Momenti indimenticabili per quanto riuscirono a segnare profondamente le esistenze di tutti. Del rapimento di Aldo Moro qui ripropongo le sensazioni provate personalmente da giovanissimo studente in quel 16 marzo 1978, quanto vissuto da molte famiglie a Roma perché nella Capitale fu diverso rispetto a qualsiasi altra parte d’Italia. A Roma si ebbe paura di un imminente un colpo di stato. Le strade presidiate non lo erano solo per bloccare i terroristi. Tutti ci chiudemmo in casa. Le vie e le piazze praticamente deserte.
Tanto per fare un parallelo, l’aspetto della città era paragonabile a quanto accadde molti anni dopo, nel 2020, con la chiusura in casa per la pandemia Covid-19.
Racconto di nuovo per farlo conoscere a chi in quei giorni non era nato e per ricordarlo a chi visse quelle terribili ore.
Il Grifone, l'artiglio, la penna e la forchetta
È un ricordo che mi resterà sempre in mente. Pur abituati in quegli anni alle incursioni del terrorismo, agli scontri tra opposte fazioni in piazza e lungo le strade di Roma, in questo scenario che durava da tempo ci fu una svolta improvvisa, un giro di boa nella strategia del terrore. L’agguato di via Fani il 16 marzo 1978, rapimento di Aldo Moro, il massacro della sua scorta portarono al pieno cambiamento e l’avvio al declino delle Brigate Rosse e di tutte le altre formazioni terroristiche di qualsiasi “colore”. Ma fu una mutazione che costò sangue e terrore.
Vicenda, quella del rapimento di Moro, che si concluse il 9 maggio 1978 in via Caetani dove venne trovata la Renault 4 rossa con il cadavere dello statista infilato nel bagagliaio, buttato lì dentro dai terroristi come fosse una marionetta rotta.


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