Grifone in tutte le lingue e culture: il mito antico di questo animale fantastico dal grande cuore e granitica fierezza… a volte pestifero

Un Grifone non è solo ali, testa, petto, artigli anteriori d’aquila e corpo da leone. È anche il più fiero dei cuori. Figura mitica, animale fantastico che viene da remote tradizioni mediterranee ma, più anticamente, dall’area asiatica compresa tra lo stesso Mediterraneo e l’India.

Sono un fissato con queste antiche simbologie leggendarie.

In precedenza ho scritto sulla Trinacria (articolo a questo link), “figlia” della Triscele, figura che culturalmente ha caratterizzato civiltà di mezzo mondo, quindi Trikeles, Triquetra, Thrinax con significati che vanno da “tre promontori” a “dalle tre punte”.
Tipico simbolo cosmologico.

Mi ero cimentato a scrivere un pezzo di approfondimento sulla Trinacria perché sono siciliano. L’attaccamento alla Patria è forte.
Il Grifone invece mi arriva da due differenti stimoli: il primo è di diretta influenza familiare visto che questo animale mitologico ci accompagna dall’alba dei tempi; il secondo è la grande influenza che hanno su di me la storia e il mondo mitologico del Vicino Oriente, dall’Antico Egitto, dalla Mesopotamia fino all’Italia passando però per l’Anatolia, l’Ellade/῾Ελλάς, quindi Tessaglia/Θεσσαλία comprendendo Cipro e Creta.

Forza rappresentata dal corpo del leone. L'attenzione vigile simboleggiata dagli occhi dell'aquila. Ferocia quando occorre grazie agli artigli e al forte becco adunco. Questo è il Grifone e questi sono i cardini concettuali di base, quelli che poi si sono ampliati e articolati man mano che questo animale mitologico si sposava con le diverse culture del mondo antico.

Una delle più antiche, se non la più antica rappresentazione di un Grifone?
Arriva dall’Egitto,
su un uno dei due lati del reperto nominato Tavoletta dei due cani per la presenza dominate dei due animali.
Fu trovata nell’area di IeracompoliHierakonpolis o Città del Falco, l’antica Nekhem.
La tavoletta è in scisto, forma ovoidale, misura 42,5 centimetri per 22. Risale ai primi regnanti dell’Egitto appena pre-faraonico, quindi a un periodo compreso tra il 3300 e il 3100 a.C., appena precedente alla celebre Tavoletta di Narmer, dal nome del faraone lì ritratto, quello che viene identificato con Menes, I Dinastia, il primo unificatore dell’Egitto.
Comunque, il trofeo come animale più strano rappresentato sulla stessa tavoletta è il Serpopardo, incrocio tra un serpente e un leopardo. Lo vedete chiaramente nel verso della tavoletta in seconda immagine appena sotto questo testo. In effetti il Serpopardo di serpentesco ha solo il collo e non la testa, non ci sono incisioni grafiche che simboleggiano le macchie di un leopardo e non c’è la solita coda del felino, ma è più corta e con una strana fine, quasi un piccolo ciuffo da leone. Figure mitiche tipiche di quei tempi tanto remoti, non esclusiva del solo Egitto, ritrovate anche in regioni come l’attuale Iran occidentale e in Mesopotamia, anche Grifoni del 3500 a.C circa impressi in sigilli d’argilla.

Quanto a fantasia mitologica gli artisti e i teologi di cinque millenni fa ne avevano in abbondanza.

Il Grifone, forse più che gli altri animali incisi su questa tavoletta, è rappresentato in maniera primitiva. Osservandolo bene c’è un primo particolare che spicca: le ali sembrano un unico alettone, come fossero un’ampia ala d’aereo a tutta larghezza. Probabilmente in quel momento l’artista non seppe rendere l’idea del movimento e della connessione anatomica con il corpo. Del resto da questa rappresentazione ci distaccano ben più di 5000 anni.

Il Grifone rimase poi nelle rappresentazioni egizie, ebbe meno successo delle altre, ma c’era. Lo si vede oggi, per esempio anche nella Camera delle Stagioni di Nyuserra, parte del tempio solare della V Dinastia, edificato intorno al 2420 a.C., nella località attuale di Abu Ghurab-Abusir, 20 chilometri a sud del Cairo: nelle incisioni dominavano le rappresentazioni di fauna e flora, il ciclo della Natura con le sue tre stagioni dell’anno egizio. La sacralità del Creato e del meccanismo universale dominato dal Sole che aveva per testimone garante il Grifone.

Le civiltà commerciano, si trasformano e il Grifone viaggia con loro

Dopo i primi reperti grifoneschi di 5500 anni fa, il fenomeno Grifone si amplia e si diffonde.

Nel II millennio prima di Cristo appare a Cipro e in Anatolia, rappresentato soprattutto su tavolette d’avorio scolpite: lì appaiono troni e letti dei sovrani e anche il Grifo ritratto in posizione seduta, le ali ripiegate e accostate al corpo, a vigilare e a proteggere il re.
L’influenza culturale viaggia nello stesso periodo grazie ai commercianti cananei che percorrono le rotte del Mediterraneo, quindi il Grifone tocca le coste verso Sud, tra Biblo e il Sinai, quelle a Nord, dal Libano alla Siria.

Nel I millennio a.C. il Grifo cambia vettore salendo a bordo delle navi fenicie o greche giungendo alle regioni vicine al Mar Nero, tanto che lo si ritrova inciso su armi e suppellettili di popoli nomadi, a cominciare dagli Sciti. Altra rotta del viaggio verso occidente, quindi Sicilia e penisola italiana in primis.

La leggenda vuole che Alessandro il Grande fosse guidato verso i cieli da Grifoni: il grande condottiero e Imperatore voleva avere visione di quanto fossero grandi i suoi domini e capire cosa fosse l’aria, elemento invisibile, ma presente.
Le terre dell’Impero erano così vaste che Alessandro non poteva, con uno sguardo, abbracciarle tutte. Così il Monarca decise che doveva librarsi in aria per risolvere i due problemi. Ordinò di costruire una navicella leggera, una sorta di gabbia o cesto in metallo prezioso, splendidamente decorata. A questa incatenò tre o quattro grifoni che aveva portato con se dall’India. L’imperatore fece issare tutto in cima ad una montagna, poi si imbarcò nella navicella sorreggendo due lunghi bastoni rossi alle cui estremità aveva assicurato dei prosciutti, vere ghiottonerie per i grifoni. Agitando la carne nella direzione scelta, i grifoni si alzavano in volo cercando di acchiappare i bocconi.
La spinta fornita dalle ali di quegli animali fece sollevare la navicella e Alessandro ebbe modo di osservare la Terra, avere una visione totale del suo Impero e di studiare i cieli. Tornato a terra, l’imperatore ricevette l’omaggio della sua corte.

Questo animale mitologico è presente pure in rappresentazioni rintracciate in regioni lontanissime, oltre la grande India, nel sudest asiatico, in quella fascia che comprende Tailandia, Cambogia, fino a Corea e Vietnam.

Durante il Medioevo i maghi dicevano che era una gran fortuna riuscire a mettere le mani sugli artigli di un Grifone: se utilizzati come coppe per bere, avevano la capacità di cambiare colore se nella bevanda fosse presente del veleno. Se fosse stato vero sarebbe stato un gran bel vantaggio per i regnanti che avevano a che fare con cortigiani a volte troppo… intraprendenti e ambiziosi.


Il Grifone in molte lingue: Γρύπας (Grýpas in Greco), Griffioen (Olandese), Griffin-Grifo (Spagnolo), Griu o Grifó (Catalano), Grifo (Portoghese), Curturzu, Bentruxiu, Entulzu, Murru, Untruxu-Intruxiu (tutte varianti sarde), Grifín (Irlandese), Griffin (Inglese), Griffon (Francese), Greif (Tedesco), Gryf (Polacco), גריפין (Griffin in Ebraico), Грифин (Grifin in Macedone), Гриффин (Griffin in Serbo), Гріфон (Hrifon in Ucraino), Grifon (Turco), ग्रिफिन् (Sanscrito), ግሪፈን (Girīfeni in Amarico), جريفين (Jirifayn in Arabo), ګریفین (Pashto), گریفین (Persiano), گرفن (Sindhi), Qriffin (Azero), Grifas (Lituano), Грифин (Grifin in Bulgaro), Грифон (Grifon in Russo), Гриффин (Griffin in Chirghiso), גריפין (Grifin in Yddish), ਗ੍ਰਿਫਿਨ (Griphina in Punjabi), கிரிஃபின் (Kiriḥpiṉ in Tamil), ಗ್ರಿಫಿನ್ (Griphin in Kannada), ଗ୍ରିଫିନ୍ | (in Odia-Oriya), গ্রিফিন (Griphina in Bengalese), ග්රිෆින් (Grifin in Singalese), ហ្គ្រីហ្វីន (hkri hvei n in Kmer), ກຣິຟຟິນ (kri f fin in Lao), กริฟฟิน (Kriffin in Thailandese), グリフィン (Gurifin in Giapponese), दौड़ के लिए कभी भी न उतारा गया घोडा (daud ke liye kabhee bhee na utaara gaya ghoda in Hindi), Гриффин (Grïffïn in Kazako), 格里芬 (Gé lǐ fēn in Cinese).


Il Grifone e la Sfinge

Sì, ci sono punti di contatto. Da bambino vedevo una forte somiglianza, quanto meno estetica, a parte che alla sfinge mancavano le ali. Però bastava spostarsi dal mondo egizio a quello greco ed ecco che alla sfinge vedevo spuntare anche le ali, mutazione culturale in regioni più a oriente, dall’Anatolia, dalla Mesopotamia.

Se in Grecia la Sfinge-σφίγξ aveva testa di donna, la Sfinge persiana, per esempio quella ritratta nel grande palazzo imperiale di Dario I nell’antica Susa (oggi Shush) ha una testa di uomo con lunga tipica barba ricciuta e con caratteristico copricapo verticale.

Sfinge e Grifone proteggevano qualcosa. Sono pure parenti? La prima è un’Androsfinge, quindi con testa umana, il secondo è un’Ieracosfinge, con testa di falco, con o senza ali. Sto forzando il paragone, è vero.
Tra di loro la Criosfinge, con testa di ariete/caprone, tipica dell’Antico Egitto, basta osservarle lungo uno dei grandi viali d’accesso e di comunicazione tra il Tempio di Karnak e quello di Luxor: qui erano ben 900.

Greco σφίγξ ed Egizio šps-ˁnḫ (traslitterazione dai geroglifici) si somigliano molto nel suono, quello che porta al termine Sfinge. Immagine vivente il significato per il mondo dei faraoni, mentre il termine greco poteva significare strangolare quindi strangolatrice.
Molto differenti tra loro, un gioco diverso tra vita e morte.

Mi riferivo prima al compito di proteggere.

In Egitto le sfingi proteggevano le sepolture dei faraoni garantendone così la sopravvivenza nell’altro mondo, l’immortalità (articolo a questo link). Non difendevano tesori in quanto tali, ma tutto il corredo funerario (compresi gli ori) che doveva garantire la vita ultraterrena: grosso modo, a somiglianza dell’esistenza terrena, anche se intrisa di magia e mistero per la vita eterna. Servivano gli stessi indumenti, gli stessi carri, armi, strumenti, sandali, coppe, letti ecc. Anche piccole statuine, gli ushabti, che si sarebbero trasformate magicamente in servitù. La sfinge proteggeva tutto questo. Era questione di vita per sempre, oppure oblio nel nulla.

In Grecia si deve risalire al mito di Edipo. La sfinge, che Ares volle portare a Tebe dall’Etiopia, difendeva e ostacolava il passaggio per la città. Lì avvenne l’incontro con Edipo a cui la Sfinge recitò il suo celebre indovinello.
Intuire e rispondere con la giusta soluzione significava restare in vita, avere un premio e passare. Altrimenti era morte: la σφίγγ᾽ ὠμόσιτος strangolava e mangiava chi non indovinava. Ne ho scritto qui (link).

Il Grifone, dio della tempesta provocatore dei fulmini, poi difensore del tesoro di Apollo e, ancora dopo, simbolo della natura di Cristo

C’è anche oro, non rinvenibile però nei fiumi
e slavato, come nel fiume Paktolos,
bensì in molte grandi montagne disabitate a causa dei Grifoni.
Questi sono uccelli a quattro zampe grandi quanto i lupi,
le loro zampe e i loro artigli assomigliano a quelli di un leone;
le piume del loro petto sono rosse,
mentre quelle del resto del corpo sono nere.
Sebbene ci sia abbondanza di oro nelle montagne,
è difficile recuperarlo a causa di questi uccelli.

Dalla Storia di Persia, opera di Ctesia di Cnido, storico greco e medico alla corte persiana tra il 415 e il 399 circa a.C. andava in cerca di curiosità e di tradizioni leggendarie

Era una lotta perpetua quella che i Grifoni proseguivano in difesa dell’oro di Apollo.
Gli antagonisti erano esseri brutali, avevano un occhio solo come i Ciclopi e a descriverli così furono storiografi cinesi. Inoltre, erano nemici bellicosi, vestivano corte tuniche su pantaloni come i barbari asiatici, erano parecchio barbuti, avevano un’indole selvaggia, molto ricchi sì, ma desideravano sempre più tesori.
Questa gente così pericolosa faceva parte del popoli degli Arimaspi-᾿Αριμασποί. I Grifoni avevano il loro bel daffare per contrastarli.

Una rappresentazione di questo confitto è visibile su un antico vaso oggi custodito all’Hermitage, il Museo di Stato di San Pietroburgo. Si tratta di un vaso a rilievo del periodo 400-380 a.C. con figure rosse e dorature, opera firmata da un ateniese, Xenophantos.

Ne scrisse pure Aristea di Proconneso (VII sec. a. C.) componendo un poema, l’Arimaspeia.

Dove vivevano i leggendari Arimaspi?

La loro casa era nelle regioni aurifere che si trovavano lungo due versanti montuosi, quello orientale degli Urali e l’altro a Nord Ovest dell’Altai, grande sistema montuoso che domina il bassopiano siberiano a Nord, le depressioni del Zaisan e della Zungaria a Sud, la steppa dei Kirghisi ad Ovest e l’altipiano mongolo con la Valle dei Laghi e le catene del Tannu-ola e dei Saiani a Est.

Cnosso, il Palazzo, il Re e i Grifoni

Elegantissimi i Grifoni (senza ali) che dominano gli affreschi della Sala del Trono nel Palazzo di Cnosso-Κνωσός a Creta. Anche loro hanno una funzione di protezione, questa volta nell’ambito sacrale-liturgico dei riti che dovevano tenersi nella reggia.
Colori ancora smaglianti, linee sinuose per un edificio che, nella massima espansione raggiunta, fu esteso su circa 22.000 metri quadri per 1.300 stanze su più piani. Un dedalo intricato di volumi, tanto che si vuole indicarlo come il mitico Labirinto del Minotauro: simbolo del palazzo era l’λάβρυς, la scure a due lame o labrys che ha dato il nome anche a una delle sale… il passaggio a labyrinthos è breve, quindi Dedalo, Minosse, Arianna.
Sulle pareti sono presenti animali mitologici sembrano sostare elegantemente in rivista, non sfidano, non minacciano, sono una testimonianza della presenza del divino e della bellezza. I Grifoni accanto al trono dovevano rappresentare l’avvedutezza del potere reale e la determinazione. Tra loro i gigli che per i minoici erano fiori sacri. Erano dei grifi-guardiani magico-divini: l’ambiente era destinato a riti religiosi e per le abluzioni sacre nella vasca posta sul lato opposto a quello del trono.
La Civiltà minoica seppe creare combinazioni architettoniche e artistiche del tutto originali nell’ambito del Mediterraneo dove le influenze culturali abbondavano, tutte esportate dai paesi che si affacciavano sulle stesse acque. L’influenza egizia è però evidente.

Nel 2000 a.C. Creta divenne uno dei maggiori centri di scambio del Mediterraneo. La città stato di Cnosso acquisì primaria importanza nell’Isola, divenne centro politico, religioso ed economico dell’impero commerciale e militare marittimo, nonché sede del potere centrale. In quel periodo il meraviglioso Palazzo iniziò a prendere forma sull’altura di Kephala, sito di un antico centro del Neolitico.
Fu poi ricostruito ancora più bello e più grande dopo il terremoto che si scatenò verso il 1628 a.C. per l’eruzione del vulcano Thera, l’odierna Santorini: il sisma aveva distrutto buona parte di quello che c’era prima.
Tra i maggiori interlocutori commerciali di Creta c’erano gli egiziani che avevano predisposto scali navali nel delta del Nilo e lungo i corsi principali del loro grande fiume raggiunti via mare entrando proprio dall’estuario navigando grazie al vento quasi sempre diretto verso Sud.

I Grifoni e la cerva di Ascoli Satriano nel Foggiano, trafugati e dopo trent’anni tornati a casa

Cambiando scenario, sono molto noti i due Grifoni che danno vita a un sostegno per mensola o Trapezophoros del IV secolo a.C. trovato a Ascoli Satriano (Foggia). L’oggetto, di grande raffinatezza, era in una tomba principesca dauna, creato da un antico maestro locale o apulo/magnogreco. Oggi è al Polo museale di Ascoli Satriano.

Quest’antica opera d’arte proveniva dall’antica Ausculum nell’area anticamente nota come Daunia-Δαυνία (Tavoliere delle Puglie), parte fondamentale della Lapigia-Japigia-Ἰαπυγία (dal Metaponto al Gargano).
La mensola era stata trafugata da tombaroli in una ricca sepoltura a camera tra il 1976 e il 1978 insieme ad altri reperti: vicino all’area dove scavarono i criminali era in costruzione un impianto per lo smaltimento dei rifiuti (!). Per riuscire a portarlo via di nascosto e per trasferirlo in Svizzera, il Trapezophoros fu fatto a pezzi (i segni si vedono oggi nella foto che ho inserito più in basso). Fu smerciato illegalmente negli USA a opera del mercante d’arte Giacomo Medici che agiva con la sua società fiduciaria svizzera, la Edition Service. Nella catena di trafficanti anche il mercante di diamanti belga-americano Maurice Templesman, un noto antiquario inglese e l’antiquiario romano che fece il primo passo di questa catena criminale portando materialmente via il reperto dalla Puglia.
Il trittico Grifoni-cerva fu infine comprato nel 1985, per 5,5 milioni di dollari, dalla Fondazione Getty e collocato a Villa Getty in quel di Malibu.

L’opera d’arte fu recuperata e riportata in Italia nel 2007 grazie alle indagini dei Carabinieri TPC.
In breve, i Grifoni hanno ritrovato la via di casa.

In questo Trapezophoros i due animali mitologici sono rappresentati uno di fronte all’altro: sono un po’ diversi rispetto a quanto ci si aspetta, hanno collo serpentiforme/da rettile, ali colorate e più morbide, più leggiadre rispetto a quelle di un’aquila. Il corpo invece rientra nel consueto, da leone. I Grifi stanno sbranando una cerva.

È una delle opere più belle e perfette che ci sono arrivate dal nostro lontano passato. Nel gruppo di reperti recuperati è stata inclusa una statua che raffigura un Apollo con Grifone (II secolo a.C.), anch’essa restituita dal Paul Getty Museum.

Il Grifone malvagio della Mesopotamia

Secondo le popolazioni mesopotamico-persiane il Grifone era anche ben meno docile quando era nelle sembianze di Anzû-𒀭𒅎𒂂𒄷 oppure Im.dugud (in Sumero, nebbia fitta), incarnazione del vento tempestoso e dei temporali. Poteva trasformarsi e apparire come una grande aquila con testa di leone.

Arrivò a ribellarsi contro il dio dell’aria, delle tempeste e della terra Enlil rubandogli la Tavola dei Destini dove era scritto il futuro di tutto il Creato. Era talmente infuriato il Grifo da trasformarsi: in una rappresentazione posta all’ingresso del tempio piccolo di Ninive il Grifone è talmente rabbioso che è diventato leonino nella parte anteriore e falco nella parte posteriore. L’aspetto mette molto timore. Il bassorilievo fu riportato su carta da Austen Henry Layard, archeologo del XIX secolo.
Immaginate di tornare indietro nel tempo, a Ninive mentre entrate in quel tempio e siete letteralmente sovrastati da questa remota lotta tra il bene e il male.

Chi avrà affrontato questo Grifone arrabbiato per recuperare la Tavola dei Destini?
Quale dio tra Ninurta, signore della Terra, figlio di Enlil o Marduk-𒀭𒀫𒌓, noto anche come Bēl, re degli dei?
Non scrivo qui come finì questa storia: resistete un po’, ve la racconterò più avanti.

Dante, Cristo e il Grifone: la doppia natura

Ed ecco la trasformazione del Grifone in epoca cristiana. Con la sua doppia indole dominante rappresentava il potere sulla Terra e nei cieli.

Il passaggio concettuale fu breve tanto da innescare la mutazione concettuale come allegoria-simbolo della natura di Cristo.

Il Grifone, in quanto unione tra animale terrestre e animale dei cieli, è stato usato nella cristianità medievale come simbolo della doppia natura, terrestre e divina, di Gesù Cristo.
Doppia natura, la divina e l’umana, riunita nella figura del Grifone.

Dante lo ha descritto al timone del carro (la Chiesa universale) nella processione che gli apparve nel Paradiso terrestre.
Ne ho scritto in parte a questo mio articolo (link).

Lo spazio dentro a lor quattro contenne 
un carro, in su due rote, triunfale, 
ch’al collo d’un grifon tirato venne.

Esso tendeva in sù l’una e l’altra ale 
tra la mezzana e le tre e tre liste, 
sì ch’a nulla, fendendo, facea male.

Tanto salivan che non eran viste; 
le membra d’oro avea quant’era uccello, 
e bianche l’altre, di vermiglio miste.

[…]

la fiera / ch’è sola una persona in due nature

[…]

la doppia fiera dentro vi raggiava

[…]

e ‘l grifon mosse il benedetto carco 
sì, che però nulla penna crollonne.

[…]

Sola sedeasi (Beatrice) in su la terra vera, 
come guardia lasciata lì del plaustro 
che legar vidi a la biforme fera.

Purgatorio, dal XXIX al XXXII canto – Dante Alighieri

Sulla natura doppia di Cristo raffigurata in maniera simile anche il teologo Isidoro di Siviglia (Cartagena, 560 circa – Siviglia, 4 aprile 636) nella sua opera in Latino Etymologiae sive Origines, vera e propria enciclopedia medievale suddivisa in ben venti libri.

Christus est leo pro regno et fortitudine

aquila propter quod post resurrectionem ad astra remeavit

Traduzione:
Cristo è il leone per il regno e la forza… l’aquila per cui è tornato alle stelle dopo la risurrezione

Isidoro di Siviglia

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