Un po’ alla Agatha Christie ricordando le ambientazioni dei suoi libri come “Assassinio sul Nilo”… ma senza omicidi. Da Alessandria al Cairo, da Luxor ad Abu Simbel, in crociera sul fiume o in auto per scoprire i resti di tremila anni di storia dell’Egitto. Esperienza da vivere non appena possibile, incantati dai colori dell’Africa mediterranea. Navigare lungo le acque dell’antico fiume, veder emergere eleganti e colossali templi, pietre domate dall’uomo che le ha rese opere d’arte. Siamo nel 2020: a questo numero sommate gli anni delle epoche in cui quelle opere furono erette. Ne conoscerete l’età effettiva. Una cifra impressionante (immagini da un mio viaggio del 1983 – scansioni da diapositive)
La piramide a gradoni del faraone Djoser a Saqqara, ideata ed edificata dal celebre architetto Imhotep prima della fine del regno di questo sovrano (2660 a.C.). Questo primo tentativo di piramide si innalza e spicca da circa 4680 anni sul complesso funerario che la circonda. Straordinario.

L’Egitto è ricolmo di questi primati, di soluzioni tecnico-ingegneristiche, artistiche, mediche e scientifiche ideate millenni fa.
Ho voluto utilizzare le foto che scattai proprio nel 1983, poi digitalizzate da diapositive, perché ho immaginato che l’aspetto datato delle fotografie si sposa bene con questo racconto su una terra che sta alle origini della storia umana e in cui il tempo sembra essersi fermato.
Questa remota civiltà, solo considerando il periodo in cui si unì in unico Regno, risale al primo faraone, Meni (colui che molti identificano in Narmer) intorno al 3150 a.C. quindi circa 5170 anni fa. Un nome, quello del sovrano, che richiama alla memoria la sua prima rappresentazione nella celebre “tavoletta” con raffigurazioni di nemici assoggettati: fu il primo a portare le due corone delle due entità in cui era diviso il Paese del Nilo, quella del Basso Egitto (la Deshret o Corona Rossa protetta da un cobra) e quella dell’Alto Egitto (la Hedjet o Corona Bianca protetta da un avoltoio), la prima dei re dell’area del delta del Nilo e l’altra dei sovrani del Sud del Paese: per la prima volta entrambe indossate da un solo sovrano e da quel momento i faraoni vestirono la Pschent o Doppia Corona che nella parte frontale aveva una testa d’avvoltoio e un cobra.

Il lettore, se può, mi perdoni un’ulteriore digressione nell’Egittologia. Il Paese del Nilo continuò per sempre in questa dualità, una doppia identità unificata dalla figura del Faraone:
- indossava appunto le due corone;
- protetto dalle due Signore (Nebty), cobra (la dea Uto o Uadjet) e avvoltoio (la dea Nekhbet) le divinità patrone del Basso e dell’Alto Egitto;
- rappresentato dalle figure araldico-geroglifiche del giunco e dell’ape che stavano a significare “colui che è (regna) del giunco (swt) e dell’ape (bjt)”, quindi Re di tutto l’Egitto;
- rappresentato dall’unione intrecciata, grazie al nodo Sema-tauy, di papiro (simbolo araldico del Basso Egitto) e del fiore del loto (seshen, simbolo araldico dell’Alto Egitto), un nodo-intreccio che nei segni geroglifici sta anche per la connessione di trachea e polmoni.
Nel corso di questi millenni che ci separano da quella civiltà, il mondo è cambiato profondamente, l’antica Roma dei Re, poi repubblicana e dopo imperiale, è nata ed è morta, i regni europei si sono succeduti, gli imperi asiatici altrettanto, il Medio Evo, la scoperta delle Americhe, il Rinascimento, la nascita degli Stati Uniti, gli sconvolgimenti politici e sociali tra 1700 e 1800, la rivoluzione francese, l’età napoleonica, la restaurazione, l’unificazione di nazioni come Italia e Germania, le guerre mondiali del 1900, la bomba atomica, la tecnologia, il volo, i computer e tantissimo altro fino alla pandemia di oggi portata dal virus Sars-COV-2.
L’Egitto dei Faraoni, dalla sua unificazione nel XXXI secolo a.C. fino a Cleopatra, è durato circa 3000 anni, ben più che dalla nascita di Cristo fino ai giorni nostri.
Da appassionato di Egittologia fin da quando frequentavo la scuola media, esplorare l’Egitto per me è stata sempre una delle massime avventure possibili. La concretizzazione di una grande passione.
Dalla fine del mondo dei faraoni la grande sfinge di Giza, anche se parzialmente e sempre più coperta dalle sabbie, ha continuato a guardare il Pianeta e il cielo, ha pure sopportato di essere presa come bersaglio dagli artiglieri turchi nel periodo di dominazione dell’Impero Ottomano. Eppure è rimasta, oggi ben visibile con il suo enigmatico sguardo puntato verso l’infinito: ha osservato il tempo passato ed è pronta per quello futuro.
Le vette delle Grandi Piramidi si sono sempre slanciate verso il cielo, masse colossali per millenni in lotta con la sabbia, pur private dal loro prezioso rivestimento esterno in calcare bianco, pietra strappata via e utilizzata per erigere alcune delle moschee e dei palazzi della contigua capitale musulmana del Cairo.
L’Egittologia ha poi cambiato tutto riscoprendo questi gioielli della storia, mettendoli in luce, rivelando il significato dei geroglifici, ricostruendo esistenze e usanze occultate da quaranta secoli e oltre.
IMPORTANTE & FAVOLOSO: ricordarsi che presto aprirà il nuovo Grande Museo Egizio del Cairo (link al sito ufficiale), il più grande al mondo, una vera opera faraonica. Probabilmente il via libera sarà nel 2021 dopo i grandi ritardi realizzativi e poi quello forzato per la pandemia da Covid-19.





Nel Museo sarà visibile l’intero tesoro di Tutankhamon cui sono dedicati due saloni di 7.000 metri quadrati. A ricevere i visitatori nel primo spazio di ingresso una grande statua di Ramses II da 83 tonnellate, quella che prima si trovava nella grande piazza della stazione ferroviaria cittadina. La descrizione della struttura merita un articolo a parte, a cominciare dalla scelta architettonica proiettata in direzione delle Piramidi di Giza (distanti due chilometri) cui è dedicata un’immensa vetrata a tutto favore dei visitatori. Ma anche laboratori per il restauro e la cura dei reperti.
Oltre agli oggetti dalla tomba di Tutankhamon, la struttura esporrà 5398 manufatti trasferiti dal Museo Egizio del Cairo e una selezione dai musei egizi di Luxor, Minya, Sohag, Assiut, Beni Suef, Fayoum, Delta e Alessandria. Visitarlo sarà spettacolare!
Egitto, esplorazione unica e irripetibile, quasi magica: il mio ricordo
Il mio primo viaggio in quella terra d’africa risale al periodo tra gennaio e febbraio del 1983, 37 anni fa. Il mondo era ben diverso da quello odierno del 2020. Ma in Egitto non sono cambiati i colori, i monumenti e i reperti archeologici moltiplicatisi in questi ultimi tre anni grazie alle continue e nuove scoperte.
I colori netti. Li ricordo perfettamente. Saturi, molto più che in Europa, in Italia o nella mia Sicilia. Sarà per la latitudine più meridionale, la diversa illuminazione solare, per la caratterizzazione africana che dà un carattere tutto suo ai colori. Li esalta.
L’ho notato navigando lungo il Nilo in direzione Sud.
L’azzurro era sempre più azzurro, il giallo e l’ocra più accesi, il rosso dei tramonti sempre più pronunciato, il verde della vegetazione più brillante. Le sfumature si attenuavano con stacchi più netti tra i colori.
È una sensazione difficile da far comprendere se non è stata vissuta direttamente. L’antico metodo di cottura dei mattoni crudi che hanno il colore giallo-ocra della terra, le acque del Nilo che cambiano continuamente colore dai punti più profondi e larghi alle aree più a sud vicine alle coste più rocciose, il tutto con la complicità del sole che illumina con forza, splendente al massimo.







Altrettanto complesso è raccontare quel che ho provato trovandomi in mezzo a vere e proprie foreste di colonne altre più di venti metri, come nel Tempio di Karnak, nella Sala Ipostila o dentro le sepolture dei faraoni… stavo calpestando quel suolo ed ero circondato da opere con almeno quattro millenni di vita.
Il percorso ideale per una visita all’Egitto storico
Alessandria la più mediterranea ed europea delle città egiziane, con le acque del mare che stanno restituendo strutture inabissatesi nei secoli, appartenenti ad altri nuclei urbani e complessi templari. L’antica fortezza musulmana del XV secolo nell’Isola di Faro dà un’idea della base di quella che fu una delle sette meraviglie del mondo, il Faro appunto, alto probabilmente intorno ai 135 metri, voluto dal faraone Tolomeo I, uno dei comandanti dell’armata di Alessandro Magno: alla morte di questi, con lo smembramento dell’impero macedone, si appropriò dell’Egitto.
Ma il primo nucleo storico dalle origini più remote è raggiungibile dal Cairo: Giza con le grandi piramidi di Cheope, Chefren e Micerino, più le sei piramidi satelliti destinate alle regine e componenti della famiglia reale.



Poi il sito dell’antica capitale Menfi, la prima dell’Egitto storico e il complesso funerario di Saqqara e della piramide a gradoni dove gli archeologi stanno scoprendo sempre nuovi reperti e sepolture.
In un balzo si vola a Luxor e lì I due fantastici templi, connessi in origine da viali di sfingi e criosfingi, dedicati alla triade divina di Amon, re degli dei, la dea Mut sua moglie e il figlio, il dio Khonsu.
La vastità del complesso di Karnak eguaglia quasi quella dell’intera Città del Vaticano e all’interno, solo per citare una delle strutture, la Sala ipostila, vera foresta di colonne (in tutto sono 134 ordinate in 16 file disposte su una superficie di 5.000 metri quadrati) con quelle centrali alte 26 metri che ti fanno sentire piccolo come una formica.
Un tempio divenuto sempre più ampio nei secoli, man mano che il susseguirsi di faraoni vedeva l’aggiungersi di sale, piloni di ingresso, colonnati, l’ampliamento del lago sacro, prolungamenti della struttura e molto altro.
Nella stessa area ma nella riva opposta, i due Colossi di Memnone (quelli che “cantavano” ogni mattina allo spuntar del sole per il cambio di temperatura nella pietra, almeno fino a un maldestro tentativo di restauro d’epoca romana), la Valle Regine e la Valle dei Re con le sepolture dei regnanti e delle consorti. Il magnifico tempio della Regina-Faraone Hatshepsut, il Ramesseum, tempio funerario che celebra Ramses II (ben noto il blocco principale con testa e dorso, riverso sulla schiena, di una sua statua alta 19 metri, pesante 1000 tonnellate).
Da Luxor può iniziare la navigazione lungo il Nilo che come in un rosario regala continue puntate sulla bellezza e la storia, visioni e visite a siti archeologici e a monumenti di enorme importanza:
- Esna, anticamente Iunyn o Ta-Sened con le imponenti rovine del Tempio di Khnum che ha ancora intatto il suo nucleo centrale;
- Edfu, nel passato nota come Behedet, con un magnifico Tempio del dio Horus, uno dei più belli e meglio conservati, riedificato su una struttura ben più antica durante il Nuovo Regno (1550-1069 a.C.), periodo storico che vide la maggiore espansione politica dell’Egitto, dalla Siria, alla Nubia e verso la Cirenaica;
- Kom Ombo, anticamente Nubyt e il suo tempio doppio, esempio molto particolare perché dedicato contemporaneamente agli dei Sobek ed Haroeris (una forma del dio Horus). La struttura, che riporta iscrizioni di medicina e illustrazioni incise sulla pietra riguardanti strumenti chirurgici, si trova su un’altura rocciosa dominante sul Nilo, una posizione panoramica e suggestiva da dove ammirare splendidi tramonti;
- Assuan, in epoca tolemaica Syene, l’ultima grande città egiziana così a Sud, sito storico di primaria importanza, i giardini botanici regalano visioni di numerose specie vegetali, a ridosso della prima diga sul Nilo un antico cantiere con un gigantesco obelisco lasciato dai lavoratori dell’Antico Egitto perché durante la preparazione si era spezzato. Da visitare il profumatissimo e vociante mercato delle spezie oltre ai negozi di tessuti in un cotone di grandissima qualità. Da lì è possibile addentrarsi nelle vicine propaggini del deserto e incontrare villaggi che stanno in nuclei verdi, vere e proprie oasi, ed emergono prepotentemente dalla sabbia grazie ai colori delle case, verde smeraldo, rosso rubino, giallo limone, azzurro intenso;
- piccolo volo in aereo per arrivare ad Abu Simbel – consigliabile partire molto presto per godersi l’alba che illumina il tempio maggiore dedicato alla gloria di Ramsess II rappresentato dalle quattro statue colossali alte 20 metri su una facciata di 33, quattro colossi assisi su troni che affiancano il portale di ingresso sormontato dalla statua del dio falco Ra-Harakhti. A un centinaio di metri l’elegante tempio minore dedicato all’amata moglie del faraone, la Regina Nefertari e alla dea ad Hathor di Ibshek associata alla sovrana, tutte rappresentate da sei statue con le figure in piedi alte 10 metri. I due templi furono tagliati, letteralmente smontati e di nuovo assemblati in posizione più alta di 75 metri e più indietro di 300 metri grazie al lavoro di 113 nazioni concertate dall’Unesco dal 1964 al 1968, con lavori guidati da cavatori di marmo italiani (da Carrara, Mazzano e Chiampo): il tempio maggiore e quello minore rischiavano di finire sommersi dalle acque del nuovo lago Nasser visto che il presidente egiziano decise di costruire la grande Diga di Assuan ampliando il bacino idrico.
Lo stupore suscitato dalle piramidi di Giza
Tornando all’altopiano roccioso di Giza, c’è tanto da esplorare attorno al complesso delle sole piramidi. Sepolture tradizionali dedicate ad altri personaggi che potevano far allestire le loro tombe a breve distanza da quelle dei faraoni. Di alcuni anni fa il ritrovamento di una sorta di centro medico dedicato agli operai e addetti che lavorarono alla costruzione delle piramidi: i resti ossei e altri reperti riportavano inequivocabili segni di interventi chirurgici, riduzione di fratture e molto altro.
La Barca Solare di Cheope, trovata smontata come oltre 4600 anni fu deposta, dentro una fossa al fianco Sud della Grande Piramide. In tutto 1.244 pezzi che si sono egregiamente conservati .
L’imbarcazione, 45 metri di lunghezza per 6 di larghezza, è la più antica che si conosca. Dal 1982 è stata montata ed esposta a fianco della piramide, in un museo ideato dall’architetto italiano Franco Minissi: su modello delle imbarcazioni egizie dell’epoca, questa doveva portare lo spirito del faraone nel suo viaggio ultraterreno che avrebbe seguito il percorso del sole.
Bisogna osservarla dal vivo per comprendere il suo perfetto stato di conservazione, la tecnica si assemblaggio che rendeva la barca smontabile e montabile, ammirare il cordame, le tavole che la compongono, la cabina per il sovrano, i cinque remi per lato e i due remi-timoni a poppa.
La più grande avventura è stata entrare nella piramide più grande, esperienza che fa comprendere dall’interno le soluzioni tecnico-ingegneristiche, l’incastro perfetto fra monoliti collocati con diverse funzioni, comprese le grandi lastre che servirono a scaricare lateralmente il peso della struttura sovrastante la camera sepolcrale proteggendola.







Lì, dentro la piramide, ho sentito anche fisicamente il peso di quei giganteschi blocchi, una pressione più psicologica naturalmente, ma che si fa sentire, soprattutto abbassandosi praticamente in ginocchio per i passaggi più stretti e scoscesi. Blocchi in calcare per la maggior parte (dagli 800 chili alle 4 tonnellate), ma anche in granito (dalle 20 alle 80 tonnellate).
É stato un attimo immaginarmela come era in origine, nella sua altezza di 146,6 metri (oggi più bassa di otto), la struttura più alta al mondo, dal peso totale di circa 7 milioni di tonnellate e con un volume di circa 2.600.000 m³: era in gran parte bianca per il rivestimento di questo colore in calcare; sulla cima il “Pyramidion“, la punta della piramide, in oro o in elettro (lega tra oro e argento) che risplendeva sotto la luce solare e rifletteva quella lunare.
All’epoca doveva essere di una suggestione incomparabile. Già lo è anche oggi. Rammento che mi riportò alla mia “piccolezza” mentre ai suoi piedi venivo quasi travolto da tanta immensità, genialità, frutto di tanta fatica umana.
Un commento Aggiungi il tuo