Ganimede visto da vicino, il satellite di Giove si rivela… a Juno e torna alla mente l’antico mito greco

Non ne ho fatto mai mistero e ne ho già accennato, sono fortemente attratto da due poli opposti, i misteri, i miti e le vicende della storia antica e la scoperta dello spazio. Proprio in questa prima parte di giugno 2021 un satellite di Giove, Ganimede, ha rivelato il suo aspetto particolareggiato grazie alla sonda spaziale Juno della Nasa e l’apparente vicinanza con la Luna risalta in pieno, anche se esistono grandi differenze.

Giove-Zeus e Ganimede – Il primo riferimento che li accomuna e che mi balza alla mente è con la mitologia greca: Γανυμήδης-Ganymḗdēs, giovane bellissimo, principe di Troia, figlio di Troo, primo re dell’antica città, e della ninfa Calliroe, fu rapito proprio dal Re degli dei greci. Per compiere questo atto, Zeus si trasformò in una grande aquila: al volo afferrò Ganimede e se lo portò sull’Olimpo. Il primo degli dei lo voleva per sempre al suo fianco come compagno seguendo la tradizione greca dove uomini maturi avevano legami pieni con ragazzi.

Legame riassunto a livello astronomico visto che il gigante del nostro sistema solare, Giove, ha come satellite-compagno Ganimede.

La cosa particolare è che a rivelare l’aspetto del satellite Ganimede sia una sonda col nome Juno – Giunone, la moglie di Giove (in versione greca, Hera-Ἥρα), divinità del matrimonio e del parto, ma anche parecchio gelosa e vendicativa. Agli astronomi e ai tecnici piace giocare. L’importante è che non attirino l’ira degli dei.

Foto: NASA/JPL-Caltech/SwRI/MSSS

In tutto questo, ecco l’inserimento della ricerca scientifica che rivela l’aspetto di Ganimede portando fino alla Terra le immagini anche del suo lato nascosto. Il compagno di Giove ci fa vedere come è fatto. Chissà se al Ganimede del mito sarebbe piaciuta questa sua immagine rocciosa-gelata, rugosa, comunque piena di mistero e di dubbi da sciogliere?

L’Astronomia e la ricerca nello spazio portano sempre più avanti la frontiera della conoscenza e i mezzi per farlo portano un doppio frutto:

  • da una parte coinvolgono una fetta sempre più larga di aziende, tecnici, scienziati, laboratori e lavoratori.
  • dall’altra, la capacità di ripresa, analisi e indagine di questi apparati lanciati nel cosmo, ci permettono di ampliare la capacità di conoscere noi stessi, di studiare la Terra, di analizzarne lo stato, i cambiamenti climatici, di sviluppare servizi diffusi e preziosi.

Uno stato che ho già analizzato in un mio articolo sulla “Space economy” (link) con un’intervista al professore Giorgio Petroni che ha passato gran parte della sua vita nella realtà produttiva e organizzativa italiana e internazionale proiettata nello spazio, dall’Asi-Agenzia Spaziale Italiana (link), all’Esa e alla Nasa.

La missione della sonda Juno

Come sottolineato dalla stessa Nasa, quella che hanno definito come “navicella spaziale”, la Juno, ha volato più vicino al satellite maggiore di Giove più di qualsiasi altra in oltre due decenni, per precisione a 645 miglia – 1.038 chilometri dalla sua superficie, offrendo scorci drammatici del globo ghiacciato. Questa la differenza iniziale con la Luna terrestre: la superficie ghiacciata.

Ganimede per dimensioni è molto grande superando persino uno dei pianeti del nostro sistema solare, Mercurio. Ma Giove è di per sé un colosso, definito come una mancata piccola stella. Non poteva avere un compagno migliore di Ganimede.

Silicati e ghiaccio d’acqua nella parte esterna di questo satellite gioviano, un possibile oceano di acqua salata a oltre 200 chilometri di profondità e un nucleo di ferro fuso.

In superficie regioni scure formatesi probabilmente 4 miliardi di anni fa, quindi quando il sistema solare era ancora “giovane”, piene di crateri, insieme a più ridotte regioni chiare, più malleabili – se così si può dire – caratterizzate da striature dovute a movimenti tettonici per l’influenza mareale- attrattiva di Giove (simile ai movimenti di marea terrestri dovuti all’influenza della Luna).

Su queste, che sono un incrocio tra certezze e ipotesi, faranno luce successive e continue indagini.

Già le ultime immagini ricevute dalla sonda Juno il 7 giugno 2021, durante il sorvolo di Ganimede, scattate dall’imager JunoCam dall’orbita di Giove e l’altra dalla sua fotocamera Stellar Reference Unit, mostrano la superficie con dettagli notevoli, inclusi crateri, terreno scuro e luminoso chiaramente distinto e le lunghe caratteristiche strie strutturali probabilmente legate a faglie tettoniche cui ho appena accennato.

Per avere visione al momento (e non solo) del movimento della sonda Juno – link

“Questo è l’avvicinamento più prossimo di un veicolo spaziale a questa gigantesca di luna avvenuto nell’arco una generazione – ha detto Scott Bolton del Southwest Research Institute di San Antonio, ricercatore principale di Juno – Ci prenderemo del tempo prima di trarre conclusioni scientifiche, ma fino ad allora possiamo semplicemente meravigliarci di questo incanto celeste”.

Usando il suo filtro verde, l’imager a luce visibile JunoCam della navicella ha catturato quasi un intero lato della luna incrostata di ghiaccio d’acqua. Successivamente, quando le versioni della stessa immagine verranno rilasciate incorporando i filtri rosso e blu della fotocamera, gli esperti di imaging saranno in grado di fornire un ritratto a colori di Ganimede. La risoluzione dell’immagine è di circa 0,6 miglia (1 chilometro) per pixel.

Come sono state catturate le immagini?

Juno è un veicolo spaziale stabilizzato nella sua posizione e rotta da una cosiddetta rotazione spin, ruotando su se stessa di 2 giri/minunto, mentre l’imager JunoCam ha un campo visivo fisso. A una prima osservazione la navicella-sonda si presenta con tre lame giganti – dotate di pannelli solari e sensori – che si estendono per circa 20 metri dal suo corpo cilindrico a sei lati: è una meraviglia ingegneristica dinamica; ruota per mantenersi stabile mentre compie orbite di forma ovale attorno a Giove.

Per ottenere immagini di Ganimede mentre Juno ruotava, la fotocamera ha acquisito una striscia fotografica della superficie alla volta mentre il “bersaglio” attraversava il suo campo visivo.

Queste strisce di immagini sono state catturate separatamente attraverso i filtri rosso, verde e blu. Per generare l’immagine finale del prodotto, le strisce devono essere messe insieme e i colori allineati.

La Stellar Reference Unit di Juno, telecamera di navigazione che mantiene la navicella in rotta, ha fornito un’immagine in bianco e nero del lato oscuro di Ganimede (il lato opposto al Sole) immerso nella fioca luce diffusa da Giove. La risoluzione dell’immagine è compresa tra 0,37 e 0,56 miglia (da 600 a 900 metri) per pixel.

“Le condizioni in cui abbiamo raccolto l’immagine del lato oscuro di Ganimede erano ideali per una fotocamera da condizioni di scarsa illuminazione come la nostra unità di riferimento stellare – ha affermato Heidi Becker, responsabile del monitoraggio delle radiazioni di Juno al JPL – Quindi questa è una parte diversa della superficie rispetto a quella vista da JunoCam alla luce diretta del sole. Sarà divertente vedere cosa riusciranno a mettere insieme le due squadre”.

La navicella invierà più immagini dal suo sorvolo di Ganimede nei prossimi giorni, con le immagini grezze di JunoCam.

Si prevede che l’incontro della navicella spaziale con la luna gioviana fornirà approfondimenti sulla sua composizione, sulla sua ionosfera, magnetosfera e sul suo “guscio” di ghiaccio, fornendo anche misurazioni dell’ambiente dal punto di vista delle radiazioni, aspetti che andranno a beneficio delle future missioni verso il sistema gioviano.

Missione Juno: alcuni particolari

JPL (link) è una divisione di Caltech a Pasadena, in California: gestisce la missione Juno per il ricercatore principale, Scott J. Bolton, del Southwest Research Institute di San Antonio.

Juno fa parte del New Frontiers Program della NASA, gestito al Marshall Space Flight Center della NASA a Huntsville, in Alabama, per la direzione della missione scientifica dell’agenzia a Washington. Lockheed Martin Space (link) – a Denver – ha costruito e gestisce il veicolo spaziale.

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11 commenti Aggiungi il tuo

  1. Alessandro Gianesini ha detto:

    Sono davvero due poli opposti la mitologia e l’astronomia? Qualcuno direbbe di no… 😉

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    1. Giuseppe Grifeo ha detto:

      Una cosa da approfondire, entrambi comunque scaturiti dalla mente umana, almeno per il “giocoso” accoppiamento dei nomi in astronomia 😜

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      1. Alessandro Gianesini ha detto:

        Anche su questo, c’è chi ha da ridire… che siano scaturiti solo dalla mente umana, intendo! 😛

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        1. Giuseppe Grifeo ha detto:

          Vabbè ma, come al solito, di ogni teoria voglio prove e non passaparola 😁

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          1. Alessandro Gianesini ha detto:

            Lo so… ma di certe cose non l’avrai mai, ma ci crederai lo stesso! 😉

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            1. Giuseppe Grifeo ha detto:

              Ra, Osiride e Iside spaziali dallo Stargate! 😁😄🤣

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  2. eleonorabergonti ha detto:

    Davvero interessante questo post, 👍. Chissà quali altre meraviglie avrà in serbo il futuro in ambito astronomico. Chissà se ci si spingerà ad esplosioni oltre il nostro sistema solare.

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    1. Giuseppe Grifeo ha detto:

      Comunque, a meno di gravi nostri problemi planetari, l’esplorazione dello spazio potrebbe avere una vera esplosione in avanti 😁
      Sulle scoperte, immagina di poter penetrare la parte esterna di Ganimede ed esplorare quel suo mare interno: chissà che sorprese. E siamo solo a Ganimede. E in termini di spazio siamo ancora sulla soglia della “porta di casa” nostra

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      1. eleonorabergonti ha detto:

        Eh sì: se continuiamo a tormentare questo nostro povero pianeta mi sa che ci toccherà trovarne uno nuovo su cui vivere, come nei libri o nei film di fantascienza, 😉. Un’altra cosa stupenda sarebbe se l’uomo, non più solo attraverso le videocamere installate sulle macchine, ma proprio di persona potesse vedere tutte queste sorprese ancora nascoste… Probabilmente sto volando un po’ di fantasia ma in futuro mai dire mai, 😉

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        1. Giuseppe Grifeo ha detto:

          Sulla visione diretta ci sarà da aspettare ancora un secolo: per adesso spostare solo un essere umano costa troppo e la tecnologia dei motori deve evolvere perché oggi pur spingendo le capsule a velocità vertiginose rispetto a quelle terrestri, sono ancora troppo lente per le enormi distanze spaziali. Già con la missione spaziale verso Marte saremo al limite: far restare della gente per mesi in una capsula mette a durissima prova mente e fisico. Considera per esempio che in assenza di peso il nostro organismo richiama risorse non necessarie, come il calcio dalle ossa. Al ritorno sulla terra di chi è stato tantissimo tempo sulla ISS, la Stazione Spaziale Internazionale, vanno cauti con i movimenti e spesso li portano via ancora seduti sulle poltrone delle capsule di rientro

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  3. eleonorabergonti ha detto:

    Ops, esplorazioni non esplosioni, 🤦‍♀️

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