Finti/veri amori, doppi o tripli, insieme a finti-reali tradimenti ci vengono mostrati dagli studi del Grande Fratello Vip, una telenovela che ha occupato almeno un quarto delle puntate e delle paginate di giornali cartacei e online. Sull’elezione del nuovo Presidente della Repubblica dominano invece il ring tra partiti, il toto-nomi, il chiacchiericcio sui candidati per scegliere il meno peggio, le ipotesi giornalistiche più fantasiose che includono sconfinamenti nel gossip: tutto fuorché qualche seria presa di posizione, approfondimenti (salve qualche raro caso). È il solito tutti contro tutti, l’ennesimo triste ritratto della politica odierna di cui la gente ormai neppure si accorge. I cittadini elettori o prossimi elettori sono ormai abituati a partecipare-assistere con una certa goduria ai combattimenti non ideologici, ma per slogan, tra le formazioni-movimenti preferiti. Infine, sul Covid non ho nulla da aggiungere. Fino a oggi ho già scritto troppo sulle bestialità che girano tra social, giornali, ospiti delle trasmissioni che quasi si sbranano urlando, sputacchiando, tutto mescolato in un’insalata cremosa di pessima e inacidita informazione… come avviene quasi dall’inizio della pandemia. Nel frattempo si acuisce la crisi Russia-Ucraina che ci farà molto male: ricordate da dove passa il gas metano russo che garantisce all’Europa la metà circa del suo fabbisogno energetico?
Siamo impazziti? La cosa non risveglia la memoria di qualcuno? O qualche giusto timore?
Preferiamo trasformarci tutti in politologi presidenziali, in “gossippisti” che frugano nelle mutande del Grande Fratello Vip col trio Alex Belli-Soleil Sorge-Delia Duran? Continuiamo a considerarci virologi di fama mondiale?
Incredibile…



Immaginate lo scenario, l’ingresso ucraino nella Nato. Le forze occidentali-atlantiche alle porte della Russia.
Con questa prospettiva, Mosca se ne dovrebbe stare tranquilla e passiva?
Già dal 2014 la Russia non riconosce il governo di Kiev, quando gli ucraini cacciarono l’esecutivo filorusso dell’allora presidente Viktor Yanukovich per sceglierne, fino a oggi, uno filoeuropeo. La risposta di Mosca, ricordatelo bene, fu quella invadere e annettere la Crimea e incitare alla rivolta i filorussi della regione di Donbass.
Storicamente e umanamente l’ex blocco sovietico ha fallito, è vero, ma la Russia venuta dopo i soviet non ha saputo convincere, né farsi perdonare la passata e sepolta dominazione falce e martello, quella dell’impero non più zarista ma rosso (sempre e comunque dispotico, disumano).
Il presidente russo Vladimir Vladimirovič Putin non può strategicamente permettere che le forze dell’Alleanza atlantica possano portarsi fino ai confini del paese da lui governato: l’ingresso dell’Ucraina nella Nato concretizzerebbe questo pericolo per Mosca, tanto che 100.000 soldati russi stanno lungo il confine orientale dell’Ucraina accanto alla regione del Donbass (filorussa), ma anche lungo la linea meridionale, verso la Crimea, per finire con altri schieramenti in Bielorrussia, al confine settentrionale con l’Ucraina. Sembra tutto pronto a un’invasione su larga scala e molto ben organizzata su tre direttive che circondano la Nazione di Kiev. Tanti gli scenari possibili, anche una penetrazione velocissima e profonda fino alla capitale ucraina.
Adesso la Russia si sta sedendo al tavolo delle trattative con un fucile in mano, “velatamente” puntato sull’Ucraina. Il pericolo vero, quello che in occasioni del genere si ingigantisce, è la possibilità che a qualcuno parta un colpo. Il pericolo che il conflitto possa iniziare per un errore, per un movimento incontrollato fra le truppe, dovuto alla forte tensione lungo la frontiera Ucraina-Russia.
Mosca vuole l’assoluta garanzia che Kiev non entrerà nella Nato e che l’Alleanza atlantica non strabordi verso est, verso i confini russi. Tutto questo è stato riferito agli ultimi incontri con rappresentanti USA, ma Washington ha rifiutato tali richieste.
Vedremo oggi, 26 gennaio 2022, cosa accadrà nell’appuntamento parigino fra i rappresentanti dei governi francese, tedesco, ucraino e russo.
Per immaginare con vera consapevolezza le situazioni e le possibili conseguenze, occorre fare ricorso alla memoria.
Bisogna tirare in ballo un fatto storico affine, nei motivi di base, alla crisi Russia-Ucraina: una possibile guerra per l’avvicinarsi ai confini di un rivale/nemico…
Un evento di sessanta anni fa rappresentò un enorme pericolo per tutti.
La Crisi dei missili di Cuba nel 1962: sfiorammo la guerra nucleare globale
Ricordate, almeno per averne letto retrospettive e approfondimenti, la Crisi dei missili di Cuba o Crisi di ottobre oppure Crisi dei Caraibi? L’anno era il 1962. La frase più critica dal 16 al 28 ottobre con il rischio tangibile e imminente di una guerra atomica globale.
L’allora Unione Sovietica capeggiata dal presidente Nikita Chruščёv, decise lo schieramento di missili balistici nucleari a Cuba. Alla facile portata del tiro di quegli ordigni era la totalità – o quasi – dei territori degli Stati Uniti d’America. A Washington, in quel momento, era presidente John Fitzgerald Kennedy.

La scelta sovietica fu anche una risposta ai missili statunitensi schierati in Italia, Gran Bretagna e Turchia, tutti con obiettivo il vicino territorio russo.
La decisione di installare i missili sovietici a Cuba fu frutto dell’accordo raggiunto in un incontro segreto tra Chruščёv e Fidel Castro, evento che avvenne nel luglio 1962: in questo modo Cuba si sentiva protetta da invasioni statunitensi, considerando lo sbarco del 1961 dei soldati di Washington nella Baia dei Porci (tentativo fallito di rovesciare il regime di Castro).
Ma per i russi, svantaggiati nel settore dei missili nucleari intercontinentali, il posizionamento di quelle armi strategiche di media gittata a Cuba avrebbe offerto due opportunità:
- da una parte colpire direttamente gli USA con i missili che in Russia avevano in maggior numero, quelli a medio raggio;
- dall’altra, se Washington non avesse reagito opponendosi con decisione, il presidente sovietico immaginava di poter compiere un passo successivo, quello di assorbire Berlino Ovest – all’epoca governata dagli avversari (una spina nel fianco per il regime comunista tedesco e per i russi) – riannettendola a Berlino Est sotto controllo sovietico.
Non andò come il presidente Nikita Chruščёv aveva sperato.
In quei pochi giorni d’ottobre del 1962 mancò poco che scoppiasse una guerra nucleare globale.
Il gioco dei sovietici venne alla luce nonostante tutte le particolareggiate misure di sicurezza, di sviamento spionistico oltre che di disinformazione-propagandistica da parte della stampa di regime. Il trasporto e la costruzione delle rampe di lancio dei missili a Cuba fu scoperto.
Nel settembre del 1962 erano nove i siti per missili balistici sovietici in costruzione sull’isola caraibica: 6 erano destinati ai modelli R-12 (medio raggio – gittata pari a 2.000 chilometri); 3 postazioni erano per missili balistici R-14 (portata massima pari a 4.500 chilometri). Gli stessi razzi nucleari giunsero di notte a Cuba entro la prima metà del mese. Ma le rampe di lancio, secondo il progetto, dovevano diventare una quarantina per varie tipologie di missili, sempre a media gittata.
Da parte statunitense si arrivò a sospettare qualcosa. Gli aerei spia Lockheed U-2 continuavano a sorvolare Cuba utilizzando quote elevatissime riprendendo il territorio dell’isola con apparecchi fotografici e video ad altissima risoluzione.


Il 14 ottobre, in uno di questi voli, un U-2 riportò a Washington delle immagini chiare che ritraevano la costruzione di un’installazione di lancio destinata a missili SS-4 nell’area di San Cristóbal.
Ora non sto qui a riportare tutte le tappe successive fino al massimo della tensione, dal blocco navale statunitense intorno a Cuba (800 miglia attorno alla costa cubana) per non far giungere altri missili, all’ultimatum con cui Kennedy dichiarò come ogni lancio fatto dai cubani contro il territorio statunitense sarebbe stato considerato come un attacco diretto dell’Unione Sovietica. Però a Cuba erano già presenti 140 armi nucleari russe che comprendevano 90 testate nucleari tattiche.
Queste e altre prove fotografiche sulle installazioni missilistiche sovietiche furono mostrate (da Adlai Stevenson, ambasciatore statunitense) in un’assemblea d’emergenza dell’ONU il 25 ottobre 1962 subito dopo l’ennesima negazione dei fatti da parte di Zorin, l’ambasciatore sovietico.
Invece dell’ultimatum e del blocco navale scelti da Kennedy, potete immaginare quanti tra i vertici militari e politici statunitensi fecero forte pressione per un attacco in massa contro Cuba, un ampio bombardamento con speciale focus sui siti dei missili sovietici.
Ma i progetti di questi ultimi furono messi da parte. Per nostra fortuna, devo dire.
Altrimenti, per almeno un decennio, avremmo vissuto in un dominante inverno nucleare. Sarebbero morti in centinaia di milioni (tra gli immediati al momento dello scontro e i successivi per effetto delle radiazioni atomiche… senza considerare altre cause).
Il passo diplomatico decisivo fu quello del 24 ottobre con Papa Giovanni XXIII che scrisse ai due presidenti, una missiva probabilmente accompagnata da proposte di soluzione della crisi.

Da parte sovietica, il 26 ottobre 1962 giunse l’offerta di ritirare i missili da Cuba, ma in cambio gli statunitensi dovevano garantire di non invadere Cuba, né di sostenerne un’invasione.
Il giorno dopo il governo di Mosca trasmise un’aggiunta, trasmessa da una radio pubblica: il ritiro delle testate atomiche americane dalla Turchia e dall’Italia.
Nella stessa mattinata, Ettore Bernabei, incaricato del presidente del Consiglio italiano Amintore Fanfani, consegnò al presidente Kennedy una nota in cui l’Esecutivo italiano accettava il ritiro dei missili dalla base italiana della 36ª Aerobrigata IS (Interdizione Strategica) collocata in Puglia, tra i vari siti di Gioia del Colle-località Masseria Riccardo, Mottola-località Lama di Rose, Laterza-località Masseria Gaudella, Altamura alta-località Strada Vicinale del Ceraso-Bitonto, Gravina di Puglia-località Masseria San Domenico, Altamura bassa-località Casal Sabini, Spinazzola-località Ponte Impiso, Irsina-località Serra Amendola, Acquaviva-delle Fonti/via Scappagrano, Matera-località Santa Lucia (ognuna con tre missili nucleari tattici).
I termini furono accettati: via i missili statunitensi da Italia e Turchia; le navi sovietiche che, con l’appoggio di un sottomarino dotato di missili nucleari, intendevano arrivare a Cuba forzando il blocco navale Usa, fecero dietrofront; i missili sovietici furono smantellati da Cuba per ordine diretto del presidente Nikita Chruščёv.
Conclusione
Ho finito di raccontare. Spero di aver fatto comprendere che la situazione in Europa è veramente critica, al contrario dei toni, degli scenari e dei servizi raccontati oggi, a cominciare dalla stampa, che sembrano non considerarla con la dovuta serietà.
Già stiamo pagando ben più salate bollette del gas, per la corrente elettrica. In caso di conflitto, proprio di metano potremo averne la metà a disposizione: e sarà venduto a prezzi sempre più alti.
Tutto questo senza considerare lo scenario peggiore, quello del guerra aperta in Ucraina. Oltretutto, non si tratta di un territorio lontano come l’Afghanistan dove lo sforzo militare occidentale, costato anni e anni di investimenti, di risorse e di vite umane, è già naufragato nel nulla, col regime talebano di nuovo a controllare col terrore quella nazione. A proposito: questa realtà asiatica non trova più spazio negli organi di informazione…
Tornando all’Ucraina, si tratta di una terra molto vicina.
Kiev dista solo 2 ore e 39 minuti di volo da Roma, pari a circa 1.720 chilometri percorsi su un aereo di linea. È solo il doppio per un volo Roma-Barcellona (850 chilometri) e poco meno di un viaggio aereo Roma-Londra (1.525 chilometri per 2,19 ore di volo).
A livello personale, non tengo conto delle dichiarazioni ufficiali delle parti, pronte ad affermare che non ci saranno invasioni e confronti armati: il passato, anche durante la crisi del ’62, ha insegnato che l’ufficialità dichiarata, pure ad alta voce, è fortemente scollata dai fatti.