A pensar male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca. La frase è, nel suo significato primario, di Giulio Andreotti. Bisognerebbe iniziare ad applicarla in ambito europeo dove le contraddizioni sono assolute. A cominciare dalla vicenda che vede crescere la preoccupazione tra le Dop di maggiore successo che producono l’italianissimo Prosecco, vino di gran successo internazionale che, come sottolineato dall’Uiv-Unione italiana vini (rappresentante circa il 75% della produzione e imbottigliamento di questo prodotto), vede una grande crescita delle esportazioni nei primi sette mesi del 2021 (+32%) circa un terzo delle vendite di vini spumantizzati-frizzanti in tutto il mondo, l’80% degli sparkling imbottigliati in Italia con 525 milioni di bottiglie (dal 2014 ha superato le vendite dello Champagne in tutto il pianeta).
Preoccupazione per l’incomprensibile ambiguità di Bruxelles che, da una parte, si erge a difensore delle particolarità territoriali, delle Dop, Docg, aree produttive tipiche ma, dall’altra, vorrebbe consentire alla Croazia il riconoscimento di una menzione praticamente omonima a quella italiana: il Prošek.
Ma stiamo scherzando?
Capisco che la torta è molto ricca, ma se l’Unione Europea si erge a paladina delle tipicità, non può permettersi di rimescolare le carte in questo modo e di confondere le acque del mercato internazionale.
Semplicemente scandaloso.
La stessa Unione italiana vini (link) si è detta particolarmente sorpresa e preoccupata dall’approccio ‘bicefalo’ assunto dalla Commissione europea.
In questa contrapposizione che vede la pessima intenzione europea di far portare avanti una proposta così equivoca, si inserisce un ritrovamento fatto dalla famiglia Zonin che, tra i cimeli storici di famiglia, ha ripescato un documento fondamentale.
Come sottolineato dal Sole24Ore, si tratta di “un’incisione in rame, una mappa del 1585 dove la città triestina di Prosecco è chiamata Prosek perché a quel tempo il Friuli Venezia Giulia era sotto la dominazione asburgica e i nomi venivano riadattati alla lingua del sovrano. È questo l’asso di briscola della documentazione che la task force italiana ha appena terminato di preparare per difendere a Bruxelles il Prosecco dalle pretese di riconoscimento del Prosek croato”.
Ragion per cui storicamente e territorialmente la denominazione Prošek si sovrappone – o meglio – si indentifica nettamente con la Prosecco.
Quindi, non è una denominazione utilizzabile dai croati, anche – e soprattutto – perché il loro prodotto non è un vino spumantizzato-frizzante. Genererebbe ugualmente confusione tra i compratori, soprattutto fuori dall’Italia.
“Siamo felici di aver potuto contribuire al reperimento delle prove utili alla Regione Veneto per dimostrare e tutelare la storicità tutta italiana del Prosecco – ha detto al Sole24Ore Domenico Zonin, presidente della Zonin1821, l’azienda vinicola di famiglia – Dai nostri archivi storici, abbiamo potuto condividere le carte geografiche citate dal Presidente Zaia risalenti rispettivamente al 1585, al 1590 e al 1770, che sono state tramandate di generazione in generazione fino ai nostri giorni. Attraverso queste incisioni di rame si evince il collegamento storico tra l’area geografica intorno a Trieste e il vino Prosecco”.
E qui prende posizione ferma l’Unione Italiana Vini sottolineando come durante la riunione del 2 novembre a Venezia “da parte del gruppo di lavoro sul dossier Prosek, la principale associazione del settore ritiene che l’eventuale riconoscimento del vino croato con menzione tradizionale omonima non rappresenterà solo un inganno ai consumatori, ma avrà anche l’effetto di diluire e sfruttare la reputazione e il riconoscimento creati negli anni da un’indicazione geografica anche attraverso ingenti investimenti, compresi quelli effettuati per proteggere il nome dalle violazioni, sia in ambito comunitario che nei Paesi terzi”.
“Un lavoro, quello del Prosecco, che ha determinato un effetto traino nell’export del made in Italy enologico con una crescita delle vendite degli spumanti tricolori del 400% negli ultimi 20 anni. L’Osservatorio del vino Uiv registra inoltre un’impennata dell’export nei primi 7 mesi di quest’anno, con il Prosecco che è cresciuto a valore del 32% per un corrispettivo vicino ai 700 milioni di euro”.
Nella stessa riunione del 2 novembre, oltre alla presentazione degli antichi documenti, Luca Zaia, presidente della Regione Veneto, ha sottolineato che se nelle riprodotte incisioni di rame del 1585 e del 1590, la città di Prosecco (castellum nobile vino Pucinum con il Castello di Prosecco) – poco a occidente di Trieste – è denominata Proseck per l’assoggettamento al dominio asburgico, «le prime citazioni del termine “Prosecco” con riferimento al vino risalgono addirittura al 20 settembre 1382, quando la città di Trieste ha siglato un accordo tale per cui, entrando nei domini del sovrano austriaco, si impegnava a consegnare annualmente 100 orne (anfore) del miglior vino di Prosecco al Duca d’Austria».
Un’altra carta geografica dell’area friulana, datata 1770, anch’essa incisa su rame, stampata per conto del Governo veneziano, impiega, ordinariamente, la denominazione italiana ‘Prosecco’. Il che, secondo il Veneto, conferma non solo l’omonimia/identità tra i nomi Prosecco e Prosek, ma attesta l’origine storica del collegamento tra l’area geografica intorno a Trieste e il vino ‘Prosecco’, oggi tutelato con DOP. Quindi, è solo a quest’area geografica, estranea alla Croazia, che può essere ricollegata la storicità della denominazione ‘Prosecco/Prošek’.
L’UIV sottolinea pure come il ministero dell’Agricoltura, il sottosegretario Gian Marco Centinaio, e il presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, hanno operato in piena condivisione e tutti i soggetti istituzionali coinvolti sono riusciti a far squadra, a lavorare come sistema Paese.
Unione Italiana Vini è impegnata, come concordato con il Mipaaf-Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali (link), a rimarcare la sua totale contrarietà al commissario europeo all’Agricoltura, il polacco Janusz Czesław Wojciechowski, coinvolgendo anche i propri partner internazionali, primo fra tutti il Comité Européen des Entreprises Vins (link) che rappresenta le imprese vitivinicole europee.