Annientamento
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Il cuore ha prodigato le lucciole
s’è acceso e spento
di verde in verde
ho compitato
Colle mie mani plasmo il suolo
diffuso di grilli
mi modulo di
sommesso uguale cuore
M’ama non m’ama
mi sono smaltato di margherite
mi sono radicato
nella terra marcita
sono cresciuto
come un crespo
sullo stelo torto
mi sono colto
nel tuffo di spinalba
Oggi
come l’Isonzo
di asfalto azzurro
mi fisso
nella cenere del greto
scoperto dal sole
e mi trasmuto
in volo di nubi
Appieno infine
sfrenato
il solito essere sgomento
non batte più il tempo col cuore
non ha tempo né luogo
è felice
Ho sulle labbra
il bacio di marmo.
di Giuseppe Ungaretti

Il 21 maggio 1916, il colore verde, la primavera, sono alcuni dei cardini che hanno caratterizzato la composizione di Annientamento. La poesia è di Giuseppe Ungaretti, poeta italiano nato nel 1888 ad Alessandria d’Egitto, Cavaliere di gran croce dell’Ordine al merito della Repubblica italiana.
Nonostante quello che potrebbe suscitare il titolo in chi non dovesse conoscere l’autore, non si tratta di guerra o di annientamento nel senso letterario, non è il primo significato della voce da vocabolario. Si tratta di sospensione ed elevazione mistica della mente, estasi, «mettere fuori», «uscire di sé», da se stessi. Questa volta, fermandosi alla definizione Treccani, “1. Genericam., stato di isolamento e d’innalzamento mentale dell’individuo assorbito in un’idea unica o in un’emozione particolare; più propr., nella mistica, il rapimento dell’anima che al culmine della sua esperienza religiosa, perduta la coscienza del mondo fisico e di ogni legame corporeo, si innalza alla contemplazione del divino ed entra in immediata comunione con esso […]”.
Compitare, leggere con lentezza scandendo ogni singolo suono scandito da lettere, sillabe, parole, come quando da bambini si sta iniziando a esplorare la lettura. In questo caso è l’inizio dell’esplorazione universale della natura, del mondo, del divino. Un verbo che il poeta ha scelto per evidenziare al massimo il momento, l’azione. Anche modulare è verbo scelto con uno scopo preciso, esprime un’azione che dà ritmi precisi, in questo caso accorda versi, relazioni sonore tra sillabe, parole e cuore (il cuore del poeta a differenza dal primo che è cuore dell’Universo) con la terra, i grilli, l’essenza del Creato e la bellezza diffusa da questo senza misura (prodigato).
Il cuore universale batte all’unisono con il pulsare luminoso delle lucciole. Questi insetti, con la loro vita e il loro segnale ritmico, sono capaci di rappresentare il Creato mettendo in contatto con il battito dell’Universo.
La natura, il paesaggio, l’ambiente che mi circonda hanno sempre una parte fondamentale nella mia vita
Giuseppe Ungaretti
Riporto una descrizione della vita a casa Ungaretti fatta da Walter Mauro. È l’episodio che ha per protagonista il gatto Bobosse, il preferito del poeta, chiamato come il personaggio principale di una pièce teatrale sull’arte di fare l’attore, scritta nel 1950 da André Roussin e interpretata in Italia da Renato Rascel al Teatro Eliseo. Tutto si svolgeva quando era ancora viva la moglie del poeta, Jeanne Dupoix ed entrambi vivevano con la figlia Ninon al piano terreno del villino in piazza Remuria tra San Saba e Aventino a Roma:
Bobosse era ingordo di tutto, una volta, preso da violenta fame letteraria, ridusse a brandelli ben dieci cartelle di studi leopardiani, costringendo Luigi Silori a un difficile lavoro di ricostruzione.
A Ungaretti piacevano molto i gatti, infatti aveva anche una gatta chiamata Kikì regalatagli da Moravia.


Molto interessante, grazie ! Buona domenica !
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Grazie! Buona domenica a te
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Questa foto ci rimanda a un Italia davvero VIVA! Chissà se sapremo risorgere.
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La vedo complessa, ma se non saremo votati al suicidio, reagiremo e ci metteremo impegno. Spero… anche per mio nipote
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