Non poteva mancare l’ennesimo moto litigioso che anima social e piazze. La vicenda dell’attacco al territorio dello Stato di Israele è servito nel Bel Paese a scatenare le più ridicole contrapposizioni che evidenziano solo una cosa: di conoscenza storico-cronologica se ne ha ben poca, nulla sulla Palestina, nulla su Israele e sull’avvicendamento dei popoli ebraico e musulmano nell’area.
Chi si confronta su questa tragica vicenda e pesca solo dalla pseudo conoscenza contenuta nel proprio gruppo tribale (sì, lo definisco così), di destra o di sinistra che sia, parla e scrive dal nulla e sul nulla.
Sulla questione palestinese è vero che vivere nella striscia di Gaza in quelle condizioni sarebbe assurdo per molti. Chiusi a Sud dall’Egitto e a Nord da Israele. Incapsulati. Perché neppure l’Egitto li vuole, per non correre il rischio di far passare verso il Sinai e il Nilo i pericolosissimi estremisti di Hamas nascosti in mezzo alla gente civile, quel popolo sempre sfruttato dagli stessi terroristi e usati anche scudo umano.
Hamas NON rappresenta i palestinesi, ma solo se stessa. Fazione estremista fondamentalista islamica che diversi anni fa prese il potere nella striscia di Gaza. Come già scritto in un mio precedente articolo (link), Hamas – acronimo di Ḥarakat al-Muqāwama (Movimento di Resistenza Islamica) – è un’organizzazione politica e paramilitare palestinese, gruppo islamista fondamentalista, sunnita, di estrema destra. Palesemente sovvenzionata e rifornita di armi dall’Iran.
Difficile, se non impossibile, lasciare che oggi un territorio si amministri liberamente fino a quando Hamas ne disporrà come vorrà e vi detterà legge con la forza delle sue armi. Quale altra nazione non reagirebbe avendo accanto questi folli sanguinari?
Dopo questo lungo preambolo, passo a tracciare un po’ di storia della Palestina, delle realtà ebraiche e musulmane in questo territorio.
La Fondazione Elisabeth de Rothschild (link) custodisce tantissimi documenti, molti risalenti a parecchi secoli addietro, tutti a definire il percorso storico del popolo ebraico.
Tra questi documenti ce n’è uno che riguarda proprio le origini dello Stato di Israele.


Immagine a destra, la suddivisione in aree di influenza per il Mandato inglese e francese della grande Palestina, regione dell’ex Impero Ottomano
Si tratta del contratto di compravendita di grandissimi latifondi ricadenti nelle competenze della città di Afula, in Galilea, nel distretto Settentrionale d’Israele. Questo documento fu redatto nel 1947 utilizzando le due lingue, arabo ed ebraico. Regolava quanto pattuito tra latifondisti arabi che vendevano queste grandi estensioni di terra al “Fondo Nazionale Ebraico”, realtà che stava acquistando quei latifondi.
Di questi documenti se ne trovano tantissimi. Tutti sancivano – e testimoniano oggi – il passaggio di proprietà di territori dai proprietari musulmani al Fondo ebraico che in cambio sganciò parecchi quattrini.
Su queste vaste terre acquistate dagli ebrei e confluite nel Fondo, l’ONU redigerà – 29 novembre del 1947 – la mappa del piano di partizione. I palestinesi ebrei, a differenza dei palestinesi musulmani, accetteranno facendo nascere lo Stato di Israele.
(nella prima mappa qui sotto allegata, sul censimento 1945 redatto dal Mandato britannico per la Palestina: le terre ebraiche sono marcate in colore rosso – A destra, la suddivisione stabilita dall’ONU nel 1947).

Il Fondo Nazionale Ebraico-Keren Kayemet LeYisrael, fu fondato nel 1901 a Basilea per comprare e sviluppare le terre – azione che iniziò nel periodo della Palestina sotto l’Impero Ottomano – e poi mandataria per l’insediamento degli ebrei.
Da sottolineare che l’espansione territoriale a più riprese compiuta da Israele, avvenuta dopo il 1948, è stata conseguenza degli attacchi militari voluti dagli Stati arabi confinanti. Sono eventi ottimamente registrati: non possono essere smentiti neppure dalle più sfrenate fantasie.
Terre “rubate” non ne sono mai esistite.
Qualsiasi cosa io scriverò successivamente, non può prescindere dalla definizione di Palestina e di “palestinese”. Così proseguo con questa precisazione che è storica nei suoi fatti. Occorre quindi inquadrare le definizioni tra la Giudea del I secolo d.C. fino alla Palestina dell’Impero Turco-Ottomano del 1517.
Pensate all’Imperatore Adriano e alla campagna dell’ultima delle Guerre Giudaiche del 135 d.C.
La prima di queste guerre risale al periodo 66-70 d.C. prima sotto l’imperatore Nerone e di Vespasiano poi. La seconda avvenne tra il 115 e il 117 con l’Imperatore Traiano.
Fu nell’ultima, quella della rivolta ebraica di Bar Kokhba-מרד בר כוכבא contro il dominio dell’Impero Romano, che le legioni romane ebbero nuovamente la meglio. Durante l’ultimo scontro le forze ebraiche persero: furono uccisi migliaia di ebrei. Tra i morti anche Simon Bar Kokheba condottiero dei rivoltosi, autodefinitosi Messia, Nasi-principe di Israele.
Adriano voleva punire duramente il popolo di Gerusalemme.
Così l’Imperatore impose un nuovo nome alla regione, al vecchio Regno, mutando la denominazione Giudea-Iudaea in Palestina (Filastinia, da Filistei, gli acerrimi nemici degli ebrei), per la precisione assegnando il nome Syria Palaestina.
L’idea e la speranza di uno Stato indipendente perse forza definitivamente, almeno per i secoli immediatamente successivi.
In quel momento quindi comparve per la prima volta il nome Palestina come entità che inquadrava un territorio puramente amministrativo in una provincia dell’impero romano. Si era ancora lontanissimi dalla nascita della realtà musulmana nella Penisola Arabica, molto più a est e a sud.
Salto di secoli al 636 d.C, anno che segnò l’arrivo degli arabi. In quel momento a Gerusalemme, per volere del califfo ortodosso ‛Omar, iniziò la costruzione la Moschea al-Aqṣā, la Moschea con la Cupola della roccia, la cupola d’oro. Fu eretta nel luogo più sacro all’ebraismo, nel punto dove sorgeva il Tempio di Gerusalemme che fu distrutto nel 70 d.C. dalle legioni romane guidate dall’Imperatore Tito.
Per i successivi 200 anni il dominio arabo nell’area sarà indiscusso. Il loro governo sarà messo in crisi e sostituito da due diverse ondate, quella cristiana dei crociati prima e poi l’arrivo dei mamelucchi, milizie turche e circasse di origine servile, potenti sotto la dinastia degli Ayyubiti come il Saladino-Ṣalāḥ ad-dīn Yūsuf ibn Ayyūb, condottiero che dominò territori dall’Egitto alla Siria distruggendo anche il regno crociato di Gerusalemme.
La dinastia fu poi soppiantata dai sultani mamelucchi nel 1250 in Egitto, mentre continuò in Mesopotamia, Yemen e Siria. Il più longevo fu il ramo dinastico siriano di Ḥamāh (città della Siria occidentale, bagnata dal fiume Oronte) cui apparteneva Abū l-Fidā’, noto storico e geografo.
Cambia il quadro politico tra il 1517 e il 1922. In questo periodo di circa 400 anni il territorio della Palestina sarà dominato dai Turchi e, per la prima volta nella sua storia, assume la struttura di provincia alle dipendenze dirette dell’Impero Ottomano.
Sotto l’impero di Solimano il Magnifico, la Palestina avrà grande sviluppo e molti ebrei furono richiamati nel territorio: nel XVI secolo a Gerusalemme e a Safed la comunità ebraica era composta da circa 10.000 persone.
Il periodo più florido non durò a lungo, il dominio ottomano si rivelò non avveduto. Poi la Prima Guerra Mondiale quando l’Impero Turco schieratosi con l’Impero Austriaco e quello di Germania, fu sonoramente battuto.
Da quel momento l’impero fu letteralmente smembrato.
All’epoca, la regione della Palestina comprendeva un’estensione che inglobava l’attuale Siria, il Libano, la Giordania, l’Iraq, Israele e i territori palestinesi.
Le nazioni che vinsero la Grande Guerra spezzarono anche la stessa provincia della Palestina suddividendola in due mandati assegnati a Francia e a Gran Bretagna:
- il mandato francese con nucleo a nord controllava Siria e Libano;
- quello inglese dei territori più a sud, quindi Israele, Giordania, Territori palestinesi.
Il periodo del mandato inglese per la Palestina durò dal 1922 al 1948, in totale 26 anni continuando sul solco della riassegnazione di alcuni territori delle potenze sconfitte durante la Guerra.
Il moderno Stato d’Israele nasce nel 1948 su un territorio che la Società delle Nazioni, organismo precursore dell’ONU, aveva affidato come protettorato alla Gran Bretagna.
Il meccanismo era simile se non identico a due trattati applicati in altre regioni e alla fine delle due guerre mondiali:
- il Trattato di Saint Germain del 1919 che stabiliva il passaggio dell’Alto Adige all’Italia dopo la sconfitta dell’Impero Austro-ungarico nella Grande Guerra;
- Alla fine della Seconda Guerra Mondiale, con l’annientamento delle potenze dell’Asse e loro alleati, quindi anche dell’Italia, la sottoscrizione del Trattato di Parigi del 1947 – i confini italiani e quelli di Ungheria, Romania, Bulgaria e Finlandia furono rimodellati causando esodi forzati di molte popolazioni, come avvenne in Istria con la fuga verso l’Italia di oltre 270.000 persone costrette a lasciare le loro case per sempre.
Sionismo ed ebrei in Palestina
Ed ecco che si torna al punto con il quale ho iniziato questo articolo, a quel documento che, come tanti altri, vede l’acquisto di vastissimi terreni da parte del “Fondo Nazionale Ebraico”. Aree comprate da latifondisti arabo/musulmani.
Tanto per essere chiaro, lo Stato di Israele non nasce come risarcimento agli ebrei per la Shoah.
Non c’è stata neppure un’usurpazione della terra perché questa, fino al 1948 e alla conclusione del mandato britannico, era stata acquisita a caro prezzo.
La nota famiglia Rothschild, che tanto appoggiò la causa sionista trasferirà alla PICA–Palestine Jewish Colinization Association circa 800 km² di terre. Una quantità enorme.
Scopo e fine politico del sionismo era stato sempre quello della creazione di uno Stato Ebraico.
Il movimento politico nacque nella seconda metà dell XIX secolo. Questi scopi e questo fine ispirarono un movimento migratorio ebraico, “Aliyot”, già in atto da secoli.
Questa spinta migratoria fu alimentato dai pogrom russi di fine 1800, da quelli dei primi anni del 1900, dalla Rivoluzione Russa dei primi anni 20, dall’antisemitismo polacco e ungherese di fine anni 20 e, infine, dall’ascesa di Hitler negli anni 30.
In totale, dalla fine del 800 ai primi anni 30, in Palestina emigrarono circa 440,000 ebrei.
Lo Stato di Israele
Anno 1948, la nascita del moderno Stato di Israele. Tutto ebbe praticamente inizio nel 1917 con la Dichiarazione Belfour dove il Governo Inglese comunicava ufficialmente di guardare con favore alla creazione di un focolare ebraico in Palestina, in vista della colonizzazione ebraica del suo territorio.
Questa dichiarazione fu inclusa nel documento che istituiva il mandato sulla Palestina del 1922, approvato dalle 44 nazioni appartenenti alla Società delle Nazioni, seguendo gli accordi di spartizione nel 1922 della grande Palestina (dalla quale nasceranno l’attuale Siria, Libano, Giordania e Israele/AP).
La spartizione del territorio decisa dall’ONU nel 1947
Nel novembre del 1947 ci fu un ridisegno politico dell’area. Le Nazioni Unite decisero di suddividere quel che rimaneva della Palestina, quindi il 33% dell’originale Palestina del Mandato, in due stati, uno ebraico e uno arabo.
L’assetto territoriale dato dall’ONU si basò sul censimento delle terre comprate dagli ebrei fino al 1945.
La cartina del piano di Partizione ONU del 1947 è infatti sovrapponibile alla cartina del censimento del 1945.
L’intoppo critico avvenne l’indomani della decisione.
Gli ebrei accettarono il piano di partizione. Al contrario, i palestinesi e gli stati arabi lo rifiutarono.
Il 14 Maggio 1948, non appena le truppe inglesi si ritirarono dal territorio, lo Stato di Israele dichiarò la propria indipendenza.
Il giorno dopo tutti e cinque paesi arabi confinanti, Siria, Libano, Giordania, Egitto e Iraq, dichiararono guerra al neonato Stato ebraico rifiutandosi di riconoscere la suddivisione della Palestina, il nuovo Stato di Israele, impedendo la nascita dello Stato palestinese sancito invece dall’ONU.
Tutto ha origine da questa lunga sequenza di eventi che non sono passati da terre rubate, ma da una catena di processi che avrebbero dovuto portare a una convivenza in differenti sfere di influenza.
Però, a differenza che nei secoli passati, non è stato possibile riprodurre quella coesistenza che caratterizzò storicamente quell’area del mondo. Un passato che non è mai stato facile né calmo perché crocevia di culture, di religioni e di traffici da e per l’Est e il Mediterraneo.
Da quel primo attacco dei paesi musulmani contro il neonato Stato di Israele nel 1948, poi con i conflitti chiave del 1956, del 1967 e del 1973 delle Guerre arabo-israeliane, i confini sono cambiati continuamente seguendo gli esiti e gli accordi finali presi per la fine dei combattimenti.
Solo come nota finale, oltre al già citato conflitto del 1948:
- Seconda Guerra Arabo-Israeliana nel novembre del 1956, per la crisi del Canale di Suez e l’intervento successivo di Francia e Gran Bretagna per il possesso del Canale. Tutto iniziò per la nazionalizzazione di Suez decisa dal governo egiziano del presidente Nasser. Successivo intervento congiunto di Stati Uniti D’America e Unione sovietica – fatto unico nella storia – per far smettere il conflitto, fermare inglesi, francesi e israeliani.
Le truppe ebraiche avevano preso il Sinai, ma lo lasciarono a inizio del 1957. - Terza Guerra Arabo-Israeliana, la Guerra dei sei giorni nel 1967, quando Siria, Libano, Giordania ed Egitto schierano i loro eserciti ai confini per attaccare. Israele reagisce subito contro Siria ed Egitto. A fine conflitto il Sinai è conquistato da Israele che lo restituirà al Paese del Nilo nel 1978 con gli accordi di pace, ma prende anche la Cisgiordania che fino ad allora era occupata dalla Giordania (come Gaza era occupata dall’Egitto).
Con le risoluzioni 242 e 338, l’ONU condannò Israele per queste nuove conquiste, ma al contempo autorizzò lo Stato ebraico di mettere sicurezza i propri confini, per questo la Cisgiordania è ancora militarmente occupata. - Guerra del Kippur, anno 1973, combattuta dal 6 al 25 ottobre. Da una parte la coalizione musulmana che aveva come pilastri Egitto e Siria con il supporto di dieci paesi islamici e quello di Urss, Germania dell’Est, Corea del Nord, Cuba. Dall’altra parte lo Stato di Israele supportato dagli USA.
L’attacco di Siria ed Egitto avvenne per la festività ebraica dello Yom Kippur, ingaggio a sorpresa, non giudicato possibile in quel momento dai servizi e dal governo ebraico. Successo della prima fase dell’attacco egiziano penetrando nel Sinai occupato da Israele dalla precedente Guerra dei sei giorni.
Il 15 ottobre, dopo sonore sconfitte subite dalla forze israeliane, inversione di tendenza e di strategie. Gli uomini di Israele contrattaccano, sfondano le linee egiziane e riescono ad attraversare il Canale di Suez: l’ultimo giorno dei combattimenti arrivano a poco più di 100 chilometri dal Cairo.
Sull’altro fronte, a nord, tra le alture del Golan, i siriani ebbero un iniziale e importante successo penetrando in territorio israeliano. Poi il rovesciamento delle parti. Del resto era prioritario fermare le truppe della Siria che dal Golan avrebbero potuto raggiungere rapidamente il cuore di Israele e delle sue città.
Mercoledì 10 ottobre 1973 l’ultima unità siriana del settore centrale era stata respinta oltre i confini precedenti allo scoppio del conflitto. Dall’11 al 14 ottobre, le forze israeliane penetrarono in territorio siriano conquistando un’ulteriore area di circa 50 km² nel Bashan (a oriente del fiume Giordano fra il Galaad a sud e il monte Ermon a nord), riuscendo a colpire i sobborghi di Damasco grazie all’artiglieria pesante campale.
Dopo lunghe trattative fra Stati Uniti e Unione Sovietica, il 22 ottobre le Nazioni Unite imposero un cessate il fuoco e la fine ostilità tra Egitto e Israele. Il 25 ottobre fine totale dei combattimenti. Sconfitta delle forze musulmane.

La storia dà torto e dà ragione, cantava De Gregori.
Ho molto apprezzato la tua ricostruzione storica, ma secondo me il problema, al di là di tutti i discorsi, è che non c’è la volontà dei contendenti di arrivare alla pace. Ai tempi di Rabin e Arafat ci sono andati vicino, ma hanno prevalso gli estremismi, su un fronte e sull’altro, che hanno portato alla situazione attuale.
Hamas è il cancro della causa palestinese, la politica del governo Netanyahu è prevaricatrice, inumana, non degna degli sbandierati valori occidentali. Facciamo benissimo a condannare Hamas, movimento fondamentalista, oscurantista, di estrema destra, che ha spodestato Fatah, anche grazie all’atteggiamento di Israele. Non facciamo un favore a questi ultimi se non gli facciamo notare che anche loro hanno parecchie cose da farsi perdonare.
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Se Hamas e quindi gli iraniani, non avessero sopraffatto OLP e Autorità Palestinese, quell’area starebbe vivendo un momento di fioritura e sviluppo. Non sarebbe ancora una vita normale, ma molto buona.
Quel che ho scritto è stato per sgombrare il terreno da frasi tipo “terre rubate” già all’istituzione dello Stato di Israele e focalizzare il punto sulla creazione artificiale della Palestina già dai tempi di Roma imperiale, una regione amministrativa ampia e popolata da gente diversissima, ancora di più durante l’impero ottomano quando per Palestina si intendeva un distretto che comprendeva Siria, Libano, Giordania, l’attuale Israele e l’odierna Palestina: creazione amministrativa del tutto artificiale senza basi comuni storiche, etniche e d’altro.
Tanto per chiarire i punti sulle tante cose che vengono continuamente raccontate a sproposito.
Chi vuol conoscere lo leggerà 😊
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Purtroppo gli estremismi pescano sugli orrori, sul sangue, si alimentano di questi e crescono.
Basta dire che le forze israeliane comunicano alle popolazioni di Gaza di andare verso sud perché stanno arrivando. Hamas invece dice alla gente di rimanere e fare da martiri.
Certo, Hamas ha bisogno di martiri per esistere e non dei tavoli di pace.
Così fa da alimento però anche per gli estremisti israeliani
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Esatto, gli estremismi si alimentano l’un l’altro. E sono riusciti a vanificare gli accordi di Oslo, dopo i quali Rabin è stato ucciso e Hamas, foraggiata economicamente dall’estero e moralmente dagli estremisti israeliani, ha preso il sopravvento su Fatah, che ha le sue colpe perché pervasa dalla corruzione.
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