaglio le dimensioni, la forma e la posizione del corridoio della parete nord. Non c’è stato bisogno di entrarvi. Qui lo ripeto, il percorso nascosto è lungo 9 metri, largo 2,10 e alto 2,30 metri.
La tecnica di rilevamento è basata su un sistema simile per principio a quello che conosciamo a livello sanitario. Mi riferisco agli apparati a raggi X che permettono di rappresentare ossa e organi interni grazie a lastre fotografiche sensibili a queste radiazioni.
Anche le rilevazioni a muoni contano su un emettitore e una sorta di lastra ricevente: la radiazione cosmica passa attraverso la piramide consentendo ai tecnici di determinare la dimensione del corridoio e di altri ambienti e strutture, come per una radiografia umana; gli spazi pieni della piramide permettono un minor passaggio delle radiazioni verso i rivelatori, mentre gli spazi vuoti sono più permeabili. Da qui la formazione di immagini come fossero radiografie 3D sull’interno della piramide, riprese attraverso tonnellate di pietra.
Il metodo era stato elaborato in Giappone per lo studio delle strutture dei vulcani che in quella Nazione sono numerosi, in continuo movimento per la sussistenza di faglia tra le più profonde della nella crosta terrestre. Muoni usati anche per rilevare la situazione nei reattori nucleari di Fukushima dopo l’incidente del 2011.
Con questo sistema e grazie al progetto ScanPyramids, fu accertata la presenza di due importanti vuoti nella struttura della Grande Piramide. Uno di questi è rappresentato dal corridoio che sta al centro degli ultimi annunci.
Questo spazio a noi nuovo comincia 80 centimetri dalla parte posteriore dei grandi blocchi a capanna che anticamente furono collocati a protezione dell’antico ingresso, quelli che oggi spiccano ben visibili guardando il lato nord della piramide.
I blocchi inclinati nella parte superiore del corridoio ricalcano la collocazione di quelli dell’ingresso, degli altri che sono posti sulla Grande Galleria, ma anche sopra la Camera del Re e sulla Camera della Regina. Tutte soluzioni tecniche utili per scaricare ai lati il peso sovrastante evitando lo schiacciamento delle camere. Molto ingegnosi gli antichi architetti egizi.




Gli altri corridoi nella Piramide di Cheope
Una descrizione sull’esplorazione e sui dubbi riguardanti gli altri cunicoli presenti nella Grande Piramide viene proprio dall’archeologo egiziano Zahi Hawass.




La prima tappa è del 1872 quando Waynman Dixon, ingegnere ferroviario scozzese e il dottor James Grant videro che una crepa risaliva sul muro sud della Camera della Regina. Infilarono un fil di ferro nella frattura e si accorsero che dietro era vuoto. Iniziarono i lavori per tagliare la lastra in granito fino ad aprirla. Ecco che trovarono un canale largo 20,5 centimetri e alto 21,5 centimetri, profondo 3 metri prima di una curva verso l’alto con un angolo di 39°. Seguendo il modello costruttivo della camera superiore, Dixon trovò anche il secondo tunnel lungo la parete Nord della Camera della Regina: qui i due amici trovarono un piccolo gancio in bronzo, un’asta in legno di cedro lunga 12 centimetri e una sfera in diorite nera (roccia magmatica intrusiva) con inserti in bronzo.
Nel 2020 l’Università di Aberdeen datò al radiocarbonio l’asta in legno: l’età rilevata è intorno al 3.340 a.C.
Risale al 1993 una delle prime esplorazioni visive ed analitiche dei condotti che sono presenti all’interno della struttura della Grande Piramide. Sono passaggi che, in buona parte ancora oggi, non si sa dove conducono e se nascondono qualcosa.
Trent’anni fa Rudolf Gantenbrink guidò un suo mini robot cingolato chiamato Wepewawet (antico dio egizio della morte) nell’esplorazione della struttura per conto dell’ istituto archeologico tedesco esaminando i passaggi per monitorare i flussi d’aria dentro l’immensa piramide.
L’indagine partì dalla Camera della Regina. Il condotto settentrionale curvava bruscamente ad ovest a circa 8,3 metri e il robot non poté proseguire. Nel condotto meridionale Wepwawet trovò un altro ostacolo dopo aver percorso oltre 63 metri: una porta, o piccola lastra di pietra con due maniglie di rame che bloccavano l´intero condotto; la maniglia di sinistre aveva perso un pezzo, chissà quando nel passato, che stava sul pavimento del corridoio a circa 1,6 metri dalla cosiddetta lastra-porta.
Iniziarono a fiorire le più disparate ipotesi, come quella che la porticina celasse l’ingresso alla stanza dei tesori del faraone se non addirittura alla sua vera sepoltura. All’epoca Rainer Stadelmann, direttore dell’ istituto archeologico tedesco al Cairo, chiarì che il corridoio individuato dal robot sarebbe stato solo un pozzo d’ areazione, forse ideato dai costruttori per facilitare il passaggio all’aldilà dell’ anima del faraone. Niente tesoro.
Nuovo tentativo nel 2022 e nel 2003 anche grazie a una spedizione della National Geographic Society che attrezzò un veicolo robotizzato, il Pyramid Rover. L’esplorazione riguarò lo stesso condotto. Bisognava andare oltre allo sbarramento in pietra che aveva bloccato la prima esplorazione.
Il meccanismo telecomandato riuscì ad aprire un buco ampio solo un centimetro di diametro, ampiezza sufficiente per far passare una piccola telecamera attraverso il foro, ma ecco apparire un’altra porta a 21 centimetri dalla prima.
Fu esaminato anche all’altro stretto passaggio, quello settentrionale: dopo aver percorso 20 metri il condotto girava e continuava per altri 8 metri. Il piccolo robot continuò per altri 60 metri fermandosi davanti a una porta che, come l’altra, aveva due manici in rame. Come riportato dalle misurazioni, si tratta di una distanza simile a quella rilevata nel condotto meridionale prima di giungere allo sbarramento con due identici manici in rame.
A maggio 2009 ennesima spedizione per mappare i condotti, in particolare su quello inferiore sud. A guidare la missione fu l’ingegnere britannico Robert Richardson. Fu usato il robot Djedi che regalò nuove immagini grazie a una telecamera che poteva essere diretta su una gamma più ampia di angolazioni. Osservando oltre il buco fatto dal robot di sette anni prima, scoprirono alcuni segni dipinti in una sorta di vernice rossa, forse geroglifici, l’immagine non ha permesso di dare una netta interpretazione.



1 – antica entrata | 2 – lo scavo fatto fare dal Califfo al-Maʾmūn nell’820 d.C. | 3 – punto di indebolimento nella connessione dei corridoi discendente e ascendente |
4 – corridoio discendente | 5 – camera sotterranea incompiuta | 6 – corridoio ascendente |
7 – camera della Regina e i suoi condotti di ventilazione | 8 – corridoio orizzontale | 9 – la grande galleria |
10 – la Camera del Re | 11 – la stanza delle lastre di sbarramento discendenti | 12 – il pozzo di servizio |
C’è una domanda che ritorna più e più volte nelle teste degli archeologi: che significato avevano gli sbarramenti/porte? Quale sarebbe la giustificazione alla loro collocazione come sbarramento del condotto?
Nei Testi delle Piramidi il sovrano deve rispettare un preciso iter per giungere all’immortalità. Si tratta di una sorta di raccolta con formule e procedimenti (759 formule, però mai riprese tutte in ogni sepoltura) che avevano il triplice scopo di proteggere il corpo del faraone defunto, infondergli nuova vita e assicurargli l’ascesa verso gli dei giungendo al cospetto del re-dio Ra, divinità solare per eccellenza.
Tra i vari compiti che il faraone destinato alla divinità deve svolgere, c’è quello che il sovrano deve sciogliere delle cinture per poter iniziare il suo viaggio verso l’immortalità. Tra gli egittologi c’è chi ha ipotizzato che gli sbarramenti/porte con le loro maniglie rappresentino quelle cinture da eliminare per poter continuare nell’ascesa.
Il problema è che solo nella Piramide di Cheope sono stati ritrovati questi condotti completi di porte interne.
In più, la terza camera è priva di condotti.
Perché?
Non era destinata a ospitare i resti di un appartenente alla Famiglia Reale?




La Grande Piramide in numeri
Nel sito archeologico di Giza è la più grande, la prima a essere costruita. Alta originariamente 146,62 metri che in unità di misura dell’antica civiltà del Milo equivalgono a 280 cubiti egiziani. Oggi la costruzione è più bassa, raggiunge i 137 metri per la scomparsa del rivestimento esterno in calcare di Tura bianco liscio e del Pyramidion o Piramidion, la punta non più esistente, originariamente forse in oro o in Elettro (lega oro-argento) o ricoperta con questi metalli; doveva splendere alla luce del sole. Per la mitologia egizia il Pyramidion rappresentava la collina primigenia Benben, la prima terra emersa dal mare primordiale. Era sempre presente come vertice di una piramide, ma anche su ogni obelisco eretto dagli egizi.
L’abbassamento di quota della Grande Piramide è dovuto anche agli oltre 4.500 anni di eventi ed erosioni atmosferiche.
Opera colossale, fu costruita grazie all’uso di circa 2,3 milioni di blocchi con un peso medio di circa 2,5 tonnellate ciascuno (le pietre in calcare vanno dagli 800 chili alle 4 tonnellate – i monoliti in granito vanno dalle 20 tonnellate alle 80).
Volume totale di circa 2.600.000 metri cubi e peso complessivo di circa 7 milioni di tonnellate.
L’inclinazione dei lati delle piramidi è pari a 51º 50′ 35″.
La superficie su cui si erge la costruzione è ampia oltre cinque ettari, un quadrato di base che ha lati da 230,34 metri. Ogni lato è perfettamente allineato verso le direzioni Nord-Sud ed Est-Ovest.
Contrariamente a quanto prima favoleggiato, la manodopera era rappresentata da artigiani, tecnici, progettisti e dalla massa di operai che venivano impiegati nella metà scarsa dell’anno quando i campi erano sommersi sotto le acque del Nilo, quindi era impossibile lavorare la terra.
Nell’annuale periodo di attesa del ritiro delle acque fertilizzanti del fiume, i contadini operavano nel cantiere della piramide. Regolarmente pagati anche in cibo, gonnellini, sandali nuovi e assistiti dal punto di vista medico come verificato dai resti del centro medico ritrovato nei pressi della costruzione funeraria.
I lavoratori, gli specialisti, i tecnici, i funzionari e i medici vivevano in un centro urbano temporaneo (da smontare a costruzione ultimata della piramide) posto vicino al cantiere. La comunità era molto ben organizzata e poteva contare su molte risorse.
Di certo, vista l’epoca, non erano condizioni di vita normali, ma sempre difficili. Comunque, non si trattava di moltitudini di schiavi colpiti a sangue con le fruste, minacciati con le armi, incatenati e malnutriti, portati nel deserto a morire quando non erano più utili.
Sottolineo che gli unici schiavi esistenti nell’Antico Egitto – peraltro non lo erano a vita ma per un periodo limitato – erano i prigionieri di guerra e coloro che venivano condannati a tale pena per gravissimi delitti.

Pare che il progettista o co-progettista principale sia stato lo Scriba Reale e Architetto del Re Hemiunu, forse anche Visir, peraltro imparentato con il Faraone Cheope visto che era figlio del Principe Nefermaat (traduzione: bella è la verità), a sua volta figlio del Faraone Snefru, primo Sovrano della IV Dinastia.
Hemiunu aveva l’importante carica di sovrintendente dei lavori del Re, quindi responsabile anche degli altri cantieri del Regno.
Il suo sepolcro a Mastaba (tipica costruzione funeraria bassa con pozzo che porta alla camera sepolcrale sotterranea) è proprio vicina alla Grande Piramide del suo Sovrano: lì è stata ritrovata la sua statua che ci svela l’aspetto di questo grande architetto.
Il meraviglioso rivestimento bianco della Grande Piramide crollò definitivamente intorno al 1300 della nostra era.
La massa di pietre che si accumulò alla base della costruzione fu utilizzata per edificazioni nella vicina Cairo.
All’interno della piramide, nelle parti visibili e visitabili, i blocchi in calcare e granito sono perfetti, spesso tagliati e assemblati con assoluta precisione, con scarti di pochissimi millimetri o di frazione di millimetri.
La cosiddetta camera ipogea si trova nel sottosuolo. Ampia con un lato di 14 metri e l’altro di 8, è palesemente incompiuta, scavata nella roccia che prima formava una collinetta sull’altopiano di Giza, quella su cui poggia la struttura centrale della piramide.
La Camera del Re è interamente in granito rosso di Syene (Assuan), molto scuro, lastre perfettamente accostate anche se sono evidenti i segni lasciati da precedenti scorrerie di saccheggiatori. Danni palesi a cominciare dal grande sarcofago in granito, peraltro privato anche del coperchio superiore. In antiche foto si notavano le firme tracciate da viaggiatori, esploratori sulle pareti accanto al grande blocco che avrebbe dovuto custodire il corpo del faraone.
Accanto alla gigantesca costruzione come allestimento finale dell’area sacra, anche due templi mortuari per Cheope, uno di questi più vicino al Nilo in quanto il santuario doveva poter essere raggiunto dal fiume. E ancora, tre piramidi di ridotte dimensioni che dovevano essere destinate alle spose di Cheope, più una ancora più piccola. A completare l’area funeraria: una strada rialzata o rampa processionale che connetteva i due templi; le sepolture dei nobili cui veniva concesso l’onore di costruirle all’ombra della Grande Piramide (tutte del tipo a mastaba).
Nell’823 d.C, il Califfo Abbasside Abū Jaʿfar ʿAbd Allāh al-Maʾmūn b. Hārūn al-Rashīd, fece aprire un varco accanto all’ingresso principale della Piramide di Cheope. L’intenzione era quella di razziare il tesoro che avrebbe dovuto accompagnare la sepoltura del faraone. Purtroppo per il Califfo negli ambienti non c’era nulla, le stanze del tutto vuote, così abbandonò la piramide, ma dispose che l’antica costruzione e le altre piramidi di Giza potevano essere utilizzate come cave di pietra per costruire gli edifici del Cairo.
Però il Califfo ci ha lasciato questa sua eredità, l’ingresso fatto scavare da lui, quello che viene attraversato da turisti e studiosi moderni, da quando la Grande piramide è visitabile.